Arte contemporanea


Le Love Storiesdi Vezzoli

Cristina Baldacci

Love Stories è il progetto online a cui Francesco Vezzoli ha dato il via il 4 maggio scorso sull’account Instagram della Fondazione Prada per parlare di sentimenti e relazioni durante la quarantena e la serrata dei musei. In forma di sondaggio, invita i followers di uno dei social network più popolari, specialmente tra i ventitrentenni, a partecipare a un racconto collettivo che, com’è tipico di Vezzoli, esplora, sovvertendoli, i codici comunicativi abituali rivisitando un ampio ventaglio di modelli culturali. In questo caso, il discorso amoroso così com’è stato trattato, tra gli altri, dal teatro lirico, dal «viaggio sentimentale» di Laurence Sterne, dai film d’inchiesta di Pier Paolo Pasolini e Luigi Comencini, dal cult movie di Arthur Hiller, dai saggi-indagine di Roland Barthes e Alberto Arbasino.
Ne abbiamo parlato con Eva Fabbris, che del progetto è curatrice.


Francesco Vezzoli ritratto da Ugo Dalla Porta.

Come vi siete riorganizzati nello spazio virtuale e com’è nata l’idea per quest’opera digitale?
Fin dall’inizio del “lockdown”, Fondazione Prada ha riflettuto sull’opportunità di creare aperture nuove per rimanere in contatto con il pubblico, con progetti di ricerca online che riattivano nel presente la storia e l’archivio della Fondazione e che si possono seguire sul nostro sito (www.fondazioneprada.org). Le nostre attività sono basate sulla convinzione che la cultura aiuti a capire i cambiamenti e da questo deriva un’attenzione costante al futuro: ci siamo chiesti come poter parlare di futuro e come continuare la ricerca in questo senso con le sedi espositive chiuse. Con Vezzoli e il suo Comizi di non-amore (2004), la Fondazione aveva già messo in atto un ripensamento del metodo dell’inchiesta, che è stato reinventato attraverso il “cinéma vérité” e che Pasolini per primo ha ripreso con Comizi d’amore (1965) per fare un ritratto dell’Italia e delle sue abitudini sentimentali e sessuali, con un’attitudine sagacemente critica, ma anche affettuosamente ironica, lontana dalla parodia e vicina allo studio sociale. Questi sono tutti aspetti riconsiderati da Vezzoli per Love Stories, che reinventa ancora una volta il medium attraverso il quale interagire con un’ampia platea per intercettarne e capirne i sentimenti.
La scelta di Instagram è particolarmente interessante perché impone un formato specifico, un determinato modo operativo. Citando McLuhan si potrebbe quasi dire che «il medium è il messaggio».
Se nel 2004 il reality show, a cui si ispira Comizi di nonamoreera un formato televisivo sperimentale di cui si parlava come di una moda trash, probabilmente passeggera, che invece, come sappiamo, è ancora piuttosto vitale, oggi è indubbio che i mezzi di comunicazione più usati, soprattutto tra i giovani, sono i social media. Per “entrare nella pelle” di Instagram Vezzoli ha scelto la più dinamica e interattiva delle opzioni di questo social media, le sue veloci stories (foto o brevi video che vengono caricati temporaneamente sui profili). Ha elaborato una serie di domande su temi affettivi, organizzate attorno a nuclei tematici che si rifanno ad arie d’opera. Ciascun nucleo è composto da cinque domande con due risposte a scelta. Ogni giorno viene pubblicata una domanda sul canale Instagram della Fondazione, dal lunedì al venerdì, per dieci settimane. Il sondaggio, a cui possono partecipare tutti gli iscritti al social, è commentato ogni domenica da un personaggio della cultura e dello spettacolo o da un influencer.
Per il progetto queste figure hanno un ruolo analogo a quello dei “amici di strada” che in Comizi d’amore aiutavano Pasolini a riflettere sulle indicazioni raccolte parlando con le persone.
E le immagini scelte per il sondaggio, che ruolo hanno nella costruzione di questo diario settimanale sull’amore?
Avendo Vezzoli una cultura visiva, nonché televisiva e cinematografica, molto ampia, la scelta delle immagini attinge a bacini molto vari, spaziando dall’iconografia dell’arte a quella pop, politica e hollywoodiana.
Le immagini sono lo spunto per sollecitare la reazione del racconto di un sentimento o di una vicenda amorosa.
Il tema centrale è l’amore con tutti gli stati d’animo che ne fanno parte: solitudine, romanticismo, ossessione… Marilyn, Pasolini, la Callas, Wallis Simpson, ma anche Jennifer Lopez o Madonna sono solo alcuni dei personaggi, con le loro storie, citati come riferimenti visivi, pressoché universali, da Vezzoli. Tanto l’immagine presentata è canonica, quanto la richiesta linguistica che l’accompagna, quindi la domanda, punta al cuore dell’individuo chiamato a rispondere.
C’è spesso una frizione tra parola e immagine, che è un tratto caratteristico di Vezzoli. Il risultato finale sarà un racconto frammentario - non siamo più nell’epoca delle grandi narrazioni - ma condiviso e compartecipe, a tratti serio o persino caustico, a tratti ludico, di come l’amore è vissuto e immaginato oggi.
L’online come cambia il fare mostre e l’essere curatore?
Questo momento ci ha sollecitati a considerare l’online come un’ulteriore sede della Fondazione. Articolare questo pensiero insieme a un artista sensibile alla specificità dei media come Vezzoli ci ha aiutati ad abbracciare le sperimentazioni che questa prospettiva porta con sé.
Anche se la relazione diretta, in presenza, è qualcosa di cui si sente la mancanza, il nostro rapporto con gli artisti non è cambiato, anzi lo scambio con loro continua a essere un meraviglioso stimolo alla creazione di nuovi modi per condividere le idee.


Immagine del progetto Love Stories - A Sentimental Survey (2020) realizzato da Francesco Vezzoli.


Immagine del progetto Love Stories - A Sentimental Survey (2020) realizzato da Francesco Vezzoli.

Love Stories - A Sentimental Survey

progetto di Francesco Vezzoli
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ART E DOSSIER N. 377
ART E DOSSIER N. 377
GIUGNO 2020