Studi e riscoperte. 3
Nascita dell’interno domestico nella pittura olandese del XVII secolo

LA SCOPADELLA REPUBBLICA

Nel Seicento, molti viaggiatori europei trovavano che le regole di pulizia e igiene che governavano la vita quotidiana degli olandesi fossero dettate da un’inspiegabile ossessione.
Ma c’era dell’altro. La casa era diventata il fulcro della vita sociale, luogo della distinzione tra un “dentro” da proteggere e un “fuori” da tenere sotto controllo. E il rispetto di alcune norme igieniche era così diventato uno dei caratteri costitutivi del buon cittadino della repubblica.

Claudio Pescio

In caso di pericolo, chiudersi in casa. La centralità dell’abitazione nella società olandese del XVII secolo è evidente nella trattatistica popolare del tempo e nei resoconti di viaggio, ma l’interno domestico trova un ruolo da protagonista soprattutto nella pittura di genere.
Un’idea di casa che è anche una nuova idea di vita privata, di rapporti familiari, di visione di sé nella società. È la nascita dell’intimità domestica e del concetto di privacy, un’idea - e un’organizzazione della vita materiale - che si diffonderà gradualmente fino a diventare uno dei cardini della società occidentale contemporanea.
A partire dalla seconda metà del XVII secolo, nelle città dei Paesi Bassi si procede verso una sempre maggiore differenziazione funzionale degli ambienti della casa. Soprattutto, si tende in maniera sempre più netta a distinguere gli spazi della vita privata familiare da quelli destinati a incontrare estranei. Il “voorhuis”, l’ingresso, diventa il luogo del contatto tra i membri della famiglia e i visitatori occasionali (venditori ambulanti, mendicanti, postulanti...) o professionali. Per commercianti e artigiani è il luogo in cui si svolge spesso una parte del lavoro del padrone di casa, la stanza in cui ricevere clienti o fornitori.
Viene tracciata anche una chiara distinzione di ruolo tra uomini e donne. Ai primi spetta di provvedere a procurare i mezzi di sussistenza della famiglia, alla donna la cura dell’economia domestica, dei figli, della servitù. In pratica l’uomo si identifica con l’esterno, con la vita sociale, e la donna con l’interno, la vita privata.


Samuel van Hoogstraten, Veduta di interno (o Le pantofole, 1658 circa), particolare, Parigi, Musée du Louvre.

Come scrive un poeta e trattatista del tempo, Jacob Cats: «L’uomo stia in strada a commerciare, / la donna in casa a cucinare / [...] e tu, giovane moglie, bada a casa».
Nella neonata repubblica calvinista, la famiglia è indicata come modello, in piccolo, dell’organizzazione statale, un organismo funzionale al mantenimento del benessere materiale e spirituale della collettività. Contravvenire a certe regole procurava la riprovazione del vicinato, le autorità di quartiere controllavano i comportamenti dei cittadini, inquinare un canale era sanzionato come un tradimento della comunità. Ogni casa doveva essere protetta dal nemico giurato del benessere e della prosperità collettiva: il contagio, morale e materiale.
Un’ ideologia (improntata a una certa rigidità mentale che sarebbe diventata un tratto costitutivo dell’ethos batavo) di cui la pittura si fa specchio e strumento di propaganda. Nella pittura di tema domestico l’uomo appare di rado, la protagonista è quasi sempre una donna. Una studiosa della società del tempo, Elizabeth Honig(1), fa notare però che definire l’interno “femminile” e l’esterno “maschile” non implica due “proprietà” distinte: la casa-femmina appartiene in ogni caso all ’uomo, la donna deve solo farla funzionare, e la donna stessa va difesa, esattamente come la casa e le cose di casa (e la patria) da intromissioni da parte di estranei.
La casa - con le attività che vi si svolgono - diviene così soggetto di quadri destinati a essere appesi a una parete della casa stessa.
Ma il privato, una volta dipinto, diviene visibile, quindi pubblico; pertanto va considerato uno strumento di comunicazione e controllato nelle sue funzioni e scopi.
Una delle caratteristiche irrinunciabili dell’abitazione olandese è che dovesse essere assolutamente pulita. L’ossessione degli olandesi per la pulizia veniva notata da molti viaggiatori del tempo (tutti più o meno avvezzi a standard igienici evidentemente meno impegnativi).
Un attaccamento che viene descritto come eccessivo, quasi superstizioso. Non dimentichiamo che per molti cittadini europei del tempo valeva ancora il concetto espresso dal medico francese Guillaume Bunel nel 1513: «Stufe e bagni, ve ne scongiuro / fuggiteli, per non morire».
In Olanda circolavano invece manuali popolari sui più svariati modi di mantenere pulita e in ordine la casa; l’educazione, soprattutto delle giovani donne, dedicava molto tempo a questi compiti: a ogni giorno della settimana veniva assegnato un obiettivo da raggiungere in materia di pulizia.
C’era chi collegava questa tendenza alla necessità di tenere sotto controllo gli effetti corrosivi e distruttivi dell’umidità in un paese letteralmente “immerso” nell’acqua, altri alla diffusione di norme igieniche ovvie in un paese dove buona parte della popolazione lavorava con il latte o i latticini. Ma sta di fatto che la pulizia era un dato costitutivo dell’identità olandese, che prevedeva un’identificazione tra pulizia esteriore e interiore, in cui una era manifestazione visibile dell’altra. Avere una casa in ordine era segno di uno stato di grazia in cui la buona borghesia protestante teneva molto a farsi trovare.
La pulizia della casa era associata alla rettitudine morale, e strumenti come la scopa stavano a simboleggiare questa esigenza insieme spirituale e civile, divulgata anche attraverso stampe popolari.


