Il secondo soggIornodI leonardo a mIlano
e la sua eredItà

Reduce dagli irripetibili anni della Firenze repubblicana, in perpetua contesa con Michelangelo,

con la Battaglia di Anghiari non finita e forte dell’ammirazione di Raffaello, Fra Bartolomeo, Gian Francesco Rustici e quant’altri, Leonardo torna a Milano prima nel maggio 1506 e - dopo un breve ritorno a Firenze nel 1507 - stabilmente dall’estate del 1508, anno in cui Bramantino è a Roma al lavoro nelle Stanze vaticane (tornerà l’anno dopo cambiato). Il suo nuovo signore e committente è Charles d’Amboise, governatore della Milano francese fino alla morte, nel 1511; nel suo castello di Meillant approderanno più opere di Bernardino dei Conti e alcune belle sculture di Cristoforo Solari, il fratello di Andrea Solario. 

Sono anni in cui ciò che ci rimane di Leonardo è soprattutto desunto dai suoi codici: calcoli architettonici, studi geologici sulle Alpi (la sua celebre gita sul «mon Boso» - come allora si chiamava il monte Rosa - risale a questi anni) e di meteorologia e idraulica. Questi panorami alpini Leonardo riesce a restituirli nell’unico grande dipinto che probabilmente esegue in questi anni: la Sant’Anna del Louvre. La grande tavola, recentemente restaurata, è la somma delle esperienze fiorentine degli anni in cui si è formulata la “maniera moderna”, ed è molto lontana dalle opere di Leonardo “lombardo”, come la Vergine delle rocce di Londra. Forse anche per questo motivo non sembra di riscontrare nel secondo decennio del Cinquecento un’immediata reazione della scena locale alla Sant’Anna, come invece era avvenuto con la pala di San Francesco Grande. 

Tuttavia, un artista di Lodi, il raro Martino Piazza, ha sicuramente beneficiato della presenza di quest’opera in Lombardia, come dimostra un suo piccolo capolavoro: la Madonna col Bambino e san Giovannino conservata allo Szépművészeti Múzeum di Budapest, che peraltro riprende il motivo fortemente leonardesco dell’incontro in un bel paesaggio boscoso di Gesù Bambino con san Giovannino. 

Tra il 1511 e il 1513 sono governatori di Milano Gaston de Foix e Gian Giacomo Trivulzio. Per il Trivulzio, che notoriamente era anche committente di Bramantino, Leonardo si impegna in un altro ambizioso monumento equestre, ancora una volta mai realizzato, e di cui rimane traccia solo in alcuni stupefacenti disegni, quasi tutti conservati a Windsor. 

In questo periodo il suo gruppo di giovani amici lombardi cambia, e si rinnova. Leonardo ama i giovani, e gli artisti vicini a lui in questo secondo soggiorno milanese sono tutti nati tra gli anni Ottanta e Novanta del Quattrocento. L’unico sempre - per modo di dire - fedele è il Salaì, mentre tra i nuovi si annovera il nobile Francesco Melzi. Datato 14 agosto 1510 è il famoso disegno di Melzi con un Profilo di un uomo calvo e vecchio, oggi alla Biblioteca ambrosiana, in cui il discepolo sembra ricalcare fedelmente un disegno del maestro. Di questi tempi Leonardo è pienamente al servizio dei francesi. La loro provvisoria caduta e la restaurazione sforzesca, che In basso, da sinistra: Bernardino Luini, Santa Maria Maddalena (1512 circa); Baltimora, Walters Art Gallery. Giovanni Ambrogio Ghezzi, Angelo (1515); Morbegno (Sondrio), Sant’Antonio Abate. porterà alla breve reggenza di Massimiliano Sforza, fanno sì che nel gennaio 1513 Leonardo sia ospite proprio del Melzi nella sua villa di Vaprio d’Adda, e risalgono a questo periodo i tre meravigliosi disegni, conservati a Windsor, con vedute della valle dell’Adda. Insieme a Melzi e ad altri due amici, tra cui un certo Fanfoia che si può identificare nello scultore Agostino Busti detto il Bambaia, nel settembre 1513 Leonardo lascia per sempre Milano, alla volta di Roma, portandosi dietro i dipinti finiti e anche quelli non finiti che giacevano nella sua bottega. 

Il viaggio romano con Leonardo è stato decisivo per Bambaia nel definire i suoi gusti e le sue scelte stilistiche. Dopo la battaglia di Marignano, nel 1515 i francesi tornano a essere i signori di Milano, e Bambaia presta loro servizio. Nella sua grande opera incompiuta, il monumento funebre a Gaston de Foix, si notano, insieme a un classicismo sfrenato, forti ascendenze leonardesche, come testimonia il San Pietro conservato al Castello sforzesco di Milano, pensato come parte del monumento destinato alla chiesa milanese di Santa Marta, dove in quel momento Bernardino Luini era intento a eseguire degli affreschi.


