Grandi mostre. 2 
L’immagine della città europea a Venezia

arte topografica

Sofisticate tecniche di rilevamento, grazie alla nascita della prospettiva, hanno consentito alla pittura italiana di mettere in risalto la ricchezza e la bellezza delle città. Vedute di Roma, Firenze, Napoli, Udine ma anche Granada, Londra sono ora riunite nell’esposizione in corso al Museo Correr, raccontata qui dal curatore. Un viaggio alla scoperta dell’assetto urbano europeo dal Rinascimento al Settecento.

Cesare de Seta

ta città sin dal Medioevo è stata un campo privilegiato della pittura europea, ma è con l’istituzionalizzazione della prospettiva nei primi decenni del Quattrocento - nella Firenze di Filippo Brunelleschi - che la città assume una rilevanza particolare: l’“imago urbis” diviene una sorta di manifesto delle ambizioni del principe, il modo di mostrare al mondo ricchezza e bellezza, la possanza municipale e la prosperità delle sue genti. La rivoluzionaria invenzione della prospettiva consente di esaltare le virtù di una città con nuove tecniche e rinnovati strumenti di rilevamento: così come fioriscono le “laudes” medievali e le “cronache” rinascimentali che esaltano in testi letterari tali qualità - contemporaneamente e parallelamente - vengono redatte tavole e tele dipinte, affreschi e, più tardi, incisioni in legno e in rame che testimoniano in modo diretto e immediato le ambizioni municipali.
A partire infatti dalla seconda metà del Quattrocento le maggiori città si dotano di questi affascinanti strumenti di persuasione al servizio delle ambizioni di papi, principi e sovrani: come le vedute di Francesco Rosselli per Roma - presente in mostra con l’unica copia di un originale perduto -, Firenze e Napoli (la Tavola Strozzi) che per sacrosante ragioni di tutela non possono essere trasferite. Questa stagione del Rinascimento ha il suo acme in quel mirabile monumento xilografico che è la Venetie MD di Jacopo de’ Barbari, che porta la data spartiacque del 1500, di cui si mostrano i fogli e accanto i legni originali. La mostra ripercorre questa storia dalle origini in età moderna alla fine del Settecento.
L’Italia ha certamente un privilegiato primato, ma a partire dal XVI secolo sono le grandi nazioni d’Europa - dalla Spagna alla Francia, dai principati tedeschi alle città dei Paesi Bassi, fino all’Inghilterra e alla Russia - a essere contaminati da questo bisogno di rappresentare le loro capitali o comunque le città dominanti che vengono di volta in volta emergendo sullo scacchiere europeo.
Ogni città d’Europa ha un suo straordinario repertorio iconografico: compito della mostra è stato quello di selezionare le immagini di maggiore suggestione e di più forte impatto qualitativo e spettacolare. Partendo dal centro d’irradiazione che è l’Italia, si passa a illustrare le più importanti città d’Europa. Si possono visitare immagini di città che in larga parte “non esistono più” - si pensi solo alla veduta di Londra distrutta dall’incendio (1666) e a quella della città ricostruita di Peter Tillemans nel XVII secolo -, valutando l’evoluzione delle tecniche di rappresentazione (articolate e complesse), l’emergenza di talune figure di pittori-topografi, le intenzionalità di ciascuna scuola o nazione artistica.
Non v’è dubbio che a partire dal XVII secolo il primato dell’Italia viene affiancato dalla straordinaria fioritura della scuola tedesca e fiammingo- olandese, la seconda delle quali colonizza l’Inghilterra. L’eccezionale produzione degli Atlanti - da quelli di Münster a quelli dei vari Braun, Hogenberg e Merian - con immagini urbane è una storia nella storia che principia da Basilea e Francoforte, si radica ad Amsterdam e di lì a Londra, Parigi, Lione, Madrid in una lenta e affascinante ideale contesa. La mostra vuole essere la “mise en scène” di quanto ho narrato in maniera sistematica nel mio saggio Ritratti di città. Dal Rinascimento al secolo XVIII (2011).

A partire dal XVII secolo il primato dell’Italia viene affiancato dalla straordinaria fioritura della scuola tedesca
e fiammingo-olandese


Joseph Heintz il Giovane, Pianta della città di Udine, (metà XVII secolo), Udine, Civici musei e gallerie di storia e arte – Galleria d’arte antica del Castello di Udine.

