Outsiders


ERA UNA NOTTE
BUIA E TEMPESTOSA

di Alfredo Accatino

Un viaggio alternativo nell’arte del Novecento, alla riscoperta di grandi artisti, di opere e storie spesso dimenticate: George Copeland Ault

Anovantasette miglia e cento passi da Times Square, Woodstock, negli anni Cinquanta, era poco più di un nulla in mezzo alla campagna. È qui, però, che nella Maverick Concert Hall, in realtà solo un grande fienile, il pianista David Tudor realizzò la prima esecuzione del mitico “brano silenzioso” 4’33” di John Cage.

È qui che Bob Dylan, che vi abitava, ebbe un grave incidente motociclistico da cui si salvò per miracolo. Ed è sempre qui che, dal 15 al 18 agosto 1969, si tenne il raduno di quattrocentomila giovani per il concerto simbolo della “hippie generation”.

Arte e vita da quelle parti sono stati fattori indissolubili, non sempre facili da conciliare, tanto che i gli abitanti del posto pretesero che il cimitero per gli artisti fosse separato da quello municipale.

Non so in quale dei due sia sepolto George Copeland Ault, forse il più metafisico dei pittori americani, ma è certo che in una notte buia e tempestosa dell’ultimo dell’anno, in circostanze mai chiarite, proprio tra i boschi di Woodstock, ha perso la vita un protagonista grande e in parte dimenticato della pittura statunitense. Anticipatore del precisionismo ma anche della riscoperta della tradizione rurale e dell’arte folk. Un artista di incredibile talento, perché le sue opere non rappresentano ma “bisbigliano”.


Luce luminosa agli angoli di Russell (1946), Washington, Smithsonian American Art Museum.

George nasce a Cleveland, Ohio, l’11 ottobre 1891, da una famiglia benestante. Il padre Charles ha un piccola industria di inchiostri, è riuscito a registrare brevetti innovativi e pensa di esportare le nuove tecniche in Europa, invertendo il flusso migratorio. George trascorre così infanzia e giovinezza a Londra, ma la sua vita, sebbene agiata, inizia in salita. Si ammala di febbre reumatica per infezione da streptococco che coinvolge articolazioni e cuore, tanto che solo verso i nove anni riuscirà a frequentare la scuola.

Il padre, che si era indirizzato verso il “rutilante” mondo dell’inchiostro, in realtà avrebbe voluto fare l’artista (riuscì addirittura a esporre al Salon parigino). Lo incita così ad amare l’arte e lo porta a visitare i musei di Parigi, visto che la lunga reclusione domestica ha già spinto George a pasticciare con i colori sin da quando è bambino.

A Londra frequenta la Slade School of Art e quindi la St John’s Wood School of Art. Inizia a dipingere e a esporre, replicando gli stilemi classicheggianti e romantici imperanti nella cultura britannica, completamente estranea al clima delle avanguardie. Cosa che, in effetti, in quegli anni crea una profonda frattura tra l’impero e il resto dell’Europa, visto che al di là del vorticismo e delle straordinarie sculture di Jacob Epstein l’innovazione sembra quasi soffocata.


Gennaio, luna piena (1941), Kansas City, Nelson-Atkins Museum of Art.


George Copeland Ault con la moglie Louise Jonas nel 1940 davanti al loro cottage.

La famiglia Ault nel 1911 torna negli Stati Uniti, dove tre anni dopo, George, giovanissimo, sposa Beatrice Hoffman e con l’aiuto della famiglia ottiene casa e studio a Hillside nel New Jersey.

Il ritorno negli Stati Uniti fa evolvere la sua espressività e lo porta ad abbandonare l’approccio accademico per rivolgersi ai nuovi fermenti culturali. Finita la sua tormentata relazione nel 1922, Ault si trasferisce a New York sempre con l’aiuto del padre che, pentito di averlo spinto alla carriera artistica e in disaccordo con le sue tendenze moderniste, cerca in tutti i modi di coinvolgerlo nell’azienda di famiglia.

George viene invece attratto dal lavoro di artisti outsiders come Pinkham Ryder, che cerca di esprimere nella pittura di paesaggio le forze misteriose della natura, ma soprattutto scopre sulle pubblicazioni europee il lavoro dei surrealisti e la Metafisica di Giorgio de Chirico, di cui assorbe il senso del mistero e dell’improbabile. Prova quindi a trasportare quel mondo arcaico prima nella metropoli e, in seguito, nei paesaggi rurali e nella cultura primitiva americana.

