Studi e riscoperte. 1 
Artemisia Gentileschi

UN RITRATTO ANCORA DA ESPLORARE

Artemisia Gentileschi non smette di suscitare interesse.
Alte le quotazioni delle sue opere sul mercato, in particolare nell’ultimo quinquennio, e a tutt’oggi in corso gli studi intorno alla sua figura, che potrebbero palesare aspetti inediti della sua personalità.

Maurizia Tazartes

Artemisia Gentileschi continua a intrigare.
Libri e mostre. Alte quotazioni d’asta. Il mercato negli ultimi cinque anni è cresciuto vorticosamente: dalle 945.988 sterline di una Betsabea al bagno venduta da Sotheby’s a Londra nel 2014 ai 3,6 milioni di sterline per l’Autoritratto come santa Caterina del 1615-1617 acquistato dalla National Gallery di Londra nell’inverno del 2018. Un capolavoro, tornato alla ribalta nel 2017, dopo che per anni era rimasto chiuso nella dimora di una famiglia francese. Nell’ottobre dello stesso 2018, una sua Lucrezia proveniente da una collezione europea messa in asta da Dorotheum, con la stima di 500-700mila euro, è venduta per 1.885.000 euro.
Ma il record lo raggiunge un’altra sofisticata Lucrezia ceduta da Artcurial per 4.777.000 euro (prezzo base 600-800mila euro).
I collezionisti tirano fuori opere impensate dai loro salotti. Vanno a ruba anche i ritratti fatti alla pittrice come il Ritratto di Artemisia Gentileschi dipinto dal collega Simon Vouet intorno al 1623, acquisito di recente dalla Fondazione Pisa, che già possiede, della pittrice, la tela con Clio, la musa della Storia. Si analizzano le opere: l’Opificio delle pietre dure di Firenze, con un’analisi ai raggi X, ha scoperto sotto la Santa Caterina d’Alessandria degli Uffizi due disegni, uno con un autoritratto della pittrice e un altro con un volto diverso, forse di Caterina de’ Medici. Anche la critica tende ora a privilegiare Artemisia rispetto al padre Orazio Gentileschi, considerato da grandi studiosi del Seicento - Mina Gregori in primis - superiore alla figlia, più bravo, raffinato, abile maestro della luce.


Artemisia Gentileschi, Autoritratto come santa Caterina (1615-1617), Londra, National Gallery.

Perché attira tanto Artemisia? Per il famoso stupro di Tassi e la sua condizione di vittima capace di resuscitare?
In epoca di “me too” il simbolo si rafforza, anche se ormai si è imposta pure l’immagine di una donna meno vittima, in grado di rialzarsi e combattere per la propria professione, come rivelano le lettere polemiche e pugnaci inviate dalla Gentileschi al collezionista siciliano don Antonio Ruffo. Il fatto è che la pittura di una donna non veniva considerata come quella di un uomo ed era pagata meno. Artemisia, giustamente, si arrabbiava.
Ma com’era davvero questa donna? Di una provocante bellezza come quella raffigurata dall’artista nelle sante peccaminose dai seni floridi e le spalle nude, nelle Maddalene lascive, nelle eroine procaci e vendicative?
Certamente Artemisia era dotata di una personalità complessa, forte, moderna e spregiudicata.
Uno spiraglio di realtà emerge da un interessante disegno attribuito a Leonaert Bramer - pittore originario di Delft e attivo in Italia dal 1619 al 1627 -, conservato ai Musées Royaux des Beaux-Arts de Belgique di Bruxelles, che potrebbe rivelare aspetti sconosciuti della pittrice. Eseguito a penna e inchiostro bruno, tra l’inverno e il giugno 1620, rappresenta i ritratti di alcuni artisti della Bent, la colonia nordica a Roma, cui apparteneva anche Leonaert Bramer.
Gli artisti effigiati sono Nicolas Régnier, Dirck van Baburen, Claude Lorrain, Gerrit van Honthorst, David de Haen e Artemisia Gentileschi. La datazione è precisabile con certezza tra il ritorno di Artemisia a Roma a fine febbraio 1620 e il giugno dello stesso anno quando Van Honthorst è già tornato a Utrecht.
Che ci fa lì, la pittrice appena arrivata a Roma dopo una fuga precipitosa da Firenze, per non aver pagato il costoso azzurro oltremarino al granduca ed essersi macchiata di adulterio con un nuovo amante? Era un’artista della Bent anche lei?
Sembrerebbe, visto che appare trattata alla pari da quei rissosi e goduriosi pittori olandesi, fiamminghi, francesi, che popolavano i bassifondi romani. Travestita, baffuta come un uomo, lo sguardo fiero e ironico, un cappellino fiorito, e un frutto candito in mano, la pittrice sembra guardare i posteri ponendo dilemmi.
I volti caricaturali del disegno sono ripresi dal vero, come hanno dimostrato confronti con i ritratti di ciascun artista. Tutti, meno Gerrit van Honthorst, hanno in mano un oggetto simbolico, un fiore, un bicchiere di vino, un frutto, uno strumento musicale (il flauto di Baburen). Tutto all’insegna dell’ironia e della parodia contro le convenzioni dell’epoca, non solo italiane, ma anche nordiche. Il disegno apre uno spaccato su una nuova immagine di Artemisia, frequentatrice di taverne e di luoghi dalla dubbia fama.
Karel van Mander nel 1604, nel suo Libro della pitturaavvertiva gli artisti stranieri che intendevano visitare Roma della pericolosità di una città bellissima, ma “traviante”.


