Anche nell’opera di Orazio, Giuditta compie lo stesso gesto, ma non vi si legge lo stesso allarme». L’esposizione della National Gallery segue attraverso le opere tutta la vita della pittrice.
Una vita temeraria, ardita, spesso contraddittoria, nell’ambizione costante di crearsi una rispettabilità, lei che per prima infrangeva le convenzioni sociali.
Col marito, Pierantonio Stiattesi, procuratole dal padre per rimediare alla vergogna dello stupro, andrà a vivere a Firenze fino a quando, nel 1620, fuggirà di nuovo a Roma. Con l’amante adorato, Francesco Maria Maringhi, ricco nobiluomo fiorentino, ebbe una relazione appassionata, ma non senza interesse, vista la sua costante richiesta di denaro. E quando, dopo aver definitivamente rotto i rapporti con il padre, anche del marito si persero le tracce, visse ufficialmente sola. Negli ultimi venticinque anni della sua vita la troviamo a Napoli, ma non senza lunghi periodi di assenza, trascorsi a Venezia e a Londra.
Ovunque sapeva adattarsi, non solo nella vita quotidiana, ma anche nella professione, lasciando filtrare nella sua pittura le mode del momento per attrarre i committenti. Fu la prima artista a essere ammessa nella prestigiosa Accademia delle arti del disegno di Firenze, fu dama di corte e insieme scandalosa concubina.
Fu molte volte madre. Fu forte e intelligente, ma anche vulnerabile e fragile in amore.
A Londra è tornata oggi, dopo quasi quattro secoli, da quando, nel 1647, lì si ricongiunse al padre Orazio, pittore alla corte di Carlo I. Ma la sua non fu missione familiare, bensì politica voluta dal papa - si dice - nel tentativo di riportare la Corona inglese al cattolicesimo. Ed è ancora sul contrastato rapporto tra Artemisia e il padre che si chiude la mostra. Altre due opere sono messe a confronto: Giuseppe e la moglie di Putifarre e Ester davanti ad Assuero. Spiega la curatrice: «Sono entrambe storie del Vecchio Testamento centrate sulle due figure di uomo e di donna. Nella prima, di Orazio, si apprezza l’eleganza e la finezza della rappresentazione, ma, di nuovo, in un’atmosfera fredda, senza drammi né coinvolgimenti.
Nella seconda, di Artemisia, alla ricchezza dei tessuti e alla varietà dei costumi, si aggiunge un’interpretazione più profonda ed empatica che fa di Ester una figura eroica e coraggiosa». Siamo negli anni Trenta del Seicento: l’ombra di Orazio che gravava sulla figlia è ormai dissolta. Davanti a loro la strada è separata.