Pieter de Hooch, La camera da letto (1660-1662), Washington, National Gallery of Art.


Pieter de Hooch, Interno con madre che spidocchia il figlio (1660-1661), Amsterdam, Rjiksmuseum.

(1) E. Honig, The Space of Gender in Seventeenth-Century Dutch Painting, in W. Franits, Looking at Seventeenth-Century Dutch Art. Realism Reconsidered, Cambridge, Massachusetts, 1996.

Spazzole e scope assumono un significato etico, diventano simbolo della volontà di “spazzare via” tutto ciò che è sporco, sbagliato, immorale, in una specie di sindrome da accerchiamento.
La scopa precedentemente appariva in opere di Bosch, per esempio, come elemento esterno che segnalava una locanda come un bordello; soprattutto era da secoli attributo delle streghe e al tempo stesso strumento di liberazione dalle stregonerie, e questa connotazione doveva certo aggiungere efficacia comunicativa alla sua rappresentazione in contesti edificanti.
Dalla metà del XVII secolo la scopa appare nel suo ruolo più ovvio, pulire, in opere di molti protagonisti della pittura olandese come De Hooch, Elinga e Van Hoogstraten. Il ruolo principale, in questi quadri, è interpretato dalla donna, la padrona di casa nelle vesti perlopiù di madre, di donna di casa intenta ai lavori domestici o alla cura e all’istruzione dei bambini (o della servitù). Raramente, però, il lavoro domestico viene rappresentato nelle sue implicazioni più faticose, piuttosto l’immagine ricorrente è quella di un’applicazione attenta e meticolosa, una coscienziosa consapevolezza della necessità di svolgere bene un compito, sia quello di cucire un merletto che quello di spidocchiare i figli. Attività, quest’ultima, carica di significati simbolici: uno degli emblemi che compare in un libro popolare a scopo didattico è appunto un pettine a doppia dentatura, più fine su un lato e più rada sull’altro, con la dicitura «Purgat et ornat»(2)dove il doppio effetto di abbellire e di ripulire è esplicito, ed è insieme chiaro anche il significato secondo: una cosa bella è anche pulita. I figli, in particolare, sono al centro di questa dinamica per due ragioni: perché possono essere veicolo di ingresso in casa di indesiderati parassiti, o comunque della sporcizia multiforme che alberga all’esterno, e perché rappresentano la parte più indifesa della famiglia, quella che va maggiormente curata e protetta.
In un altro libro di emblemi a scopo edificante(3) compare una donna al centro di un voorhuis, che impugna orgogliosa una lunga scopa come fosse una lancia mentre con l’altra mano indica la casa che la circonda; all’esterno, oltre la soglia di casa, due guardie vigilano sulla città. Una scritta a margine recita:
«La scopa. Va negli angoli»; in pratica un invito alla pulizia militante. E in generale scope, spazzole, tegami da lavare, mastelli per il bucato compaiono sempre più frequentemente nei quadri e nelle illustrazioni di stampe popolari, con un ruolo si direbbe quasi araldico, distintivo.
L’esigenza di separare puro e impuro, di spazzare via ciò che può offuscare la verità accomuna l’intera società olandese. L’ammiraglio Maarten Tromp, il capo della flotta olandese che nel 1639 “spazzò via” definitivamente la potenza navale spagnola nella battaglia delle Dune, teneva una scopa legata all’albero di prua della sua nave, emblema e monito al tempo stesso. La scopa della repubblica aveva spazzato via i papisti, gli spagnoli, gli aristocratici: era l’emblema del nuovo popolo eletto.
Nel dipinto di Pieter de Hooch La camera da letto (1660-1662) vediamo una madre che sospende per un istante le facende di casa per sorridere al bambino che è appena entrato nella stanza con una pallina in mano, un po’ arruffato e con le guance rosse di chi ha appena interrotto i giochi che stava facendo all’aperto: un’istantanea di serenità domestica in cui presumibilmente molte famiglie della classe media aspiravano a identificarsi. Ai giochi infantili si richiama anche la decorazione delle piastrelle che rivestono le pareti ai lati della porta; un’insistenza che sottolinea ulteriormente l’importanza che veniva assegnata a questo aspetto della vita familiare: la casa è anche un luogo degli affetti, un bozzolo caldo dove sentirsi al sicuro.


