La pagina nera


DAVANTI A QUESTE TERME,
CIASCUNO RESTA INERME

Abbandonato da oltre cinquant’anni, il complesso termale di Livorno - Acque della salute o terme del Corallo - esempio di architettura liberty, è a dir poco malconcio. Un monumento storico rimasto in mani private fino a quando nel 2009 passa al Comune della città. Da allora poco è cambiato. Una onlus sul territorio si dà molto da fare ma non basta. Per il suo completo recupero servono soldi. Ma chi li mette? Il Mibact?

di Fabio Isman

Cin cin, “prosit”, “skål” (ma si pronuncia “skol”), evviva - si fa per dire - alle Acque della salute di Livorno, dette pure terme del Corallo: stanno per compiere centoventi anni, ma è meglio dirlo sottovoce; perché a vedere adesso come sono ridotte, e da oltre mezzo secolo, fanno soltanto stringere il cuore. Il primo edificio in cemento armato della città, dotato perfino di una linea tranviaria apposta per raggiungere il centro storico, una tra le attrazioni del luogo quando era ancora una capitale del turismo balneare, è soltanto un rudere. E il suo stato attuale, con l’assoluta incuria di troppi anni, grida vendetta: un gioiello architettonico del tutto dimenticato di quella che un tempo chiamavano “Montecatini a mare”: ma oggi è soltanto una Livorno assai amara.

L’edificio principale è un diroccato campione del Liberty, con infissi di legno a motivi floreali; una scalinata sbrecciata; cinque arcate a tutto sesto; un parapetto pure con rilievi di fiori, ormai coperto dal verde spontaneo e dalle erbacce; la gradinata per raggiungerlo, completamente rotta; le porte-finestre, murate.


Lo stabilimento livornese delle Acque della salute, detto anche terme del Corallo, realizzato nel 1904 e totalmente trascurato dal 1968.

In facciata, teste di donna dalla fluente capigliatura decorano gli archi; c’era un iscrizione in oro su fondo azzurro; spesso, restano soltanto labili tracce degli apparati originari. Sono i preziosi lasciti dei primissimi anni del Novecento.

E se si sbircia dentro, i saloni recano l’eco di un fasto trascorso: absidati, con colonne binate, lesene corinzie, affreschi però evanescenti, larghe macchie d’umidità. Tutto è abbandonato; e ormai, irrimediabilmente compromesso. I padiglioni erano decorati a maiolica: uno, con scene marine; l’altro, con le virtù benefiche e curative delle acque. Nel giardino esiste ancora il chiosco ottagonale, fatto costruire nel 1856 da un prete, don Giuseppe Pini, in cui si vendeva l’acqua al pubblico. Già nel 1904, gli edifici sperimentavano l’innovatore “sistema Hennebique” del cemento armato: quello con cui sei anni dopo, a Roma, si edificherà il ponte del Risorgimento, il primo a una campata unica che scavalca il Tevere.


Un affresco con scena liberty.

I saloni recano l’eco di un fasto trascorso: absidati, con colonne binate, lesene corinzie, affreschi però evanescenti, larghe macchie d’umidità


Nel parco, di quattordicimila metri quadrati, è stato ristrutturato l’ex albergo di lusso Corallo: cinque piani con finestre dotate di eleganti modanature e, già allora, provvisto di ascensori elettrici. Dopo il secondo conflitto mondiale diventa la sede del comando alleato. Ma ormai sono spariti i saloni e la hall d’ingresso: dagli anni Settanta ospita banalmente degli uffici. È un puro ricordo il tempo in cui era la rigogliosa meta degli abbienti vacanzieri termali. In una città totalmente diversa da quella odierna: nell’Ottocento vi avevano la sede ventotto uffici consolari, o delegazioni straniere.

Siamo nei pressi della stazione ferroviaria, e tutto comincia nel 1854: quando si scopre una polla d’acqua salata, idonea a curare i disturbi della digestione. Ne nasce la società Acque della salute e, nel 1904, lo stabilimento omonimo, di Angiolo Badaloni: era il capo architetto del Comune, progetta l’importante Mercato delle vettovaglie (1894) e molto altro. Il nuovo impianto, con i suoi prodotti, merita la medaglia d’oro all’Expo di Parigi dello stesso anno. Quattro tipi di acque: Sovrana, Preziosa, Vittoria e Corallo, idonee per altrettanti scopi curativi; cinquantamila litri al giorno sgorgavano negli anni Trenta. Del complesso erano proprietari i fratelli Guido e Adolfo Chayes: era loro anche la villa, già della famiglia Campari, che è l’attuale hotel Universal, sul mare. Erano ebrei: e le terme, per la necessità di vendere a causa delle leggi razziali fasciste (1938), diventano della Recoaro. Dopo la guerra, ai Chayes ritorna l’albergo Corallo. Ormai è però il declino.


