Cataloghi e libri

GIUGNO 2020

STORIA DELLE TERRE E DEI LUOGHI LEGGENDARI

Ora anche in formato digitale, è uno dei testi più affascinanti che Eco (1932-2016) ci ha regalato nei suoi ultimi anni, assieme - riteniamo - a Vertigine della lista, anch’esso ora ristampato (Bompiani - Giunti). Come sempre accade nei suoi scritti, al rigore dello studioso Eco abbina l’acume e l’ironia del narratore che domina, con apparente nonchalance, una vastità di saperi, arti figurative comprese. Con mente curiosa, velocissima, si addentra, e noi con lui, nel vertiginoso mondo di paesi e popoli mai esistiti, ma narrati da grandi autori e dipinti da artisti più o meno noti. Sa anche essere umile (non è scontato, fra studiosi) e qui non a caso rimanda, per trattazioni più manualistiche, al raro Dizionario dei luoghi fantastici di Alberto Manguel e Gianni Guadalupi (Rizzoli 1980).
Poi, però, indaga come nessuno saprebbe fare meglio, con interpretazioni e indagini inedite, sui luoghi fantastici le cui origini si perdono nella notte dei tempi.
A volte spiega come non sia possibile rintracciare fonti ragionevoli che vadano oltre l’età di Platone. Sfilano, in un appassionante percorso, isole misteriose, civiltà sommerse, città nel cavo della terra. Il mondo può sembrare una terra piatta o con protuberanze piriformi, e le rocce magnetiche fungere da calamita, attirando le navi dalla costa e imprigionandole.
Eco individua le latitudini impossibili e più disparate nelle quali società intere o singoli individui furono immaginati da scrittori di ogni epoca, in ultimo da registi e autori di fumetti: Atlantide e l’Isola sonante, Calipso e Gulliver, Gordon Pym e Ulisse, Mu, Metropolis, il Rick’s bar di Casablanca e la casa di Nero Wolfe; regni perfetti, utopici come la casa di Salomone o la città del Sole; corpi intangibili o mostruosi. Un «inconcepibile universo», direbbe Borges, mai esistito ma che molti hanno creduto (ancora credono) reale, e hanno cercato, talvolta scoprendo tutt’altro. Ma una cosa è il romanzo, altro sono la storia e la geografia. Così alla fine Eco fa a pezzi l’inverosimile attendibilità storica dichiarata da Dan Brown nel suo Codice da Vinci.


Umberto Eco Bompiani - Giunti, Firenze - Milano 2019 (I ed. 2013) 478 pp., 259 ill. b.n. e colore € 18; eBook € 9,99

NEL CERCHIO DELL'ARTE

Dal 2012 al 2019 il Centro Trevi di Bolzano, diretto all’epoca da Antonio Lampis (poi passato alla Direzione generale del Mibact), ha organizzato una serie di mostre multimediali, con video immersivi, postazioni interattive, app, esposizione di opere originali in prestito da musei locali e nazionali, schermi ricurvi, immagini tridimensionali, tablet, touch screen, incontri, dibattiti. L’esperimento, innovativo sia per gli aspetti tecnologici sia per quelli della comunicazione, ha radunato sotto un medesimo titolo - Nel cerchio dell’artetutte le rassegne. Diretto a spettatori di ogni età, il progetto collegava l’arte, intesa in un senso quanto mai vasto, a molteplici temi trasversali.
Il libro si pone ora come memoria di quegli allestimenti, curati e condivisi da una squadra d’eccellenza, con la supervisione scientifica di Antonella Sbrilli e Maria Stella Bottai della Sapienza di Roma.


A cura di Antonella Sbrilli, Maria Stella Bottai, Nicola Mittempergher e Paolo Fenu Mimesis, Milano - Udine 2019 264 pp., 110 ill. colore € 30