L’esigenza di separare puro e impuro, di spazzare via ciò che può offuscare la verità accomuna l’intera società olandese


Jan Luyken, La scopa, in Het leerzaam huisraad, Amsterdam 1694.


Jan Luyken, La scopa a palla di stracci, in Het leerzaam huisraad, Amsterdam 1694.

(2) R. Visscher, Sinnepoppen (letteralmente “immagini spiegate”, emblemi). Amsterdam 1614. Per il significato della scopa, anche E. de Jongh, Broom as Signifier, in id., Questions of Meaning. Theme and Motif in Dutch Seventeenth-Century Painting, Leida 2000.
(3) J. Luyken, Het leerzaam huisraad (Lo strumento domestico educativo), Amsterdam 1694.

Roemer Visscher, emblema IX con pettine e scritta «Purgat et ornat», “Pulisce e decora”, in Sinnepoppen, Amsterdam 1614.


Roemer Visscher, emblema XLVI con spazzola e scritta «Afkomt seyt niet», “Le origini non contano”, in Sinnepoppen, Amsterdam 1614.


Pieter de Hooch, Donna che prepara pane e burro per il figlio (1661-1663 circa), Los Angeles, J. Paul Getty Museum.

Stessa stanza e stessi protagonisti (piastrelle comprese) in Interno con madre che spidocchia il figlio (1660-1661), ancora di De Hooch e ancora una manifestazione dell’attenzione crescente che l’accudimento dei figli stava assumendo.
Molte abitazioni olandesi si aprivano sulla strada con una caratteristica doppia porta; la divisione era orizzontale, poteva ruotare per intero oppure se ne poteva aprire la parte inferiore soltanto (o quella superiore).
Se ne hanno esempi nei due dipinti appena citati e in Donna che prepara pane e burro per il figlio, dello stesso Pieter de Hooch (1661-1663 circa). La mezza porta apre e chiude al tempo stesso: è una finestra che all’occorrenza si fa porta, apre alla vista dell’interno da parte di chi passa e chiude l’accesso selezionando chi può entrare e chi no, inoltre separa e “protegge” chi è di casa da chi non lo è; è per così dire un limite semipermeabile, sta lì a sottolineare una distanza sociale e un’esigenza di controllo.
Difficilmente gli interni di De Hooch rinunciano a proiettarsi verso un esterno, in una concatenazione ininterrotta di aperture, di ombre e di luci proiettate in cui interno ed esterno si cercano in un dialogo continuo. I cortili, quando appaiono, sono manifestamente un luogo mediano, non più del tutto interno e non ancora completamente esterno. La permeabilità dei limiti, nei suoi quadri, suggerisce un punto di vista positivo e aperto: la crescente attenzione alla privacy, l’esigenza di protezione non devono segregare la famiglia e i suoi membri impedendo ogni contatto fra dentro e fuori.
La nascita di un genere pittorico, in questo contesto sociale, rivela quindi la tensione, irrisolta e mai svanita, tra una necessità - stare in casa, garantirsi un riparo sicuro - e un desiderio: uscire, comunicare, correre il rischio di vivere.


Geertruydt Roghman, Donna intenta ai lavori domestici (1648-1650), New York, Metropolitan Museum of Art.

ART E DOSSIER N. 377
ART E DOSSIER N. 377
GIUGNO 2020