Studi e riscoperte. 4
Il movimento nel gruppo di Giuditta e Oloferne

IL CINEMA
DI DONATELLO

Un’analisi attenta della posizione delle figure e dei dettagli nel gruppo bronzeo di Donatello conservato in Palazzo vecchio a Firenze consente di apprezzare come la composizione sia il risultato coerente di una serie di azioni in successione dinamica compiute dai personaggi. In questo articolo le vediamo ricostruite come in uno storyboard cinematografico.

Marco Bussagli

La gran parte degli storici dell’arte, ma anche degli appassionati e dei curiosi, quando guardano un’opera pensano che sia stata concepita fin da subito con quelle caratteristiche e che la posa assunta dai vari personaggi sia stata immaginata dal pittore o dallo scultore così com’è; ovvero come sagoma più o meno statica, funzionale alla narrazione. Invece, la posizione di un personaggio può essere intesa come risultato di vari movimenti precedenti che preludono ad altri successivi i quali, pur non essendo espressi, fanno parte integrante del “racconto”.

Un esempio eclatante è quello di Mirone, definito «numerosior» da Plinio il Vecchio, e del suo Discobolo. Il poligrafo romano voleva intendere che lo scultore greco sapeva far assumere alle sue figure pose molteplici, assai più di quanto sapevano fare gli altri artisti(1). Del resto, chi scrive, proprio sulle pagine di questa rivista ha illustrato il dinamismo intrinseco di uno degli affreschi più famosi del mondo, la Creazione di Adamo che Michelangelo dipinse sulla volta della Cappella sistina. Infatti, quella che potrebbe sembrare una posa fissa è, in realtà, il risultato di un movimento di rotazione che, partendo dalla figura del Padre eterno sostenuto dagli angeli in posizione seduta, prosegue quando Dio piega il suo braccio destro sulla spalla opposta per distenderlo e slanciarsi nel gesto che tutti conosciamo, pensato per infondere nella creatura di fango la vita e lo spirito divino(2).

Un caso importante, a cui si è guardato assai distrattamente in quest’ottica, è il gruppo bronzeo della Giuditta e Oloferne di Donatello (1453-1457; Firenze, Palazzo vecchio) che, prima di ogni altra cosa, per ricordare gli insegnamenti di Erwin Panofsky, testimonia la scelta di sostituire allo schema orizzontale, fino ad allora considerato la norma nella raffigurazione di scene con questo soggetto, quello verticale(3). Pur non potendo qui, per ovvi motivi, ripercorrere per intero lo sviluppo di questa iconografia che ebbe, per varie ragioni, fortuna fino al XX secolo, va però detto che gli esempi delle miniature medievali, oppure degli affreschi della prima metà del Quattrocento seguono appunto una composizione orizzontale(4). I motivi sono semplici e risiedono nella complessità del racconto biblico e dell’ambientazione, collocata, come noto, nel padiglione da campo del terribile generale assiro(5).


Donatello, Giuditta e Oloferne (1453-1457), Firenze, Palazzo vecchio.

(1) Plinio, Naturalis Historia, XXXIV, 59. Si veda pure: M. Bussagli, Sotto pelle. Nove lezioni fra arte e anatomia, Milano 2003, pp. 109-110.

(2) M. Bussagli, Movimento creativo. La Creazione di Adamo di Michelangelo nella Cappella sistina, in “Art e Dossier”, n. 252, 2009, pp. 62-67.

(3) E. Panofsky, Iconografia e Iconologia. Introduzione allo studio dell’arte del Rinascimento, in id., Il significato delle arti visive, Torino 1988, p. 35.

