Studi e riscoperte. 1
Astronomia e fiction nella Napoli del 1836

PULCINELLA, LA LUNA
E UNA FAKE NEWS

Tra 1834 e 1838 l’astronomo e fotografo inglese John Herschel, grazie a un telescopio impiantato in Sudafrica, operò - tra le altre cose - una serie di importanti scoperte riguardanti il satellite della Terra. La notizia circolò in tutto il mondo, anche in forma decisamente romanzata. E una tipografia napoletana si distinse con alcune litografie di successo, protagonista Pulcinella.

Roberto Middione

Una burla giornalistica imbastita a New York, il fascino della Luna, la maschera di Pulcinella; infine l’officina tipografica dei fratelli Fergola, punto di riferimento nella capitale del Regno delle due Sicilie alla metà dell’Ottocento. Sembra strano, eppure questi incongrui punti cardinali si confrontano coerentemente fra tempo e spazio, dando vita a un divertente episodio di iconografia e cultura, popolare sì ma di colta dislocazione. Un opuscolo anonimo pubblicato a Napoli nel 1836, Delle scoperte fatte nella Luna dal dottor Giovanni Herschel, fa seguito alla vicenda, iniziata il 25 agosto dell’anno prima sull’altra sponda dell’Atlantico con l’uscita di sei articoli sul quotidiano “New York Sun”, in cui si fantasticava di straordinarie novità da poco svelate grazie al telescopio costruito al Capo di Buona Speranza dallo scienziato britannico sir John Herschel, il più illustre astronomo dell’epoca. In una topografia lunare immaginaria vengono descritti mari cristallini, foreste, un anfiteatro di rubino e piramidi di quarzo; mandrie di bisonti e unicorni blu gareggiano con strane creature anfibie a popolare le praterie e le sponde dei fiumi; tribù di seleniti animano questo mondo, in perfetta armonia pastorale nel culto del Tempio d’oro, protetto da una razza di esseri alati denominati “Uomini pipistrello” (“Vespertilio Homo”).

Ovviamente il vero Herschel non era al corrente di nulla e dovette impegnarsi negli anni a difendere la sua reputazione e a chiarire l’equivoco. Firmando una riedizione in volume intitolata Moon Hoax (La burla della Luna), l’autore degli articoli si rivelò solo nel 1859: Richard Adam Locke, reporter inglese, nientemeno che pronipote del celebre filosofo John Locke. Fin da subito l’impressione suscitata dalla vicenda - ritenuta inizialmente vera - fu enorme. La tiratura del “Sun” aumentò di cinque volte e i proprietari fecero ristampare una versione in pamphlet degli articoli: sessantamila copie che andarono a ruba. Gli effetti della bufala si spandevano a macchia d’olio anche nella vecchia Europa; decine di edizioni in varie lingue si accavallavano, mentre entusiastici resoconti apparivano nei bollettini delle accademie scientifiche del continente.


Gli effetti della bufala si spandevano a macchia d’olio anche nella vecchia Europa


E possiamo tornare all’opuscolo del 1836. Si tratta della traduzione da un’edizione francese, un estratto dei primi quattro articoli del “Sun”. Non è strano che un rilancio della “grande burla” sia zampillato tra i risvolti - scientifici, editoriali, umoristici - della irrequieta capitale borbonica. Da Giordano Bruno e i suoi «infiniti universi e mondi», passando per il racconto dei Seleniti del 1763 di Archerio Filoseleno (il poligrafo Antonio Caputi) e fino al romanzo Viaggio alla Luna del 1857 di Ernesto Capocci, direttore dell’Osservatorio astronomico di Capodimonte, la fascinazione per il nostro satellite ha trovato a Napoli terreno fertile (sarà un caso, ma alla Biblioteca nazionale si conserva il manoscritto originale dell’ultima lirica di Leopardi, Il tramonto della luna).


Ritorno di Pulcinella dalla Luna, da Delle scoperte fatte nella Luna dal dottor Giovanni Herschel, della Tipografia Fergola (1836).

