Studi e riscoperte. 2
Jacques Coeur

L’ALCHIMISTA E LA SUA DIMORA FILOSOFALE

Amministratore delle finanze di Carlo VII di Francia, Jacques Coeur fu improvvisamente accusato di lesa maestà e finì per perdere tutti i suoi beni.
Tra questi l’imponente residenza a Bourges, ricca di elementi decorativi che rimandano a un’affascinante simbologia rintracciabile in noti trattati alchemici.

Daniele Trucco

Il periodo compreso fra il 1429 e il 1453 fu per la Francia denso di avvenimenti storicamente molto importanti. In particolar modo la ristretta area geografica delimitata dal quadrilatero formato dalle città di Bourges, Troyes, Parigi e Blois fu spettatrice di guerre, riconciliazioni, transiti di re e di personaggi destinati a lasciare un segno indelebile nei secoli successivi.
È proprio in tale contesto che si profila la figura di uno dei maggiori economi reali di Francia: Jacques Coeur (1400?-1456?).
Nato da una famiglia di commercianti Jacques Coeur, prosegue inizialmente questa attività e fonda nel 1430 una società di prodotti e mercanzie destinate al re Carlo VII e al delfino (Luigi XI)(1). La potenza sviluppata da Coeur nei dieci anni successivi sarà tale da permettergli decisioni anche sul piano politico oltreché, naturalmente, su quello economico: la sua flotta mercantile è poderosa; i suoi traffici si estendono fino a Bruges; possiede miniere di piombo
argentifero vicino a Lione, una molazza per la carta nella regione del Rodano, seterie a Firenze, saline e fabbriche d’armi a Tours e Bourges. Ottiene importanti favori perfino dal papa: il figlio Jean verrà eletto arcivescovo di Bourges nonostante abbia solo sedici anni!


Le immagini riprodotte in questo articolo riguardano il palazzo Jacques-Coeur, costruito a partire dal 1443 nel quartiere di Sainte-Chapelle a Bourges.

(1) R. Guillot, Le procès de Jacques Coeur, in “Cahiers d’archéologie et d’histoire du Berry”, n. 36-37, marzo-giugno 1974.

Tre alberi esotici simboleggiavano la fenice ermetica


Ciò che lascia perplessi è la rovinosa caduta di quest’uomo nel 1451, quando il re riunisce i suoi consiglieri nel castello di Taillebourg in Guienna per giudicare sull’esito di un’inchiesta preliminare e segreta svolta nei suoi confronti. Il processo viene istruito, la confisca dei beni è immediata e gli interrogatori (svolti meticolosamente con la tortura dell’imputato) ripetuti: l’accusa definitiva sarà di lesa maestà(2).
Dopo un anno di galera a Poitiers, Jacques Coeur riesce a evadere nel 1454 e a raggiungere clandestinamente Roma: morirà probabilmente sull’isola di Chio durante una battaglia dell’esercito pontificio contro i turchi.
È una storia che in un certo senso sembra anticipare quella di un altro esperto di finanze alla corte dei re di Francia: Nicolas Fouquet. Entrambi i personaggi oltretutto hanno avuto il loro nome avvolto da un alone di mistero derivato dall’inspiegabilità delle loro disgrazie e, soprattutto per Fouquet, della loro fine.
Forse proprio per questo le varie teorie del complotto si sono sbizzarrite e si sono accanite nella ricerca di particolari riguardanti la loro vita, in inquietante collegamento con ambiti esoterici.
Non abbiamo alcuna nota storica circa l’architetto, gli artigiani e gli artisti che si dedicarono in tutta fretta alla costruzione della dimora di Jacques Coeur in stile gotico fiammeggiante a partire dal 1443 nel quartiere della Sainte-Chapelle a Bourges; essendo eretta a ridosso del bastione gallo-romano che delimita un notevole dislivello tra la parte alta e quella bassa della città, il lato ovest domina tutto il paesaggio sottostante da una certa altezza.
Nella facciata principale spiccano le due porte d’accesso (carraia e pedonale) sormontate da una galleria cieca coperta da un baldacchino e dalla grande vetrata della cappella interna decorata con trafori in pietra riproducenti il giglio di Francia che sovrasta due cuori, emblemi del proprietario. Colpiscono le due finte finestre alle quali si affacciano una figura femminile e una maschile appoggiate su un gomito nell’atto di guardare in strada.
Essendo Jacques Coeur conosciuto non solo per la sua ricchezza ma anche per la sua fama di alchimista, questa non è l’unica stranezza del palazzo. La simbologia di molti elementi decorativi è analoga a quella presente in famosi trattati alchemici: negli innumerevoli bassorilievi che si incontrano incastonati nei muri vengono descritte - secondo l’interpretazione del noto alchimista Fulcanelli - operazioni che conducono alla scoperta della pietra filosofale.


La scala della cappella


La facciata sul cortile.


Particolare del timpano d’ingresso del cortile d’onore con tre alberi esotici: palma, fico e palma dattilifera.

(2) Si temeva in realtà un suo traffico illecito di armi con i saraceni e il trasporto in Siria di un’ingente quantità di monete d’argento che, in mare, avrebbe fatto fondere in lingotti e marchiare con il simbolo del giglio reale.