(4) Sull’iconografia di Giuditta e Oloferne: Personaggi della Bibbia. Abacuc-Zaccheo, a cura di D. Manetti, S. Zuffi, Milano 2006, s. v., pp. 250-252 e 380. Si veda pure: E. Pulvirenti, Didatticarte (http://www. didatticarte.it/Blog/?p=5363), nonché www.artedossier.it/en/art-history/ work/2640/. Sul tema della Giuditta nel XX secolo: Attorno a Klimt. Giuditta erotismo e seduzione, catalogo della mostra, a cura di G. Belli (Mestre, Centro culturale Candiani, 14 dicembre 2016 - 5 marzo 2017), Venezia 2016. Infine, per la classificazione di ICONCLASS: www.iconclass. org/rkd/71U427/

(5) Giuditta, XIII, 1-16.

Fino al capolavoro di Donatello, non comparirà nessuna opera dedicata a questo episodio biblico che sia impostata con uno schema verticale


A titolo esemplificativo citeremo una placchetta intagliata in avorio del XIII secolo conservata al Louvre, dove l’episodio si svolge nella tenda di Oloferne che dorme nel suo giaciglio ignaro del destino che lo attende, mentre Giuditta lo prende per i capelli e lo decapita. La scena occupa tutto il diametro orizzontale del piccolo disco caratterizzato da una piatta cornice su cui si può leggere la scritta «OLOFERNUS» che fuga ogni dubbio sull’identificazione del soggetto. Non fanno eccezione miniature come quella del codice quattrocentesco conservato nella Koninklijke Bibliotheek del Meermanno Museum all’Aja, dove Giuditta brandisce la spada sotto le falde della candida tenda del condottiero assiro riverso sul letto. Esistono anche esempi monumentali come quello della facciata del Palazzo del podestà di Narni (XIV secolo) decorata da un piccolo rilievo con la scena biblica nella quale il corpo decapitato del condottiero assiro giace sul letto alla cui sinistra si trova la fantesca e alla destra Giuditta con la testa di Oloferne.


Placchetta in avorio con Giuditta e Oloferne (XII secolo), Parigi, Musée du Louvre.

Gli esempi potrebbero moltiplicarsi, ma si noti che, fino al capolavoro di Donatello, non comparirà nessuna opera dedicata a questo episodio biblico che sia impostata con uno schema verticale. Al contrario, dopo la geniale prova del maestro fiorentino, tale soluzione innovativa si diffuse con una certa rapidità, sebbene non soppianti l’altra. Lo dimostrano vari casi come l’affresco staccato del XV secolo proveniente dalla chiesa di Santa Chiara a Sansepolcro, ora nel Museo civico della stessa città, con una monumentale Giuditta che, in piedi, con tanto di aureola, tiene la testa di Oloferne per i capelli. Realizzato dal monaco Giuliano Amidei, si data a ridosso del bronzo di Donatello da cui riprende l’impostazione verticale, pur conservando in basso la consueta narrazione orizzontale che, sia detto per inciso, ispirò poi la soluzione adottata da Piero della Francesca per Il sogno di Costantino(6). Così, al modello compositivo verticale di matrice donatelliana s’ispirarono Mantegna, Giorgione, Cranach e Botticelli, per rimanere nell’ambito del primo Rinascimento.

Tutti questi artisti limitarono la scena alla Giuditta che tiene in mano la testa di Oloferne, aggiungendo, al più, la fantesca (come Mantegna e Botticelli), escludendo del tutto la narrazione all’interno della tenda, come - in apparenza - aveva fatto anche Donatello. In realtà, però, fra questi capolavori e il gruppo bronzeo dello scultore toscano c’è un’enorme differenza. Donatello concepisce una situazione e una posa che presuppongono tutti quei precedenti descritti dal testo sacro, anche se adattati alla scelta verticale.