Leonardo, Sant’Anna con la Madonna e Gesù Bambino che gioca con l’agnello (1506-1513 circa); Parigi, Louvre.


Martino Piazza, Madonna col Bambino e san Giovannino (1515 circa); Budapest, Szépművészeti Múzeum.

Francesco Melzi (da Leonardo?), Profilo di un uomo calvo e vecchio (1510); Milano, Biblioteca ambrosiana.


Bambaia, San Pietro (1516 circa); Milano, Castello sforzesco.

Bernardino Luini, Santa Maria Maddalena (1512 circa); Baltimora, Walters Art Gallery.


Giovanni Ambrogio Ghezzi, Angelo (1515); Morbegno (Sondrio), Sant’Antonio Abate.

Come si diceva, Luini ha impiegato molti anni prima di trovare uno stile effettivamente connotabile come pienamente leonardesco. Tuttavia, già intorno al 1512 (data dell’affresco nell’abbazia di Chiaravalle) dipinge una Santa Maria Maddalena, oggi alla Walters Art Gallery di Baltimora (dove è creduta di un tardo seguace di Andrea Solario), il cui sapore stilistico e il senso spaziale oscillano tra il Veneto e Bramantino, ma che indubitabilmente nella tipologia e nel gusto è assimilabile ai ritratti allegorici femminili e androgini che sono stati uno dei marchi di fabbrica del primo leonardismo milanese (si veda per esempio la citata Ragazza con piatto di frutta di Marco d’Oggiono). Molto vicino ai gusti di Luini al principio degli anni Dieci è il raffinatissimo Giovanni Ambrogio Ghezzi, l’autore (con Bernardino De Donati) degli affreschi del 1515, purtroppo molto rovinati, nella cappella di Santa Caterina in Sant’Antonio a Morbegno, in Valtellina. In questo caso, però, sembra ridursi a un barlume il sottile leonardismo che invece permea Luini. 

Cesare da Sesto (Calende) ha avuto una carriera errante, tra Milano, Roma e il Sud Italia, e nonostante la sua complessa cultura, pervasa da forti suggestioni raffaellesche, viene spesso annoverato tra i “leonardeschi”. Uno dei suoi più grandiosi dipinti, eseguito tra il 1515 e il 1518 durante uno dei periodi milanesi del pittore e che diverse fonti cinquecentesche descrivono in una cappella nella Zecca, è il Battesimo di Cristo della collezione Gallarati Scotti. Lomazzo riferisce di un’esecuzione insieme a Bernardino de Quagis, detto il Bernazzano, che difatti i documenti legano in diverse occasioni a Cesare. Tuttavia, come ha dimostrato Giovanni Romano, difficilmente l’autore del paesaggio nel Battesimo Gallarati Scotti è lo stesso Bernardino de Quagis che firma e data (1507) gli affreschi nella Beata Vergine del Soccorso, a Uboldo, vicino a Varese. Ciò che conta è sottolineare come il “quadro-manifesto” di un autore teoricamente “leonardesco” (che nei suoi esordi e in alcuni dipinti sembra in effetti esserlo) non è in realtà collegabile direttamente a Leonardo. Le figure, certamente dipinte da Cesare, sono improntate su dettami di Raffaello, mentre il paesaggio sembra rifarsi, con quel punto di vista dall’alto e le rupi proto-romantiche, più a una tradizione nordica di primo Cinquecento, alla Joachim Patinir per intenderci. Cesare morirà nel luglio del 1523, e una delle sue ultimissime opere, il Polittico di san Rocco oggi alla Pinacoteca del Castello sforzesco, sembra un perfetto parallelo - anche qualitativamente - delle coeve opere bergamasche di Lorenzo Lotto.


Cesare da Sesto, Battesimo di Cristo (1515-1518 circa).

Leonardo, Cartone di Burlington House (Sant’Anna con la Madonna, Gesù Bambino e san Giovannino) (1508-1510 circa); Londra, National Gallery. Il Cartone di Burlington House, la cui presenza è attestata nel Cinquecento a Milano nelle mani della famiglia di Luini, ha avuto una grande importanza nel favorire la persistenza delle idee di Leonardo molti anni dopo la sua morte. Saranno molti gli artisti che si ispireranno alla composizione leonardesca, anche dopo diversi decenni dalla sua creazione.


Bottega di Bernardino Luini, Sacra Famiglia con sant’Anna e san Giovannino (1530 circa); Milano, Pinacoteca ambrosiana.


Francesco Melzi, Vertumno e Pomona (1530 circa); Berlino, Staatliche Museen, Gemäldegalerie.