L’opuscolo del 1836 si inserisce in questo filone e fa tendenza, suscita reazioni (nel 1846, a sua volta, il giornale napoletano “Il Lucifero” si fa beffe di quella fake news). Di grande suggestione visiva è il corredo iconografico che vi si accompagnò: in particolare tre litografie, dei fratelli Salvatore e Francesco Fergola, illustrano i momenti salienti di una spedizione affidata nientemeno che a Pulcinella, la Partenza, l’Arrivo, il Ritorno. Nella prima l’improvvisato aeronauta, un Flash Gordon partenopeo, si avventura su di un veicolo a forma di barca con ruote dentate su una cremagliera tesa tra il molo Beverello e la Luna, spinto dal vento di un grande soffietto; in alto a destra un inserto con il telescopio di Herschel che inquadra una città lunare dalla quale a sua volta un altro telescopio è puntato sulla Terra. Nell’Arrivo, in un aspro paesaggio degno di una ipotetica Metropolis anticipata da Doré, un Pulcinella più “stralunato” che mai viene portato in volo da un grifo, mentre pelosi seleniti lo scortano dal punto di allunaggio fino a un osservatorio in lontananza. Infine nel Ritorno l’eroico aviatore, tenendo in mano una bottiglia di acqua lunatica, illustra sulla grande vela alle sue spalle i mostri e le altre mirabilia incontrati nella visita sul satellite.


Un anfiteatro di rubino, litografia dal IV articolo del “New York Sun”, 28 agosto 1835.

La Luna ha sempre esercitato un’attrazione magnetica sull’immaginario e la sensibilità collettivi


In sintonia con tutto quanto acquista rilievo una raccolta di tredici litografie di Fergola, Wenzel, Gatti e Dura, apparsa sul mercato antiquario, di non univoca provenienza ma di stretta identità di temi. Vi ritroviamo, tra l’altro, le tre ben conosciute di Partenza, Arrivo e Ritorno; una firmata Wenzel con Pulcinella e il mondo lunare; una intitolata Necessità di cambiar dimora in cui Pulcinella distribuisce ali a «negozianti falliti, poeti senza mecenati, amanti abbandonati »; una con Le scoperte fatte nella Luna dal Signor Herschel presentate dal “Vespertilio Homo”, pure litografata da Fergola. «Vive e apprienne ca suonno è ogne cosa» (Vivi e impara che ogni cosa è sogno). Non è Calderón de la Barca risolto in lingua napoletana. È la chiusa dei versi posti in basso alla tavola del Ritorno. Sogno, illusione, slancio o ristagno poetico, metafora, sono le circostanze interiori del nostro rapporto con la Luna. Fin dalle sensazioni del primo ominide disceso da un albero ed entrato in una caverna e poi lungo i fili intrecciati del percorso dell’umanità, il satellite ha esercitato un’attrazione magnetica sull’immaginario e la sensibilità collettivi, che hanno indirizzato letteratura, meditazione, arti, cinema.


Scoperta lunare, 1836.


Gaetano Dura, Altre scoperte fatte nella Luna dal Sig. Herschel, 1836


Georges Meliès, un fotogramma di Voyage dans la Lune (1902).

Luciano di Samosata con la Storia vera, Astolfo in groppa all’ippogrifo alla ricerca del senno di Orlando nell’Orlando furioso di Ariosto, il vero Cyrano de Bergerac e il suo Voyage dans la Lune del 1657, Rudolf Erich Raspe nel 1785 con Le avventure del barone di Münchhausen, molti hanno percorso quei sentieri, punteggiando un cammino che si spinge fino all’Apollo 11 e allo sbarco del 20 luglio 1969. Ma già la penna di Jules Verne nel 1865 ci aveva indirizzati Dalla Terra alla Luna e, grazie agli incanti del primo cinematografo - Voyage dans la Lune è del 1902 - Georges Méliès col suo proiettile ci aveva resi complici del parziale accecamento del faccione lunare.

Chissà se Pulcinella, fra le tante incombenze selenite, avrà continuato a cercare le cose perdute sulla Terra, seguendo il filo tracciato dal paladino Astolfo. Le avrà trovate? E avrà condiviso la chiusa beffarda di quella ricerca: «Sol la pazzia non v’è poca né assai / che sta qua giù, né se ne parte mai»?


“Vespertilio Homo” o uomo pipistrello, da Delle scoperte fatte nella Luna dal dottor Giovanni Herschel, della Tipografia Fergola (1836).

ART E DOSSIER N. 376
ART E DOSSIER N. 376
MAGGIO 2020