Le tradizioni dei popoli nativi lo affascinano da sempre: aveva iniziato a collezionare i loro oggetti sin da quando, ancora ragazzo, trascorreva le vacanze estive nella colonia di Provincetown, nel Massachusetts, dove acquistava, per pochi spiccioli, sculture e dipinti.

Al tempo l’arte folk era solo roba da coloni. Eppure George ne coglie quello spirito stupito e ingenuo, intatto e primigenio, che oggi l’ha resa orgoglio nazionale. Lui stesso sarà poi definito un pittore “naïf ” alla sua prima mostra alla Bourgeois Gallery (New York).


Le scene urbane e industriali di Ault vengono comunemente associate alle opere dei precisionisti (detti anche Immacolati/ The Immaculates), come Ralston Crawford, Charles Sheeler, Georgia O’Keeffe ma la sua visione va ben oltre la volontà di riferirsi al cubismo o di ricreare la realtà in maniera descrittiva. Nello spirito del movimento George riduce l’architettura a forme geometriche, ma se deve raccontare un grattacielo, gli piace trasferirgli anche quel “pathos” oscuro che domina la sua vita artistica e personale.

Inizia poi a esplorare il mondo delle fattorie, con i silos assolati che si stagliano contro il cielo o, al contrario, quello delle baracche e dei fienili che dormono sotto la luna, nel quale sembra anticipare la lettura gothic e horror dello Stephen King di Grano rosso sangue, creando una sorta di elegia dell’oscurità e della notte. Nel 1927, con la sua prima personale alla Downtown Gallery (sempre a New York), Ault raccoglie il consenso della critica, ma per lui inizia anche un declino mentale e fisico. La febbre reumatica gli ha anche lasciato in eredità problemi cardiaci con cui dovrà convivere per tutta la vita. Un malessere rafforzato da una serie ininterrotta di dolori. Nel 1915 suo fratello maggiore si era ucciso insieme alla moglie. Quando George ha ventinove anni muore la madre, già rinchiusa in un istituto psichiatrico, e dopo il crollo di Wall Street del 1929 e la morte per tumore del padre, uno dopo l’altro si suicideranno gli altri due suoi fratelli, incapaci di affrontare il crack dell’azienda di famiglia, che li riduce sul lastrico.

Ormai alcolista cronico, nel 1937 Ault si trasferisce a Woodstock con Louise Jonas, che sarebbe diventata la sua seconda moglie, con la voglia di ricominciare, come veri coloni. Nel 1940 una bellissima foto li ritrae davanti al loro cottage, lui fuma, sorride, sembra essersi ripreso. Il problema è che sceglie di farlo in maniera radicale, fregandosene di frequentare la comunità di artisti della Hudson River School, gli “artisti della colonia di Woodstock” andando a vivere in una capanna di legno in affitto a un miglio dal villaggio, che non ha elettricità né tubature per l’acqua. Del resto aveva scritto di considerare la città americana industrializzata «l’Inferno senza il fuoco» e i grattacieli «pietre tombali del capitalismo». Per lui, come diceva alla moglie, «dipingere equivale a creare ordine dal caos». Si immerge letteralmente nella campagna e crea alcune delle sue opere più significative, anche se ha difficoltà a venderle. E arriva a barattare i suoi dipinti con cure dentistiche, riparazioni o qualche sacco di farina. Nel 1948, il 30 dicembre, esce per una passeggiata solitaria in una notte di tempesta e non farà più ritorno. Il suo corpo verrà ritrovato cinque giorni dopo nel torrente Sawkill. La morte per annegamento viene considerata un suicidio dal coroner, cosa che la moglie non accetterà mai, probabilmente per tutelarne la memoria. Altro non so.


Hudson Street (1932), New York, Whitney Museum of American Art.

ART E DOSSIER N. 378
ART E DOSSIER N. 378
LUGLIO-AGOSTO 2020
In questo numero: EROS IN ARTE: I colori delle donne di Corbaz. Se il bordello ispira il pittore. LUOGHI DA VEDERE: Due fondazioni ad Atene. Palazzo ducale a Sassuolo. Le case a graticcio in Germania. IL SENSO E LA BELLEZZA: San Girolamo nel Rinascimento. Donatello e ilmovimento. I monili di Raffaello.Direttore: Philippe Daverio