Di questi artisti Bramante sembra rievocare la luce sinistra e bizzarra che pervade le loro visioni all’antica, ma anche l’arrovellarsi delle pieghe dei manti e delle ciocche di capelli delle figure. D’altronde questo gusto filo-ferrarese in Lombardia aveva già caratterizzato gli anni Settanta, come testimoniato dai capolavori di Giovanni Antonio Piatti, il grande scultore morto nel 1480 a Cremona e uscito dalla bottega di Giovanni Antonio Amadeo, con cui ha condiviso fondamentali esperienze al grande cantiere della certosa di Pavia. Lo stile antinaturalistico e “accartocciato” di Piatti ha sicuramente influenzato i pittori contemporanei, e contribuito a forgiare uno stile e un gusto di stampo espressionistico.
Vincenzo Foppa, il bresciano che sin dai primi anni Sessanta, reduce dalla Padova di Donatello e degli squarcioneschi, a Milano era sulla cresta dell’onda, sembra subire quest’ondata di nuove idee, come testimoniano le sue opere del nono decennio del Quattrocento. L’affresco con la Madonna del tappeto, già in Santa Maria di Brera e ora in Pinacoteca, purtroppo molto rovinato dallo stacco e dal successivo strappo, è datato 10 ottobre 1485 e rivela un forte impianto bramantesco nell’ostentare gli elementi architettonici di stampo classico, anche se il tutto è semplificato e stemperato.
Un approccio altrettanto prudentemente aggiornato è rivelato dal ben più giovane Bergognone, che nella pala con la Madonna in trono tra otto santi e il committente Gerolamo Calagrani, eseguita poco dopo il 1484 per Pavia e oggi alla Pinacoteca ambrosiana, dimostra di guardare alle novità bramantesche attraverso la lente addolcente di Foppa. Nonostante l’impianto unitario della pala, desunto dalla pionieristica Pala Bottigella di Foppa (Pavia, Pinacoteca Malaspina), eseguita vent’anni prima, persiste imprescindibile l’oro: una cifra della pittura lombarda fino alla fine del Quattrocento. Le figure di Bergognone hanno incarnati che definiremmo quasi cadaverici, un po’ come quelli di Dirk Bouts. Molti elementi nella pala dell’Ambrosiana, come gli angeli volanti in scorcio, le fisionomie delle figure, uno spiccato gusto per l’ornato e la gamma cromatica azzurro-grigioverde- oro paiono evocare il più grande artista milanese di quella generazione, Carlo Braccesco, la cui attività però si svolge essenzialmente in Liguria.