IL MIO MORANDI

Abbiamo avuto occasione di parlare da poco, in questa rubrica, di Giorgio Morandi (Bologna 1890-1964), e adesso vi torniamo per la vivida rievocazione da parte di un illustre collezionista, Luigi Magnani (Reggio Emilia 1906 - Mamiano di Traversetolo, Parma 1984).
La raccolta del musicologo e raffinato scrittore è ancora nella Villa dei capolavori a Mamiamo di Traversetolo,
oggi attiva Fondazione, sede di molte iniziative culturali. Al primo piano della dimora, abitata da Magnani fino alla morte, diciassette dipinti di Morandi (datati dal 1917 al 1963) stanno vicino, e non per caso, a opere di Cézanne (Aix-en-Provence 1839-1906): un’innegabile affinità elettiva di Morandi col pittore francese, come spiega Stefano Roffi, direttore scientifico della Fondazione, fatta di meditazioni spaziali, esperimenti pittorici sulla geometria delle forme e dei volumi, d’una comune riservatezza e un simile rigore caratteriale, che uniscono a loro volta la fisionomia dei due artisti a quella del loro collezionista emiliano. La monografia di Magnani (Il mio Morandi. Un saggio e cinquantotto lettere, Einaudi 1982), ristampata con la prefazione di Roffi e la postfazione di Daniela Ferrari, rivela un sodalizio intenso, di poche parole, sempre dandosi del “lei” ed è arricchita dalle memorie dei molti incontri di Magnani con l’artista, ma anche da un epistolario essenziale, cortese, ascetico, per così dire, ma intimamente poetico. Il Morandi di Magnani non stona con ciò che dell’artista sappiamo già, ma lo impreziosisce, lo rende più umano e comprensibile, anche quando il racconto svela, ancora una volta, con nuovi dettagli, la nota ritrosia dell’artista a vendere le proprie opere, soprattutto a cederle, non importa a che cifra, a certi ricchi imprenditori insensibili, che gli arrivavano a casa con l’assegno in bianco, e verso i quali non nascondeva il fastidio, per non dir di peggio. Ci sono poi le descrizioni e le personali opinioni di Magnani sulla pittura quasi francescana di Morandi, «niente di troppo», «il motto della saggezza antica», che assunse nel corso della sua vita solitaria, operosa e modesta, nel senso più alto del termine, una sorta di «norma morale», di «una coscienza del limite».


Luigi Magnani Johan & Levi, Monza 2020 152 pp., 17 ill. colore, 3 b.n. € 17

TERRE D'ITALIA

La voce di Cesare Brandi (1906-1988) era una melodia senese, che sapeva di terra rossa e d’olio buono, di vaghe brezze marine oltre le mura antiche, di mirabili pitture e silenti palazzi.
Voce simpatica, calata toscana, Brandi talvolta polemizzava per la diffusa inciviltà e l’incuria. Lo ricordiamo così, nelle interviste e nei filmati. E pare di sentirlo ancora, nel rileggere i suoi articoli, usciti su quotidiani e riviste a partire dagli anni Cinquanta, o scritti per i programmi della Rai tv sulle regioni italiane: parole sapide di cose buone, profumi, bellezze paesistiche, piazze, chiese, capolavori, i più vari. Brandi non era solo senese d’origine e non fu solo storico dell’arte, innovatore teorico del restauro e finissimo narratore e scrittore. Fu intelligente e curioso viaggiatore, come dovrebbero esserlo in specie gli storici dell’arte, e chissà mai se potremo più esserlo come una volta, dopo la pandemia e le minacce del Covid-19. Anche per questo una rilettura, oggi, delle memorie di quei tanti viaggi in Italia (ristampate in un libro esaurito dopo tante edizioni) dona un piacevole oblio, e anche voglia di rinascita e movimento della mente e del corpo. Da vero periegeta, Brandi racconta ciò che ha visto e ammirato, non disdegnando sensazioni personalissime e quotidiane, nella contingenza di un particolare itinerario. Nell’Italia del dopoguerra e delle profonde trasformazioni, ci dice com’è arrivato in quel tale borgo, quali strade tortuose ha percorso, come gli è sembrata, poniamo, l’abbazia toscana di Sant’Antimo, o come gli è apparso, all’improvviso, quasi visione onirica, capo Palinuro in Campania, non quello estivo e turistico, ma l’immagine incantata degli antichi in un giorno d’inverno. Spesso indugia su opere d’arte ancora dibattute, come la Cattedra di Elia a Bari, tanto precoce per la data presupposta.
Oppure descrive Bergamo alta, dove sembra «di trovarsi in quelle città miniaturizzate che tengono in mano i santi protettori come un bel vassoio, e di qua e di là c’è il vuoto »; oppure, magnifica, stupito, la surreale atmosfera di Chioggia, immersa, galleggiante, fra terra e mare. Un libro indimenticabile, da leggere anche qua e là.


Cesare Brandi Bompiani - Giunti, Firenze - Milano 2019 (I ed. 2006) 656 pp., 200 ill. b.n. € 18; eBook € 9,99

ART E DOSSIER N. 377
ART E DOSSIER N. 377
GIUGNO 2020