Alcuni disegni esplicativi (vedi pagine successive) ci consentiranno di seguirli come in una sequenza cinematografica. Se si fa attenzione alla posizione di Giuditta, infatti, si capisce che la donna è dovuta montare sul banchetto istoriato di forma triangolare (ornato da scene simboliche che illustreremo a breve) coperto da un morbido cuscino di stoffa preziosa, per costringere Oloferne a essere forzatamente seduto. Questa posa del generale assiro ci obbliga a pensarlo - all’arrivo di Giuditta - con le pelvi poggiate sullo sgabello, gli arti inferiori aperti piegati in avanti, il busto mollemente riverso all’indietro fino a terra e le braccia rilasciate, come accade a chi ha abusato del vino e dorme un sonno agitato e profondo (fig. 1). La posizione dell’uomo è così ben pensata da Donatello che l’artista lo ha scolpito con le cosce che occupano buona parte della seduta dello sgabello e i glutei ben oltre la metà, verso il fondo, in modo che sia verosimile la posizione precedente con la testa reclinata all’indietro e la schiena arcuata fino a raggiungere il piancito, sul quale, forse, si possono immaginare cuscini sparsi, che gli sollevano di poco il capo, com’era d’uso nelle tende degli alti militari dell’epoca. Inoltre, il ricco sedile istoriato, di forma triangolare, è orientato in modo che uno dei suoi spigoli sia collocato fra le cosce divaricate del generale e il lato opposto sia parallelo al bacino cinto dalla corta veste. Quando Giuditta lo vede in queste condizioni, medita su quello che deve fare. Gli sfila la sciabola avvicinandosi alla testa del nemico.


Giorgione, Giuditta (1504 circa), San Pietroburgo, Ermitage.

Lo prende per i capelli e, tirandogli la testa verso l’alto, si accerta che non si svegli (fig. 2). A questo punto, usando l’arma come puntello, sale sul banchetto tirandosi dietro la testa e il busto di Oloferne le cui braccia decorrono lungo il dorso dimostrando la pesantezza di quel sonno malato che si trasforma nella metafora del male (fig. 3). Una volta in piedi sullo sgabello, la giovane tira a sé il corpo del generale assiro e cerca di migliorare la propria posizione, trovando un equilibrio per colpirlo meglio (fig. 4).

Il gruppo bronzeo scolpito da Donatello tiene conto di tutti questi movimenti pregressi e li porta a compimento. Per questo lo scultore colloca il piede destro di Giuditta sulla coscia sinistra dell’assiro, e l’altro a schiacciargli la mano, prefigurando il gesto della Vergine Maria che conculca col piede la testa del serpente. Questi movimenti, però, sono funzionali al disegno omicida dell’eroina che, così, incastra il busto e la testa di Oloferne, il cui collo, nella statua del maestro, ha appena subito il primo fendente cui seguirà quello che gli staccherà il capo(7).

Il gruppo bronzeo tiene conto di tutti i movimenti pregressi e li porta a compimento


Si tratta, quindi, di un’invenzione geniale che, però, non sussiste solo nell’interpretazione arbitraria di chi scrive, perché Donatello ha lasciato piccoli indizi che permettono d’intuire e ricostruire le posizioni precedenti dei due protagonisti. C’è, infatti, la presenza del medaglione che il generale portava per abbellire il petto. Lo scultore lo colloca sul dorso perché, cadendo Oloferne ubriaco dal banchetto, il monile va naturalmente all’indietro. Così, poi, quando Giuditta raddrizza l’assiro, il gioiello finisce per pendere sulla schiena. La sua funzione, dunque, per quanto strano possa sembrare, è narrativa e non decorativa: permette, cioè, di ricostruire la posizione di partenza del movimento (fig. 1). La posizione finale scelta da Donatello è del tutto coerente con le premesse e lo sviluppo del racconto biblico, quantunque adattate allo schema verticale dovuto alla necessità di adornare il giardino mediceo del palazzo fiorentino di via Larga (oggi palazzo Medici Riccardi, in via Cavour), dove la scultura si trovava su una colonna epigrafica(8).

