Studi e riscoperte. 2
Vetri “a lume”

FRAGILI FIGURE
A LUME

La lavorazione del vetro “a lume di lucerna” è una tecnica antica ancora oggi utilizzata da artisti e artigiani principalmente a Venezia, ma non solo. Creazioni straordinarie al servizio dell’arte e della scienza sono giunte fino a noi attraverso i secoli.

Silvia Ciappi

l'antica tecnica della lavorazione “a lume di lucerna”, a lungo considerata un settore secondario dell’arte vetraria, è divenuta oggetto di rinnovato interesse e ha acquisito una nuova visibilità. In realtà questa lavorazione ha sempre contraddistinto l’artigianato veneziano e continua ad avere ampio seguito, anche tra le nuove generazioni. La tecnica “a lume” è rimasta sostanzialmente invariata nel corso dei secoli, con procedimenti che sono riferiti sia dall’antica trattatistica che dalle carte d’archivio dalla fine del XVI secolo. Inoltre si è rivelato fondamentale, per una comprensione più ampia e per individuare lo stile e le tecniche dei singoli maestri, lo studio di disegni, appunti, bozzetti conservati con cura dagli stessi artefici in laboratori dove questa complessa arte si è tramandata di padre in figlio. Inoltre la trascrizione della memoria orale, altrimenti destinata a scomparire, facilita la comprensione delle diverse fasi di lavorazione(*).

Ancora oggi i lumisti, un tempo a Venezia denominati “suppialume”, si avvalgono della tecnica tradizionale seppur con l’ausilio di moderni strumenti e di innovativi accorgimenti tecnici che rendono più agile l’esecuzione, ma non snaturano la creatività e l’abilità manuale, basilari in questa delicata espressione artistica. Per la modellazione dei diversi manufatti -collane e rosari (“paternostri”), fiori, animali, figure dai tratti somatici riconoscibili o silhouette, isolate o inserite in più complessi scenari - sono utilizzate canne di vetro, forate lungo l’asse o realizzate in massello, ammorbidite dalla fiamma, orientabile e arricchita con ossigeno.

Nel XVI-XVIII secolo erano spesso realizzati soggetti religiosi, talvolta introdotti all’interno di reliquiari o in tavole a rilievo, di particolare raffinatezza. Un esempio è offerto da una coppa con coperchio (“pokal”), di produzione austriaca della fine del Cinquecento, che all’interno mostra la figura di Cristo crocifisso, circondato da Maria, Giovanni e dalle croci dei due ladroni. Altre opere a soggetto sacro, spesso più modeste, avevano funzione devozionale e lasciano trasparire consuetudini casalinghe.


Coppa con Crocifissione (fine del XVI secolo), Innsbruck, castello di Ambras.

(*) La recente pubblicazione Il vetro a lume. L’oggettistica fino al XIX secolo, a cura di S. Zecchin (volume 1) e Il vetro a lume. Dal XX secolo ai nostri giorni, a cura di C. Toffolo (volumi 2-3), Venezia 2018-2019, offre una panoramica ampia e dettagliata sull’arte del vetro a lume, a Venezia, In Europa, negli Stati Uniti e in Giappone.

Le scene popolari e grottesche della Commedia dell’arte, diffuse dalla fine del XVI secolo


In Europa l’arte del vetro a lume, seppur limitata a poche botteghe che avevano acquisito la tecnica veneziana, raggiunse esiti notevoli e con declinazioni figurative autonome, coerenti con la tradizione artistica locale. Un esempio è offerto dalle scene popolari e grottesche tratte dalla Commedia dell’arte, diffuse dalla fine del XVI secolo e ancora in auge nel Settecento, ma anche dalle maschere teatrali, bizzarre, irriverenti, comiche, che sottolineano i caratteri fisici e le espressioni dei personaggi accentuandone i tratti stravaganti in scene di vita quotidiana. L’abilità manuale e la fantasia creativa degli artigiani-artisti si esprimevano nell’esecuzione di preziosi monili, ma anche in soggetti ispirati alla natura, zoologica e botanica.


La Comédie italienne (prima metà del XVIII secolo) attribuita a Jean Raux. Ecouen, Musée national de la Renaissance.


Un’officina per lavorazione a lume, da un’incisione del trattato di Johannes Kunckel Ars Vitraria Esperimentalis, Francoforte sul Meno 1689.

Nel XIX secolo la medicina, a seguito dei progressi scientifici che distinsero quel periodo, si avvalse della tecnica del vetro a lume per la realizzazione di occhi umani in vetro che costituivano, per la perfezione anatomica e per la variabilità delle sfumature cromatiche dell’iride, efficaci protesi oculari, secondo le cronache ottocentesche «di sommo giovamento». Ugualmente tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del secolo successivo la scienza botanica e zoologica si avvalse dei modelli soffiati a lume da Leopold e Rudolf Blaschka che riproducevano specie animali invertebrate, o piante esotiche, fino ad allora note solo attraverso disegni e incisioni. Quelle opere divennero esemplari didattici, utilizzati nei gabinetti scientifici delle scuole e delle università. Già nei secoli precedenti, l’Accademia del Cimento, istituzione fiorentina sorta nel 1657 sotto l’egida del granduca Ferdinando II de’ Medici e del principe Leopoldo, aveva riservato un vivo interesse all’esecuzione “a lume” per apparecchi scientifici, in particolare termometri e bilance, realizzati da artigiani che «servendosi delle proprie gote per mantice [e] alla fiamma di lucerna [...] vengono a formar opere [...] delicatissime e meravigliose», in gran parte conservati al Museo Galileo di Firenze.
Alcuni artisti e artigiani lumisti contemporanei, attivi a Murano dalla prima metà del Novecento, si sono distinti per la singolare inventiva e per la sensibilità figurativa, specie nel plasmare piccole sculture o per l’accostamento, talvolta insolito, dei colori, contrastanti o tenui. Quelle figure sorprendono per la meraviglia esecutiva, sia dove il colore del vetro definisce la figura e il volume, sia in esili figure, dotate di sofisticata eleganza che le rende irreali o animate da un’immaginaria mobilità. I diversi soggetti, corrispondenti al gusto e alla moda contemporanea, lasciano trasparire la puntuale adesione con quanto espresso dalla coeva arte figurativa o quella parallela dei vetri soffiati a canna in fornace, resi noti da quel vivace palcoscenico di idee e di innovazioni rappresentato dalle Biennali veneziane, mentre figure di immediata riconoscibilità, accattivanti ed espressive, sono ispirate a modelli diffusi dal cinema e dalle pubblicità televisive.
Tra gli artisti che hanno dato avvio a uno stile personale e prontamente distinguibile è emersa, sin dagli anni Cinquanta, la famiglia Toffolo, ora guidata da Cesare, che opera in questa difficile arte con passione, con una solida conoscenza delle tecniche esecutive e decorative, unendo tematiche ed espressioni proprie della tradizione vetraria veneziana con le più innovative creazioni a lume, dando vita a un’alternanza tra figure reali e immaginarie, che amalgamano il passato con la moderna inventiva.


Mario Santini, Nudi femminili (anni Cinquanta).

ART E DOSSIER N. 376
ART E DOSSIER N. 376
MAGGIO 2020