Studi e riscoperte. 1
Natalja Gončarova: Quattro evangelisti e l’Icona del Salvatore

UN RITROVAMENTOINASPETTATO

Due opere di carattere religioso, realizzate da Natalja Gončarova ed esposte nella recente mostra fiorentina dedicata all’artista russa, sono emerse casualmente in occasione di una ricerca sull’artista boema Růžena Zátková.
Scopriamo qui la genesi e i dettagli dell’importante rinvenimento con la protagonista di quell’indagine.

Marina Giorgini

Ritrovare casualmente due dipinti di Natalja Gončarova è davvero una grande emozione.
È quello che è successo a chi scrive durante le ricerche per un libro che in realtà riguardava un’altra artista, la boema Růžena Zátková. Proprio per rintracciare alcune sue opere disperse da decenni, una volta scoperta una loro presunta collocazione, intrapresi un viaggio rocambolesco che mi permise di scovare in un’abitazione privata diversi lavori non solo della Zátková ma anche appunto due opere della Gončarova.
Si tratta di due lavori su carta ad acquerello e gouache di soggetto religioso. Il primo, datato marzo 1916, è composto da dieci fogli separati e indipendenti, ognuno siglato «HГ» (le iniziali di Natalja Gončarova in cirillico), incollati sullo stesso piano del cartone di supporto a formare un’unica composizione. Al centro, in due fogli sovrapposti, uno ieratico Cristo pantocratore in trono con, ai lati della testa, l’occhio onniveggente del Signore e la colomba dello Spirito santo; ai quattro angoli gli evangelisti con i rispettivi tradizionali attributi (Matteo/angelo, Luca/toro, Marco/leone, Giovanni/aquila); gli altri quattro fogli ai lati del Cristo presentano infine raffigurazioni animali e motivi floreali.
Colpiscono in particolare la vividezza dei colori e la freschezza della composizione che, pur improntata a un ostentato primitivismo, risulta vitale e sincera. Tra le varie fonti visive, oltre all’esplicito riferimento alle stampe popolari russe (“lubki”), si può annoverare senz’altro la pittura miniata sia bizantina che persiana amata, studiata e collezionata dalla coppia Natalja Gončarova/Michail Larionov.


Il secondo lavoro, dipinto a Roma nel novembre 1916, è un solenne volto del Salvatore, chiaro omaggio alla pittura delle icone modernizzata tramite il ricorso a una stilizzazione formale e lineare.
Il viso di Cristo con la sua aureola dorata intorno al capo, gli occhi enormi e sproporzionati, il ricciolo di capelli sulla fronte, il naso estremamente affilato, i baffi “alla mongola” e il pizzetto a doppia punta sembrano dipinti con una certa dose di umorismo che lo rende spiritoso senza però privarlo di un senso di profonda religiosità.
Non ho mai avuto dubbi circa l’autenticità dei due quadri: oltre alle firme e alle dediche sul retro, durante le mie ricerche erano emersi alcuni documenti che confermano l’identificazione delle opere e l’attribuzione alla Gončarova in modo definitivo, anche grazie al meticoloso lavoro di Alena Pomajzlová, massima studiosa della Zátková e la prima a esaminare in modo sistematico il carteggio tra la pittrice boema e la coppia Gončarova/Larionov conservato presso la Galleria Tret’ jakov di Mosca.
La Gončarova trascorre l’estate del 1915 a Ouchy, sul lago di Losanna, insieme agli artisti dei Balletti russi di Djagilev ai quali si aggrega anche Růžena Zátková. Durante il soggiorno svizzero l’artista russa promette in regalo all’amica boema, o questa le commissiona, un’opera che ha per soggetto i quattro evangelisti. Nel gennaio 1916 infatti Zátková le scrive:
«Come procede il lavoro sui costumi per Sadko? E i miei Evangelisti?»(1). Inoltre, nel marzo successivo si tiene a Roma un’esposizione a cui la Gončarova partecipa con due disegni e Quattro evangelisti, indicato in catalogo come «Propr. [proprietà] del sig. Khvoshinsky»(2), marito della Zátková, collezionista e diplomatico dell’ambasciata russa a Roma.
Per quanto riguarda il volto di Cristo, pochi mesi prima della mostra romana, proprio dalla capitale italiana nella quale soggiorna per un periodo piuttosto lungo, la Gončarova ha spedito un’opera al sanatorio svizzero di Leysin per confortare l’amica boema che, contratta la tubercolosi a San Sebastián, è qui ricoverata dal settembre 1916.


