Letture iconologiche. 3
Il gesto della vita

CON UN CENNO
LA RESURREZIONE

Nell’arte greca il mito di Dioniso, che nasce due volte e ha il potere di ridonare la vita ai mortali, è sintetizzato dal gesto delle corna e dal cenno della mano con medio e anulare uniti, presente poi anche nell’iconografia cristiana. Gesti rituali, testimonianze antichissime che ricorrono, con declinazioni diverse, attraverso le epoche.

Mauro Zanchi

In un solo gesto si può condensare la credenza religiosa di un popolo? E questo segno può essere elevato verso una dimensione superiore, sacrale, per evocare un messaggio oltremondano o per mettere in azione forze invisibili? Già dal VI secolo a.C. la pittura vascolare greca utilizza il vocabolario gestuale nell’iconografia per diffondere e comunicare valori sacri e mitologici. Nella ritualità dionisiaca, compiere il gesto delle corna o quello con il medio e l’anulare uniti a palmo aperto equivale a segnalare l’appartenenza a una religione che crede alla possibilità di rinascere o di vivere altrove dopo la morte terrena. I due gesti sono una forma simbolica che sintetizza la storia di Zagreus, ovvero il figlio di Zeus e di Persefone: per sfuggire ai Titani mandati da Hera, Zagreus si trasforma in toro, ma viene catturato, ucciso e smembrato; Zeus riesce a salvare solo il suo cuore; tanto basta al dio degli dèi per mettere al mondo un rinnovellato Zagreus, un essere immortale che viene chiamato Dioniso, da intendere come la divinità che nasce due volte, e che ha il potere di ridonare la vita ai mortali(1). Il gesto che compare nei vasi con scene inerenti a Dioniso sintetizza il significato profondo legato alla resurrezione, al ritorno, alla ripartenza, alla sconfitta della morte. Il gesto, dapprima utilizzato in ambito rituale e poi nell’iconografia funeraria, evoca le corna di Zagreus, il sacrificio da cui è conseguita la rinascita, in altra forma, quella immortale, di Dioniso(2). Ma oltre a evocare colui che vive due volte, il gesto delle corna testimonia qualcosa che proviene da tempi più antichi, dalla preistoria, da culti legati a divinità taurine o ad animali-guida dotati di palchi.


Carlo Crivelli, Pietà Panciatichi (1485 circa), Boston, Museum of Fine Arts.

(1) Dionysus, secondo il poeta Apollonio Rodio, significa “nato due volte” (da “di-genes”) o “il fanciullo dalla doppia porta”. Nei canti orfici, invece, Dioniso è detto Trigonos, perché nasce tre volte: la prima venuta al mondo è da Semele, poi dalla coscia di Zeus e, in ultimo, dopo che è stato ucciso e smembrato dai Titani, dal gesto di Rea, che ha rimesso insieme le sue membra.

(2) Per approfondimenti si vedano: M. Zanchi, Magismo del gesto. I segni delle corna nell’arte, Bergamo 2017; Id., Magico, sacrale, scaramantico. Il gesto delle corna, in “Art e Dossier”, n. 328, gennaio 2016, pp. 58-63.