Il gruppo tiene anche conto del testo sacro reinterpretandolo(9). Sta in questo l’invenzione di Donatello: ossia nella capacità di evocare in uno spazio angusto e verticale, come quello previsto, l’atmosfera di quella vicenda complessa (e proprio per questo fin qui sempre narrata con un modulo orizzontale), cui allude pure la decorazione dello sgabello. Le scene, infatti, sono quelle di baccanali con genietti e adepti di Dioniso o Bacco che rappresentano la bassezza degli istinti e l’ebbrezza malevola del vino.


Donatello, Giuditta e Oloferne (1453-1457), Firenze, Palazzo vecchio, dettaglio del basamento.

1. Giuditta entra nella tenda e vede Oloferne riverso a terra, con le pelvi poggiate sullo sgabello e sollevate, le braccia distese oltre la testa e il medaglione caduto scompostamente accanto al capo. Si può supporre che l’eroina biblica si sia lasciata andare a un gesto di stupore e soddisfazione, allargando le braccia.


2. Giuditta s’inginocchia accanto al generale assiro, lo afferra per i capelli e, contemporaneamente, gli sfila la scimitarra dalla cintura. In un gesto solo gli sottrae l’arma e si assicura che dorma profondamente.


3. Giuditta, una volta certa che Oloferne si è abbandonato a un sonno profondo, solleva la testa e parte del busto del generale assiro. Contemporaneamente si puntella con la spada allo sgabello e vi poggia un piede per salirci.


4. Giuditta, salita ormai sullo sgabello, brandisce la scimitarra e avvicina a sé la testa e il busto di Oloferne tenendolo per i capelli. Il medaglione, che in un primo tempo era caduto accanto al capo del generale assiro, adesso gli scende lungo il dorso. Giuditta deve ancora accomodare la posizione per poter sferrare il primo colpo.


In apertura, a pagina 53, vediamo la posa scelta da Donatello. Giuditta si è accomodata in piedi sullo sgabello e ha fatto in modo che Oloferne poggi la testa sulla sua coscia sinistra e che il tronco sia sostenuto dalla gamba. In questa posizione, ha potuto sferrare il primo colpo e si appresta a sferrare il secondo e ultimo fendente. (Disegni dell’autore)

(6) Sull’affresco staccato di Sansepolcro: A. M. Maetzke, D. Galoppi Nappini, Il Museo Civico di Sansepolcro, Firenze 1988, pp. 124-125 e 128. Sull’autore: A. De Marchi, Identità di Giuliano Amidei, in “Bollettino d’Arte”, XCIII-XCIV, 1995, pp.119-158. Per le altre opere citate, si veda nota 5.

(7) Sono due i colpi ricordati dal passo biblico: Giuditta, XIII, 8.

(8) Scrive Vasari: «Oggi il duca Cosimo, avendo fatto dove era questa statua una fonte, la fece levare, e si serba per un altro cortile, che grandissimo disegna fare dalla parte di dietro del palazzo, cioè dove già stavano i leoni», in G. Vasari, Le Vite de’ più eccellenti Pittori, Scultori, e Architettori, Firenze 1568. Si veda la buona edizione on line:https://it.wikisource.org/ wiki/Le_vite_de%27_ più_eccellenti_pittori,_scultori_e_architettori_(1568)/Donato. Su tutta la vicenda della Giuditta e Oloferne di Donatello vedi: F. Caglioti, Donatello e i Medici. Storia del “David” e della “Giuditta”, Firenze 2000, pp. 225-238 e passim.

(9) Giuditta, XIII, 2-8.

ART E DOSSIER N. 378
ART E DOSSIER N. 378
LUGLIO-AGOSTO 2020
In questo numero: EROS IN ARTE: I colori delle donne di Corbaz. Se il bordello ispira il pittore. LUOGHI DA VEDERE: Due fondazioni ad Atene. Palazzo ducale a Sassuolo. Le case a graticcio in Germania. IL SENSO E LA BELLEZZA: San Girolamo nel Rinascimento. Donatello e ilmovimento. I monili di Raffaello.Direttore: Philippe Daverio