Lo stato di degrado di un salone.

Livorno, importante porto e polo industriale, è bombardata dal 1940: distrutto il vicinissimo scalo ferroviario, ma le acque restano “in salute”. Dopo l’occupazione degli americani, giungono i primi accordi con la Coca-Cola, e si imbottigliano le bevande. Niente più terme: in quei saloni, nasce un dancing. Nel 1968 sparisce perfino la bottiglia verde dell’acqua Corallo; pur se, non lontano, era sgorgata un’altra sorgente, analoga, capace di quarantamila litri quotidiani. Quella delle Acque della salute è ora usata per l’autolavaggio. Ma già che si parla d’acqua, non poteva certamente mancare il fuoco: nel 1968 un disastroso incendio compromette ogni cosa. Le fiamme durano sei ore; un cronista, alquanto ottimista, scrive: «Ci vorranno mesi, prima di riavere le terme nel loro splendore». Da allora, invece, è il totale abbandono. Con qualche vano progetto di recupero ma, in compenso, infiniti di trasformazione. Compreso uno che intendeva ricavarvi centoventi appartamenti. Tagliamo corto: nel 2009, il luogo diventa del Comune. Però, la situazione non è purtroppo molto mutata.

Il parco è messo in sicurezza e risistemato, circa come era; apre al pubblico, e siamo nel 2013. Ma assai poco d’altro. L’anno dopo, iniziano dei lavori sulle strutture: ma sono bloccati da un nuovo incendio. Viene riparato un tetto. Il complesso, pur così diruto, partecipa anche ai “Luoghi del cuore” del Fai, il Fondo ambiente italiano: nel 2014 riceve trentamila voti, ed è settimo nell’apprezzamento in tutt’Italia. A un passo, dal 1982, è intanto nato un orribile cavalcavia che ne deturpa addirittura la visuale. Lo stabilimento è formato da tre edifici, collegati con portici colonnati semicircolari che si affacciano sul cortile verde (una volta lo spazio centrale dell’impianto): quello principale, con il salone; quello adibito alla somministrazione delle acque; e quello dei medici. Restano eleganti, però del tutto fatiscenti. C’è pure un chiosco, come si è già detto.


Scorcio di una parte del complesso visibilmente rovinato.

Un “luogo del cuore”? No, un sito che procura un colpo al medesimo: lo documentano le foto di Nicola Bertellotti, cui devo anche l’originaria segnalazione. Tutto è sbarrato: insicuro e pericolante.

Ci restano le cartoline, perfino con i primi tram. Il baratro è sempre più profondo, man mano che il tempo trascorre, anche se una onlus, costituita per salvare il sito, può vantare ormai oltre ottomila iscritti (www.termedelcorallo.com).

Dice l’assessore alla Cultura Simone Lenzi - autore di sei romanzi, da uno dei quali Paolo Virzì ha tratto il film Tutti i santi giorni -: «La situazione è calamitosa, e risolverla non è affatto semplice. Una convenzione con l’associazione culturale Reset garantisce la manutenzione del parco e anche dell’altro. Noi, oggi, possiamo soltanto conservare la rovina: eseguire piccoli lavori di consolidamento. Per fare di più, mancano i fondi. Le intenzioni, ci sarebbero tutte: ma, da sole, non bastano. Adesso, esiste un progetto per restaurare i mosaici: forse ce la faremo. Una stima di massima per provvedere a tutto l’insieme parla di una trentina di milioni di euro». Insomma, per evitare un delitto annunciato, potrebbero forse intervenire i Beni culturali, con i fondi per quelli non demaniali. Già: ma anche quei fondi sono scarsissimi. E allora, che ne sarà delle un tempo gloriosissime terme livornesi?


ART E DOSSIER N. 378
ART E DOSSIER N. 378
LUGLIO-AGOSTO 2020
In questo numero: EROS IN ARTE: I colori delle donne di Corbaz. Se il bordello ispira il pittore. LUOGHI DA VEDERE: Due fondazioni ad Atene. Palazzo ducale a Sassuolo. Le case a graticcio in Germania. IL SENSO E LA BELLEZZA: San Girolamo nel Rinascimento. Donatello e ilmovimento. I monili di Raffaello.Direttore: Philippe Daverio