La dea dell’oltretomba compie il gesto del ritorno in vita


Almeno dalla cultura mesopotamica della Diyala (2850-2800 a.C.) in avanti gli animali provvisti di corna simboleggiano quella forza vitale a cui affidarsi per essere accompagnati nell’esistenza ultraterrena(3). Probabilmente già nel Paleolitico, a giudicare da come le figure taurine vengono raffigurate in moltissime pitture rupestri, sono attribuite agli animali cornuti qualità prodigiose legate alla forza vitale, potenze benefiche per gli umani. L’adorazione del toro è testimoniata nel sito archeologic di Çatalhöyük (che attesta dieci strati datati tra il VII e il VI millennio a.C.), presso Konya, una località dell’Anatolia centrale (Turchia); le pitture, i rilievi e le sculture ritrovate nelle case o nei santuari, soprattutto teste di tori e figure femminili, documentano il significato magico-religioso del toro, ritenuto animale sacro, partorito dalla Dea Madre, entro il ciclo vitale di morte e di rinascita. La presenza di immagini taurine o delle corna nelle tombe rivela che le persone credevano di poter rinascere come la luna, nella speranza che il corpo mortale potesse ritornare alle origini della vita, e da lì ricominciare un nuovo ciclo. Che il gesto con l’anulare e il medio uniti abbia un significato inerente al ritorno in vita di matrice dionisiaca o a riferimenti oltremondani sembrerebbe testimoniato nelle scene dipinte su due vasi del V secolo a.C. custoditi a Londra, nel British Museum: nel primo vaso Arianna lo compie davanti a Dioniso e a Comus, e nel secondo Persefone lo rivolge verso Ade, il dio degli inferi(4). Nel vaso a figure rosse prodotto in Etruria, Persefone e Zagreus (340 a.C.), ora conservato nella Bibliothèque Nationale di Parigi, la dea dell’oltretomba compie il segno del ritorno in vita dietro la testa di suo figlio, qui raffigurato come un minotauro infante, una delle immagini di Dioniso tauromorfo. Lo stesso gesto e la medesima tipologia del bimbo in braccio alla madre saranno ripresi qualche secolo dopo nell’iconografia cristiana, soprattutto nei soggetti della Madonna col Bambino, in quanto il segno rimanda nella cultura mitologica al ritorno in vita e in quella cattolica alla resurrezione; nel contesto bizantino e nell’arte italiana tra il Duecento e il Cinquecento diviene anche un gesto apotropaico per tenere a distanza la paura della morte, per mitigare l’angoscia di Maria che prefigura il martirio di Gesù sulla croce(5).


Cimabue, Crocifisso (1268-1271), particolare, Arezzo, San Domenico.


Berlinghiero Berlinghieri, Madonna col Bambino (1230-1235 circa), New York, Metropolitan Museum of Art.


Arte greca, kylix a figure rosse con Persefone e Ade (430 a.C.), particolare, Londra, British Museum.

Arte etrusca, vaso a figure rosse con Persefone e Zagreus (340 a.C.), particolare, Parigi, Bibliothèque nationale de France.

(3) Per approfondimenti si veda: J.R. Conrad, The Horn and the Sword. The History of the Bull as Symbol of Power and Fertility, New York 1957.

(4) I soggetti del secondo vaso sono stati interpretati come Persefone e Ade, ma visto che la divinità maschile regge un corno potorio e un vaso piatto per libagioni è più probabile che si possa identificare nella figura di Dioniso.

(5) Alcuni esempi dove compare il gesto della resurrezione: Anonimo, Icona della Madonna di san Luca (VI-VII secolo), Roma, monastero di Santa Maria del Rosario; Deisusen rango, Maria Hagiosoritissa (icona del XII-XIII secolo), parte di un dittico, monte Sinai, monastero di Santa Caterina; Berlinghiero Berlinghieri, Madonna Hodegetria col Bambino (1230-1235 circa), New York, Metropolitan Museum of Art; Maestro della Croce delle Oblate, Madonna col Bambino e due angeli (1250-1260), Firenze, Galleria dell’Accademia; Deodato Orlandi, Madonna col Bambino (fine del XIII secolo), Parigi, Musée du Louvre; Benozzo Gozzoli, Madonna col Bambino (1460 circa), Detroit, Institute of Arts; Carlo Crivelli, Madonna Lenti (1472-1473 circa), New York, Metropolitan Museum of Art; Ambito del Verrocchio, Madonna col Bambino (1475-1480 circa), Firenze, Museo nazionale del Bargello; Giovanni Bellini, Madonna col Bambino (1480), New York, Metropolitan Museum of Art; Antoniazzo Romano, Madonna col Bambino (1486), copia dell’icona bizantina di Sant’Agostino a Roma, Velletri, Museo diocesano.