Molto più integralmente leonardesco è invece il milanese Giovan Pietro Rizzoli, detto il Giampietrino. È possibile che fosse legato a Leonardo ancora durante il primo soggiorno milanese di quest’ultimo, anche se la sua larga e monotona produzione è tutta cinquecentesca e improntata su “pastiches” di idee leonardesche, conosciute perlopiù attraverso i disegni, e condite oltremisura, rimescolate e trasformate in prodotti venderecci che in molti casi sfiorano la volgarità. Ci sono anche documenti che lo legano a Marco d’Oggiono, di cui in effetti serba caratteristiche stilistiche. Altri produttori di feticci leonardeschi hanno vita facile in questi anni: Cesare Magni, a cui vengono chieste copie dell’Ultima cena e della Vergine delle rocce, così come il Maestro di Ercole e Girolamo Visconti. Ma non è possibile approfondire in questa sede questi aspetti minori di stanco e passivo leonardismo milanese. 

Alla morte di Leonardo nel castello di Cloux, il 2 maggio del 1519, è Francesco Melzi la persona a lui più vicina, e infatti viene nominato suo esecutore testamentario. Riceve in eredità dal suo «ottimo padre» la gran parte dei manoscritti e dei disegni. Anche il Salaì, che riceve, tra l’altro, dal maestro una vigna a Milano, probabilmente è presente alla morte di Leonardo, ma il 21 maggio 1519 è già tornato a Milano, dove nel 1524 muore di morte violenta. Il vero ruolo di custode della memoria leonardesca spetta dunque al Melzi, che vivrà fino al 1570 con un commovente senso di devozione nei confronti del maestro. 

La seconda metà degli anni Venti del Cinquecento, in una Milano oramai diventata spagnola, è caratterizzata da un’ondata di leonardismo, e gran parte della responsabilità va attribuita alla presenza a Milano del cartone con Sant’Anna con la Madonna, Gesù Bambino e san Giovannino (noto come Cartone di Burlington House), oggi alla National Gallery di Londra. Quest’opera di difficile datazione è stata probabilmente anch’essa eseguita a Milano nel secondo soggiorno di Leonardo, dato che sembra stilisticamente molto affine ad alcuni disegni a matita nera databili in quel periodo (conservati a Windsor). 

Dopo che Leonardo se lo era portato dietro in Francia, il cartone è verosimilmente riportato a Milano dal Melzi, ed è molto probabile che sia passato successivamente nelle mani di Bernardino Luini e della sua famiglia: ne esiste infatti una traduzione pittorica eseguita dalla bottega luinesca intorno al 1530, oggi all’Ambrosiana, e il cartone è infatti molti anni dopo annoverato tra i possessi del più artisticamente dotato tra i figli di Bernardino, Aurelio. 

Il cartone sembra diventare a Milano la «scuola del mondo», così come anni prima a Firenze erano stati i cartoni delle battaglie di Cascina e Anghiari. Lo stesso Francesco Melzi lo reinterpreta in più occasioni, come per esempio nel Vertumno e Pomona di Berlino. L’interesse per questa composizione non si spegne anche in pittori di generazioni successive, come Girolamo Figino, allievo del Melzi, che in una delle sue prime opere, databile intorno al 1540, lavora sui materiali che gli fornisce il maestro, tra cui la composizione del Cartone di Burlington House, come provato dalla Madonna col Bambino, sant’Ambrogio, san Paolo e un altro santo, anch’essa alla Gemäldegalerie di Berlino. 

Ma si è ormai alle soglie del manierismo, e nuovi sconvolgenti modelli - basti pensare all’Incoronazione di spine di Tiziano, installata nella cappella della Santa Corona in Santa Maria delle Grazie nel 1543 e oggi al Louvre - sembrano aprire strade nuove e lontane, e paiono porre temporaneamente fine alla diretta influenza di Leonardo sugli artisti lombardi.


Girolamo Figino, Madonna col Bambino, sant’Ambrogio, san Paolo e un altro santo (1540 circa); Berlino, Staatliche Museen, Gemäldegalerie.

LEONARDESCHI. LEONARDO E GLI ARTISTI LOMBARDI
LEONARDESCHI. LEONARDO E GLI ARTISTI LOMBARDI
Antonio Mazzotta
Un dossier dedicato ai Leonardeschi. In sommario: Gli anni Ottanta del Quattrocento in Lombardia; Il primo soggiorno di leonardo a Milano: 1482-1499; Milano, campo libero? 1499-1506; Il secondo soggiorno di Leonardo a Milano e la sua eredità. Come tutte le monografie della collana ''Dossier d'art'', una pubblicazione agile, ricca di belle riproduzioni a colori, completa di un utilissimo quadro cronologico e di una ricca bibliografia.