Didier Barra, Veduta di Napoli a volo d’uccello (1647), Napoli, Certosa e museo di San Martino.

Petrus Christus La Vergine di Granada (1500 circa), Peralada (Catalogna), Museu del Castell de Peralada.


Peter Tillemans, Londra da Greenwich Park (1718);


Lucas van Valckenborch, Veduta di Linz con l’artista al lavoro in primo piano (1593), Francoforte, Städel Museum.

Spicca in esordio Petrus Christus con una splendida Natività, La Vergine di Granada (1500 circa): sul fondo la veduta di Granada, tra le più importanti città del tempo in Spagna. C’è poi la veduta di Siviglia (1625-1650) di Francisco Pacheco, maestro di Velázquez, con il re e la Teisua corte in primo piano. La veduta di Linz di Lucas van Valckenborch mostra come i fiamminghi e gli olandesi si vadano imponendo in questo genere del paesaggio urbano. Una grande tela di Gerolamo Bordoni illustra Genova (1616) all’apice della sua fortuna. Della città della lanterna è anche un raro disegno di Alessandro Baratta, eseguito dopo il successo della sua veduta incisa di Napoli (1629). Da essa attinge il borgognone Didier Barra con una grande tela a volo d’uccello (1647) che rappresenta la città di Napoli col suo golfo. Un segno di questo lento passaggio è l’opera di Gaspar van Wittel - rappresentato in mostra con vedute di Roma, Firenze e Napoli - che esordì come topografo quando giunse a Roma nel 1675 divenendo il padre del vedutismo europeo: suoi degni eredi sono Canaletto, Bernardo Bellotto, Jacob Philipp Hackert, Giovan Battista Lusieri e altri pittori che resistono - con il loro talento - all’avanzata della “scientia nova” che è la topografia.

La pianta della città diventa una necessità e, per i suoi costi, un “affaire” di Stato



Di Bellotto si vedono due tele di Varsavia dove fu pittore di corte per molti anni, di Lusieri acquerelli elegantissimi del golfo di Napoli e di Jacob Philipp Hackert una magnifica tela con il teatro e il porto di Siracusa (1790), posta a suggello di questa plurisecolare tradizione.
Le capitali, ma non solo esse, possono contare su strumenti di conoscenza sempre più precisi, sia per la qualità del rilievo sia per la qualità calcografica dei prodotti. Le piante monumentali nascono da commesse pubbliche di papi, imperatori, re, municipi e comunque pubbliche istituzioni e vedono impegnati matematici, agrimensori, architetti, disegnatori e incisori. Tra Sei e Settecento la pianta della città è ormai divenuta una necessità e, per i suoi costi, un “affaire” di Stato. Una passione coltivata agli esordi da un eletto numero di mecenati e di raffinati “connoisseurs” ha un’impennata e conosce una fortuna di massa, per usare una terminologia del nostro tempo.
Pertanto in mostra si possono trovare tele o incisioni quali la Madrid secentesca di Pedro Teixeira che è stata rinvenuta negli archivi del Correr e per l’occasione restaurata. Opere che possono rappresentare al meglio l’universo urbano europeo. Della monumentale pianta di Napoli del duca di Noja (1775) sono esposti per la prima volta i fogli che fanno pendant con i legni di Jacopo de’ Barbari. In tutto, oltre sessanta pezzi, molti dei quali di assoluta rilevanza artistica e topografica, che sono una sorta di “panopticon” dell’urbanesimo europeo, mai prima visto.

Gaspar van Wittel Roma, la piazza del Quirinale (1684), Roma, Galleria nazionale d’arte antica in palazzo Barberini.


Jacopo de’ Barbari Venetie MD (1500), Venezia, Museo Correr, Gabinetto di cartografa;


Francisco Pacheco, Ferdinando III re di Castiglia conquista Siviglia (1625-1650), Durham, Bowes Museum.

ART E DOSSIER N. 309
ART E DOSSIER N. 309
APRILE 2014
In questo numero: CARICATURE E BIZZARRIE Da Leonardo a ''Frigidaire'' da Daumier a Jossot e a Jacovitti. IN MOSTRA: Cinquecento inquieto, La città, Rosso, Brancusi, Ray.Direttore: Philippe Daverio