Un gesto utilizzato da molte generazioni, che ha assorbito energie, rituali, preghiere, visioni, epoche, immagini

Il gesto è copiosamente presente anche nei crocifissi italiani del Duecento(6), nelle scene di Cristo portacroce(7) e dei compianti, e in alcuni episodi di Lazzaro resuscitato(8). Quindi dobbiamo tenere ben presente che i gesti dionisiaci vengono ereditati e utilizzati dalla cultura cristiana, tanto che già nelle opere bizantine hanno lo stesso significato salvifico del segno della croce(9). L’assorbimento del cenno rituale greco conduce con sé tutto un portato memoriale di lunga data, una tradizione e una visione oltremondana. Immaginiamo il gesto come un mezzo utilizzato da molte generazioni, con una porosità che ha assorbito energie, rituali, preghiere, pensieri, visioni, epoche, immagini. Una sorta di reliquia sacra e preziosa, ereditata da un nuovo credo. Un altro fondamento del culto dionisiaco, ovvero il succo dei grappoli della vigna divina, è stato travasato nei calici delle messe cristiane.
Così pure il seme di grano dei misteri eleusini e il grano di Demetra sono stati utilizzati come ingredienti fondanti per impastare e infornare il pane eucaristico. La formula del gesto sacrale o magico è una convenzione espressiva che si perpetua nello scorrere della storia: passa da una cultura a un’altra, da un credo a un altro, di generazione in generazione. In certi momenti della storia può accadere che il significato profondo e sacrale possa essere dimenticato, o depotenziato, ma la sua forza simbolica può riprendere vita e vigore anche centinaia o migliaia di anni dopo, attraverso la riattivazione dei significati profondi.


Bartolomeo Montagna, Madonna col Bambino (1490 circa), Washington, National Gallery of Art.


Sebastiano del Piombo, Cristo portacroce (1532-1535), Madrid, Museo Nacional del Prado.



El Greco, Cristo portacroce (1580 circa), New York, Metropolitan Museum of Art.


(6) Si vedano: Berlinghiero Berlinghieri, Croce di Lucca, o di Santa Maria degli Angeli (1210-1220 circa), Lucca, Museo nazionale di villa Guinigi; Berlinghiero Berlinghieri, Crocifisso di Fucecchio (1230-1235), Pisa, Museo nazionale San Matteo; Giunta Pisano, Crocifisso (1230 circa), Assisi, Museo di Santa Maria degli Angeli; Giunta Pisano, Crocifisso (1250-1254), Bologna, basilica di San Domenico; Giunta Pisano, Crocifisso di san Benedetto (1250-1260 circa), Pisa, Museo nazionale San Matteo; Maestro di San Francesco, Croce dipinta (1265-1270 circa), Parigi, Musée du Louvre.
(7) Sebastiano del Piombo, Cristo portacroce (1532-1535), Madrid, Museo Nacional del Prado; El Greco, Cristo portacroce (1580 circa), New York, Metropolitan Museum of Art.
(8) Si vedano alcuni esempi: Palma il Vecchio, Resurrezione di Lazzaro (1514), Filadelfia, Philadelphia Museum of Art; Sebastiano del Piombo, Resurrezione di Lazzaro (1517- 1519), Londra, National Gallery; Ludovico Mazzolino, Resurrezione di Lazzaro (1527), Milano, Pinacoteca di Brera; Francesco Salviati, Resurrezione di Lazzaro (1545 circa), Roma, palazzo Colonna.
(9) Il cenno delle corna inteso come sinonimo della croce è eloquentemente testimoniato nei mosaici della Cappella palatina, a Palermo, realizzati nel XII secolo: le sante Carità, Tecla e Perpetua indirizzano l’indice e il mignolo della loro mano destra verso la croce tenuta nella mano sinistra, intendendo il gesto con un sacrale valore simbolico. Il segno rivolto verso la croce enfatizza il messaggio inerente alla resurrezione. Viene così certificato l’inserimento di un gesto pagano, di origine antica, nella religione dominante dell’Occidente.


ART E DOSSIER N. 376
ART E DOSSIER N. 376
MAGGIO 2020