Quattro evangelisti (1915-1916).


Il retro della stessa opera con dedica in cirillico alla Zátková: «Cara Růžen N. Gončarova, Parigi, 9/III/1916».

Colpiscono la vividezza dei colori
e la freschezza della composizione

(1) R. Zátková, lettera a N. Gončarova, 24 gennaio 1916, in Rûžena – Story of the painter Růžena Zátková, catalogo della mostra (Praga, Castello, Scuderie imperiali, 7 aprile - 31 luglio 2011), a cura di A. Pomajzlová, Praga 2011, p. 403. 

(2) Esposizione artisti e amatori russi residenti a Roma, catalogo della mostra (Roma, Biblioteca Gogol’, 1917), Roma 1917, conservato presso la Biblioteca nazionale centrale di Roma.

Particolare dei Quattro evangelisti (1915-1916): l’evangelista Matteo;


Particolare dei Quattro evangelisti (1915-1916): i cervi.

I baffi “alla mongola” e il pizzetto a doppia punta sembrano dipinti con una certa dose di umorismo


Ne abbiamo la certezza grazie ad alcune lettere di inizio dicembre dello stesso anno in cui la Zátková scrive alla Gončarova:
«Mia cara Natasha, ho ricevuto il tuo Cristo ardente. Grazie!». Poco dopo aggiunge: «Spero che tu abbia ricevuto la mia lettera a proposito dell’Icona del Salvatore. Devo dirti ancora una volta quanta gioia e conforto mi abbia dato il tuo lavoro»(3).
Entrambe le opere, proprietà personale dunque di Růžena Zátková, furono gelosamente conservate dall’artista boema tra le sue cose più care. Alla sua morte avvenuta nel 1923, il secondo marito Arturo Cappa, fratello di Benedetta Cappa e cognato di Filippo Tommaso Marinetti, ereditò gran parte degli averi e delle opere della moglie tutti trasferiti, compresi i quadri della Gončarova, in una grande villa poco fuori Roma dove l’uomo trascorse gli ultimi trent’anni della sua vita. Poco prima della morte nel 1971, Cappa con legittimo testamento nominò erede universale dei suoi beni mobili e immobili una persona che alcuni anni dopo, venduta la villa, si trasferì in un’altra città portando gli oggetti in essa contenuti in una nuova abitazione. Ed è qui che ho avuto la fortuna di ritrovare le due opere della Gončarova insieme a un bellissimo ciclo di tredici tavole fronte/retro della Zátková.
Tutte le opere finora nominate, eccetto Quattro evangelisti recentemente entrato nella collezione di Iveta e Tamaz Manasherov, sono oggi proprietà degli eredi della persona a cui Cappa aveva lasciato i suoi beni. Gli attuali proprietari preferiscono mantenere l’anonimato; pertanto, rispettando la loro volontà, non si citano i riferimenti della collezione.
Finalmente nella grande mostra di Palazzo Strozzi a Firenze Natalia Goncharova. Una donna e le avanguardie, tra Gauguin, Matisse e Picasso (28 settembre 2019 - 12 gennaio 2020), a cura di Ludovica Sebregondi, i due dipinti dell’artista russa sono stati esposti al pubblico: Quattro evangelisti di nuovo visibile dopo più di cento anni, l’Icona del Salvatore per la prima volta assoluta.


Icona del Salvatore (fine 1916).


Il retro della stessa opera con dedica in cirillico alla Zátková: «Cara Růžena / con grande amore / Natasha» e indicazioni della Zátková per il corniciaio.

(3) R. Zátková, lettere a N. Gončarova, 3 e 6 dicembre 1916; in Rŭžena – Story of the painter Rŭžena Zátková, cit., pp. 406 e 407.

Natalja Gončarova, Léonide Massine, Michail Larionov, Igor Stravinskij e Léon Bakst a Ouchy, Losanna, Svizzera (estate 1915), Mosca, Galleria statale Tret’jakov, Dipartimento dei manoscritti;


Igor Stravinskij, Růžena Zátková, Sergej Djagilev e Léon Bakst a Ouchy, Losanna, Svizzera (estate 1915).

ART E DOSSIER N. 377
ART E DOSSIER N. 377
GIUGNO 2020