Travestita, baffuta come un uomo, lo sguardo fiero e ironico, un cappellino fiorito, e un frutto candito in mano


Leonaert Bramer (attribuito), Ritratti di artisti, dettaglio con Claude Lorrain, Artemisia Gentileschi, Gerrit van Honthorst, David de Haen (1620), Bruxelles, Musées Royaux des Beaux-Arts de Belgique.

Anonimi olandesi, due disegni raffiguranti Ritratti di membri della Schildersbent (1623-1624 circa), Rotterdam, Museum Boijmans Van Beuningen.

Nella capitale aveva messo radici un bel numero di artisti nordici, perlomeno una cinquantina (olandesi, fiamminghi, tedeschi, francesi) riuniti nella Bent o Schildersbent, una colonia di bohémien detti “Bentvueghels” (“Uccelli della banda”), stanziata nelle parrocchie di Santa Maria del Popolo e di San Lorenzo in Lucina.
Con soprannomi curiosi e molto giovani, erano teppisti come Caravaggio, ma anche straordinari pittori di paesaggio, di pittura di genere e di storia, in stretto contatto con i caravaggeschi romani. Si riunivano nelle osterie a fare riti iniziatori, riempire le pareti di schizzi audaci e trasgressivi. Mettevano in ridicolo le accademie ufficiali, come quella di San Luca, e si davano a orge - con barili di vino, cortigiane e prostitute - che, nei casi di nuove affiliazioni, duravano giornate intere. Tra loro c’era Pieter van Laer detto il Bamboccio, inventore del movimento dei bamboccianti e oste di professione che, con il fratello Roeland van Laer, ci ha lasciato testimonianze di queste scene licenziose. Ma non è il solo. Un anonimo pittore, forse olandese, ci presenta Adunanza per l’iniziazione di un nuovo membro nella Schildersbent (1665-1670 circa, Amsterdam, Rijksmuseum). È molto probabile che anche Agostino Tassi, lo stupratore di Artemisia, bazzicasse quei luoghi, visto che era molto amico di Claude Lorrain, allievo e collaboratore.
Insomma, l’Artemisia ventisettenne appare scaltra ed evoluta, esperta del mondo artistico più trasgressivo, non certo timorosa di fronte a tipi che, accanto a un’arte straordinaria, non avevano timore di fare avances, stuprare e ubriacarsi, come raccontano le cronache del tempo. Lontana dalla ragazza vittima di violenza di solo dieci anni prima.
Accanto - e a contrasto - con questa immagine, ne è spuntata un’altra di un’Artemisia adolescente, dall’aspetto angelico. Il volto della ragazza quattordicenne è stato identificato in un’opera del padre durante gli studi per la mostra La luce e i silenzi. Orazio Gentileschi e la pittura caravaggesca nelle Marche del Seicento (Fabriano, Pinacoteca civica Bruno Molajoli, 2 agosto - 8 dicembre 2019).
Nella grande Circoncisione dipinta da Orazio nel 1607 per la chiesa del Gesù di Ancona, dove si trova tuttora, una giovane storica dell’arte, Lucia Panetti, ha individuato il ritratto di Artemisia nelle vesti di santa Cecilia in alto a sinistra della grande pala. Dietro l’angelo in primo piano compare infatti il viso di un’adolescente che suona l’organo, identificabile come santa Cecilia, accanto a un angelo col flauto. Realizzato con estrema finezza dal padre, è proprio il ritratto di Artemisia a quattordici anni: era nata a Roma nel 1593 e la pala è del 1607.
A convincere sono stati i confronti con altri suoi ritratti, come quello giovanile nell’incisione di Jérôme David e i tanti autoritratti nelle vesti di santa o di gentildonna (l’Autoritratto come suonatrice di liuto, 1616-1618, per esempio). In quella pala d’altare, eseguita da un Orazio Gentileschi quarantaseienne, a far da modelli nella bottega romana del pittore ci sono tutti personaggi reali, dal pellegrino siciliano alla lavandaia di casa, dal cavadenti al medico. Non poteva mancare la figlia, che in quegli anni aiutava il padre come apprendista ed era presente durante la pittura dell’opera. Si scopre così una nuova immagine fisica della fascinosa pittrice, che emerge con contorni sempre più precisi. Bella, turgida e misteriosa, guance levigate, il suo solito piccolo doppio mento, capelli ricci e spettinati, ancora ignara del suo destino.


Anonimo nordico, Adunanza per l’iniziazione di un nuovo membro nella Schildersbent (1665-1670 circa), Amsterdam, Rijksmuseum.


Un’Artemisia adolescente, dall’aspetto angelico


Orazio Gentileschi, Circoncisione (1607), particolare, Ancona, chiesa del Gesù.

Orazio Gentileschi, Circoncisione (1607), intero, Ancona, chiesa del Gesù.

Artemisia Gentileschi, Lucrezia (1630-1637).

ART E DOSSIER N. 375
ART E DOSSIER N. 375
APRILE 2020
In questo numero: INDOMITA ARTEMISIA: Una mostra a Londra. Una donna da decifrare. COLLEZIONI SUI GENERIS: L'archivio visivo della Fondazione Cirulli. Il Mo Museum si Vilnius. IN MOSTRA: Previati a Ferrara. George IV a Londra. Porcellane cinesi a Milano. Caravaggio e Bernini ad Amsterdam. Mantegna a Torino.Direttore: Philippe Daverio