Arte in coppia
Gianluca e Massimiliano De Serio

non c’è andata
senza ritorno

Registi e videoartisti, i gemelli De Serio hanno fatto dell’esplorazione dell’identità il leit motiv del loro lavoro, con un approccio che ha unito allo studio del bello un profondo impegno sociale e una particolare sensibilità empatica.

Cristina Baldacci

nodo tematico dei gemelli torinesi Gianluca e Massimiliano De Serio (1978) è la ricerca identitaria contemporanea. Negli ultimi quindici anni, hanno indagato la condizione umana da una prospettiva etnico-culturale e socio-politica scegliendo come protagonisti di documentari e installazioni video figure esemplari di una collettività ai margini. Il loro è uno sguardo lucido, compassionevole e partecipe, ma non ideologico, su una realtà che riguarda tanto la periferia geografica e urbana, quanto quella dell’anima. L’elemento biografico ha avuto un ruolo fondamentale in questo senso. I De Serio sono nati e cresciuti - e tuttora vivono - nei sobborghi a nord di Torino, a un passo dalle baraccopoli lungo il fiume Stura: sono perciò da sempre a contatto con il lato più precario, mutevole e alienato dell’esistenza. E il loro essere fratelli gemelli li ha sottoposti a un quotidiano, seppur involontario, confronto con se stessi.
Forse è anche per questo che, dopo aver osservato e filmato per tanto tempo il mondo esterno, di recente hanno sentito il bisogno di puntare l’obiettivo sulla propria individualità, che, essendo doppia, è alquanto problematica. Invece di guardarsi singolarmente allo specchio, si sono riflessi l’uno nell’altro: una prima volta, in un dialogo verbale, che loro stessi hanno definito come una «confessione reciproca basata sul ricordo di emozioni comuni e di sogni»; una seconda, in un confronto unicamente visivo che ha generato un duplice autoritratto. In entrambi i casi hanno adottato una tecnica del tutto anticonvenzionale.


Per l’installazione Un ritorno i De Serio
sono ricorsi all’ipnosi,
inoltrandosi in un viaggio introspettivo



Per l’installazione a schermo singolo Un ritorno (2013) - nata come prima commissione dell’iniziativa Museo chiama artista, promossa dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e da AMACI (Associazione dei Musei d’arte contemporanea italiani) -, i De Serio sono ricorsi all’ipnosi, inoltrandosi in un viaggio introspettivo che, dopo un iniziale scambio cosciente, li ha portati indietro nel tempo fino allo stato prenatale e al grembo materno. Qui, «con gli occhi chiusi» e «carichi di lacrime» (probabilmente, un ricordo fisico del liquido amniotico), Massimiliano si sentiva «leggerissimo e mi sembrava di levitare in assenza di gravità, intorno a mio fratello», mentre Gianluca aveva l’impressione di stare «sul fondo, sopra una morbida superficie». Questo raffronto con il proprio io e con l’altro - che, in questo caso, coincide con il diverso da sé, ma anche con un alter ego in carne e ossa -, è stato filmato dalla telecamera e supervisionato da un gruppo di esperti che, per la prima volta, si sono trovati a ipnotizzare una coppia di gemelli, oltretutto simultaneamente. Per i De Serio si è trattato di un «ritorno alle origini» sia interiore, sia artistico. Hanno infatti usato soltanto i mezzi primari del loro lavoro: il corpo, lo spazio e la macchina da presa. Dopo avere guardato sempre avanti, avevano bisogno di ritornare sui loro passi per superare una momentanea «crisi creativa e identitaria».
Anche in Esecuzione (2013), che è sempre un’installazione filmica, ma a doppio schermo, i gemelli si studiano a vicenda, questa volta fotografandosi con una polaroid. Il montaggio sequenziale delle immagini non restituisce però un ritratto fedele dei due artisti; o meglio, a essere visibile è soltanto il loro aspetto esteriore, non la loro vera natura. L’io sfugge a questo tentativo di cattura rimanendo inevitabilmente celato dietro alla maschera dell’apparenza. Si svela così anche il titolo dell’opera, che è, in senso letterale, una doppia “esecuzione”, come performance o azione fotografica e maschera funebre.
Prima di diventare noti come videoartisti, i De Serio hanno avuto una lunga carriera come registi. Per questo, ancora oggi, molti dei loro lavori, oltre che in musei e gallerie, vengono presentati a festival ed eventi cinematografici riscuotendo successo internazionale e importanti premi. Esempio emblematico è il lungometraggio Sette opere di misericordia (2011), che si è aggiudicato ben più di un solo riconoscimento come film perfetto nella forma - tutto giocato su primi piani e pochissimi dialoghi - e commovente nei contenuti. La storia è una parabola umana dolorosa, ma dove c’è ancora spazio per la speranza, i cui protagonisti sono una giovane clandestina rumena (Luminița) e un vecchio malato italiano (Antonio). I due impersonano realtà differenti per storia e provenienza - lui è simbolo dell’immigrazione interna al paese, lei della diaspora di un popolo -, ma sono accomunati da una stessa misera condizione che li spinge a lottare per la sopravvivenza. Nonostante le quotidiane bassezze e i soprusi reciproci, alla fine è la pietà ad avere la meglio e a riscattare entrambi i personaggi.
Alle spalle di questo affresco dell’animo umano sta tutta una serie di cortometraggi e documentari che, con modalità e sfondi sempre diversi, gettano luce sull’identità individuale e di gruppo. Da Mio fratello Yang (2004), il racconto di una diciassettenne cinese che, una volta arrivata illegalmente in Italia, si appropria del nome e della famiglia di una connazionale scomparsa, a Bakroman (2010), un reportage che i gemelli hanno realizzato per le strade della capitale del Burkina Faso per dare voce, e soprattutto immagine, alle migliaia di orfani vittime della violenza e dell’indifferenza collettiva.
In tutti i loro lavori, i De Serio uniscono impegno sociale e cura estetica, senza dimenticarsi del soffio poetico, che è la chiave per riuscire a mostrare anche gli aspetti più crudi della vita e rendere un’opera universalmente accessibile.



Frame da Bakroman (2010).

Frame da Mio fratello Yang (2004).

Frame da Sette opere di misericordia (2011).

Un ritorno (2013).

Ritratto di Massimiliano De Serio, scattato da Gianluca De Serio.


Ritratto di Gianluca De Serio, scattato da Massimiliano De Serio.

ART E DOSSIER N. 309
ART E DOSSIER N. 309
APRILE 2014
In questo numero: CARICATURE E BIZZARRIE Da Leonardo a ''Frigidaire'' da Daumier a Jossot e a Jacovitti. IN MOSTRA: Cinquecento inquieto, La città, Rosso, Brancusi, Ray.Direttore: Philippe Daverio