Outsiders


GLI ZAR
DEL POSTER

di Alfredo Accatino

Un viaggio alternativo nell’arte del Novecento, alla riscoperta di grandi artisti, di opere e storie spesso dimenticate: i fratelli Stenberg

Giovani, belli, colti, cosmopoliti, ribelli. I più straordinari manifesti cinematografici della prima metà del Novecento furono realizzati da due giovanissimi fratelli russi che si firmavano «2 Stenberg 2», quasi fossero artisti di circo. Trecento titoli in meno di nove anni, la maggior parte realizzati tra il 1926 e il 1929. Un’avventura dell’estetica che si conclude tragicamente quando la Harley Davidson di Georgij viene travolta in circostanze oscure da un camion durante una delle “zingarate” con il fratello Vladimir. È il 1933 e Georgij ha solo trentatre anni. Opere uniche, quelle degli Stenberg, perché riescono a declinare in maniera imprevedibile la cultura costruttivista e il suprematismo di Malevic con lo star system del cinema, anticipando i percorsi grafici del dopoguerra.
effetti i bolscevichi - che cercavano di riformare la classe contadina, per la maggior parte analfabeta - consideravano il cinema un potente strumento di propaganda. Per questo imponevano la “traduzione visiva” dei manifesti dei film stranieri, anche se i fratelli realizzeranno manifesti anche per i film di Sergej Ejzenštejn (compreso il mitico La corazzata Potëmkin) e per i documentari di Dziga Vertov. Apprezzati dai vertici governativi, saranno poi sempre più visti con sospetto, accusati di amare troppo i modelli occidentali.


Vladimir e Georgij Stenberg nel loro atelier in una foto scattata il 13 ottobre del 1928.

Gli “svedesi russi”, come venivano chiamati, sono appassionati di cinema, e grazie alla famiglia possono frequentare i set sin da quando sono ragazzi. Studiano ingegneria, poi frequentano la Scuola di arte applicata Stroganov a Mosca (1912-1917) e successivamente lo Svomas (la scuola d’arte statale), dove con altri studenti progettano la decorazione della prima festa del Primo maggio (1918). Sono poi tra i fondatori nel 1919 dell’OBMOKhU (la Società dei giovani artisti) e partecipano alle loro esposizioni. Costruttivisti di ferro, nel gennaio del 1922 al Caffè dei poeti di Mosca presentano il loro lavoro, e iniziano a collaborare come scenografi per il Kamernyj Teatr di Aleksandr Tairov.
Insomma, si fanno notare, tanto da essere invitati a Berlino alla prima Mostra dell’arte russa, quindi introdotti all’INKhUK (Instituto di cultura artistica) di cui fanno parte Aleksandr Rodcenko, Varvara Stepanova, Ljubov’ Popova. Fu così che dal 1924, praticamente ancora ragazzi, diventano con Jakov Ruklevskij i principali artisti della Sovkino, la compagnia cinematografica statale, fondata appena un anno prima.
Quello degli Stenberg è un approccio avanguardista e programmatico, favorito dalla conoscenza delle teorie del cinema, ma anche da un talento trasversale, che li vedrà esprimersi come grafici, scultori, costumisti, architetti. Ma anche come creatori e organizzatori di eventi performativi in simultanea al parco Gorkij, tanto da venire nominati «artisti ufficiali della piazza Rossa».
Ciò che fanno è ricercare la «sintesi narrativa del film». A loro non interessa il primo piano dell’attore di grido, e se scelgono di usarlo, lo stravolgono. Realizzano immagini “nuove”, cercano la “photo opportunity” e l’idea guida, quello che oggi chiameremmo “meme”. Dimostrandosi in questo molto più avanti rispetto alla cultura visiva americana ed europea del tempo.


SEP, film di propaganda del 1929.


Vulture Capitalist! “Piyat Minute” (I cinque minuti che scioccarono il mondo,1928).

Sono velocissimi e complementari: Georgij è un virtuoso del disegno, Vladimir costruisce e dispone gli oggetti in progetti spaziali.
Viene abbandonato ogni realismo. Le “belle arti” sono considerate ormai inutili, e i pennelli vengono riposti nel cassetto.
Avviene così il passaggio dall’illustratore-come-creatore al costruttore-come-creatore, assemblando immagini tratte da situazioni fuori contesto. Collage su campi cromatici puri, dove il colore giallo raggiunge probabilmente vette mai replicate. «Non rispettiamo le proporzioni tra oggetti e figure e tra le loro singole parti. Le giriamo, le distorciamo. In breve, usiamo tutto ciò che può servire per fermare l’attenzione del più frettoloso dei passanti», scrivono gli Stenberg. Vogliono che la strada parli nella lingua dei poster, come Majakovskij concepisce la poesia come il grido della folla.
Un articolo del giornalista russo Aleksandr Shatalov ha cercato di ricostruire quel giorno fatale per Georgij: «Il desiderio di essere sempre avanti si rifletteva anche nella vita quotidiana. A metà ottobre del 1933, dopo piogge torrenziali, finalmente tornò il sole. Dopo aver scorrazzato per i boschi fuori Mosca, i fratelli inforcarono nuovamente le loro Harley, con le mogli sedute nel sidecar, per rientrare in città. La Harley di Vladimir scattò in avanti e distanziò il fratello Georgij, che guidava a una velocità più bassa. Nella zona di piazza Samotech’naja avvenne l’incidente.
La maniglia del portellone di carico di un camion lo centrò alla testa. Georgij perse il controllo della moto. La moglie Tatiana si salvò per puro miracolo. Fino alla fine dei suoi giorni, Vladimir pensò che la morte del fratello non fosse stata accidentale, ma quasi certamente causata da una goffa azione di “avvertimento” finita in tragedia». Vladimir continua a lavorare come grafico per manifesti cinematografici e politici, pur se con minor forza e originalità. I tempi sono cambiati. L’arte moderna non è amata dallo Stato, e la guerra fa il resto. Sappiamo che a Mosca diventa artista stabile per la municipalità e organizza le decorazioni per i festeggiamenti del Primo maggio del 1947 nella piazza Rossa e che si dedica poi all’insegnamento. Arrestato nel 1952 e liberato alla morte di Stalin, Vladimir muore nel 1982.


Manifesto per La corazzata Potëmkin di Sergej Ejzenštejn (1925); questo in particolare è il secondo manifesto della serie, realizzato dagli Stenberg nel 1929.

ART E DOSSIER N. 376
ART E DOSSIER N. 376
MAGGIO 2020