In particolar modo, nel pannello formante il timpano d’ingresso del cortile d’onore sono rappresentati tre alberi esotici (palma, fico e palma dattilifera) che crescono in mezzo a piante erbacee; secondo Fulcanelli(3) la palma e la palma dattilifera, alberi della stessa famiglia, erano conosciute dai greci con il nome di “foinix” (in latino “phoenix”), che corrisponderebbe alla fenice ermetica; questi alberi, dunque, rappresenterebbero i due magisteri alchemici (due delle fasi che portano alla pietra filosofale) e il loro risultato, le due pietre, una bianca e l’altra rossa, che posseggono un’unica e medesima natura contenuta nella denominazione di fenice(4).
Oltretutto estremamente ermetico è il motto che compare sul bordo che funge da cornice, decorata da ramoscelli fioriti; si tratta di una delle massime favorite dal proprietario: «DE. MA. JOIE. DIRE. FAIRE. TAIRE»(5).
È bene ricordare che alcune interpretazioni date dagli studiosi di ermetismo alle opere d’arte seguono un processo (soprattutto dopo gli studi di Jung) ormai abbastanza consolidato, anche se paiono discostarsi in modo astruso da una lettura tradizionale. In quest’ottica è da considerarsi anche l’interpretazione simbolico-alchemica della vetrata presente nella Sala delle galee dove è raffigurato un imponente vascello con un equipaggio di sette uomini: uno, in particolare, sembra impartire ordini a un marinaio su una piccola imbarcazione in balìa del mare. La tematica del viaggio per mare assume in ambito alchemico una notevole importanza come simbologia della ricerca, da un lato, e del bagno della materia prima, dall’altro, e sarà molto sfruttata nell’iconografia tardo-rinascimentale e barocca(6).
Dal cortile interno dell’edificio si accede a una scala che conduce alla soffitta; ubbidiente all’estetica tipicamente gotica del periodo, il tetto ha una pendenza molto accentuata e una conseguente altezza interna, dal colmo, notevolissima.
In questo spazio è stata ricavata una stravagante parete la cui superficie appare riquadrata da piccole travi di legno a vista; all’interno di questi riquadri sono stati ricavati numerosi buchi di forme diverse.


La tematica del viaggio per mare assume in ambito alchemico una notevole importanza


Particolare della vetrata della Sala delle galee.

(3) Fulcanelli, Le dimore filosofali, Roma 1972.
(4) Quanto al fico che occupa il centro della composizione, indica la sostanza minerale dalla quale i filosofi ricavano gli elementi della rinascita miracolosa della fenice, e il lavoro completo compiuto per questa rinascita costituisce ciò che si è convenuto chiamare «Grande opera».
(5) Letteralmente: «Della mia gioia: dire, fare, tacere». Altri motti ermetici sono reperibili nei bassorilievi del palazzo (per esempio «A vaillans rien impossible», cioè «A valoroso nulla impossibile»). Questo motto è presente anche nell’angolo nord-ovest della Sala dei banchetti ma non può essere considerato come autentico in quanto frutto di un restauro successivo dell’architetto Huignart.
(6) Ritroviamo il medesimo emblema sia nel Viatorium (1651) del medico rosacrociano Michael Maier (1568-1622), in cui al posto della città e della terra desolata compaiono due aquile in volo verso direzioni opposte, a indicare la totalità della ricerca, sia nel De lapide philosophico (Francoforte 1625) di Lambsprinck. Sempre in M. Maier, Atalanta fugiens, 1618, la raffigurazione del vascello o della barca è frequentissima nelle rappresentazioni dei cinquanta emblemi musicali (tavv. I, VII, XII, XVII, XXIII, XXIV, XXV, XXVI, XXX, XXXI, XXXVI, XLIII, XLVI).

L’ipotesi più probabile sulla funzione della soffitta è che dovesse servire da piccionaia: essendo infatti presente un foro nel pavimento retrostante al muro, si è pensato che vi si introducessero i volatili con lo scopo di creare divertenti giochi visivi per i nobili spettatori. La stranezza di questo ambiente consiste però non nella sua possibile funzione ludica ma nella disposizione e nella forma dei fori, tutt’altro che casuale a mio avviso.
Questi rimandano in modo evidente ai neumi della musica medievale e dato che la loro sequenza segue un preciso criterio melodico, l’accostamento delle suddette forme a quelle della notazione antica non risulta certamente una forzatura: conoscendo una corretta chiave di lettura delle “note” saremmo in grado di ottenere una melodia che, visti i trascorsi del suo ideatore, potrebbe rivelarci qualche segreto nella produzione della «Grande opera»(7).


Il camino della galleria meridionale.


Parete della soffitta con numerosi buchi di forme diverse. Probabilmente questo ambiente doveva servire da piccionaia.

(7) Per un tentativo di trascrizione melodica rimando al mio saggio: D. Trucco, Suono originario.
Musica, magia e alchimia nel Rinascimento, Cuneo 2003, pp. 111-118.

ART E DOSSIER N. 375
ART E DOSSIER N. 375
APRILE 2020
In questo numero: INDOMITA ARTEMISIA: Una mostra a Londra. Una donna da decifrare. COLLEZIONI SUI GENERIS: L'archivio visivo della Fondazione Cirulli. Il Mo Museum si Vilnius. IN MOSTRA: Previati a Ferrara. George IV a Londra. Porcellane cinesi a Milano. Caravaggio e Bernini ad Amsterdam. Mantegna a Torino.Direttore: Philippe Daverio