Grandi mostre. 4 
Caravaggio e Bernini ad Amsterdam

INCROCI BAROCCHI

Per la prima volta, il Rijksmuseum dedica una mostra alla nascita del Barocco nella Roma del primo Seicento. L’attenzione è centrata su Bernini e Caravaggio, i due principali artefici di un linguaggio che si sarebbe rapidamente diffuso in tutta Europa.

Claudio Pescio

La mostra Caravaggio-Bernini. Barok in Rome mette in atto un curioso cortocircuito. Il museo che ospita i principali esempi dell’unico importante centro artistico che nel XVII secolo trascurò il Barocco per indirizzarsi su una strada autonoma rispetto al resto d’Europa organizza una mostra attorno a un nucleo di opere che rappresentarono le prime manifestazioni proprio di quel nuovo linguaggio.
Seicento olandese e Barocco romano andarono ognuno per la propria strada senza quasi incrociarsi, sobrio e riservato naturalismo da un lato, esuberante e teatrale virtuosismo dall’altro. Le due strade si incontrano così, adesso, in uno stesso luogo, e possiamo immaginare con che occhi i severi calvinisti in abiti scuri appesi alle pareti del museo di Amsterdam guarderanno quel Cristo incoronato di spine (Caravaggio), quel dolente San Sebastiano (Bernini), quel San Francesco in estasi (Baglione) così cattolici, così atteggiati, un po’ eccessivi, melodrammatici.
Ma era esattamente questa la rivoluzione che nasce a Roma tra 1600 e 1640. Con i potenti chiaroscuri di Caravaggio, pittore lombardo trasferitosi nella città papale negli ultimi anni del Cinquecento, e poi con le invenzioni scenografiche dello scultore, pittore, architetto Gianlorenzo Bernini (1598-1680) si fonda un rinnovamento generale delle arti rispetto alle ormai stanche formule classiciste e tardomanieriste del secolo appena chiuso. Il Barocco - come verrà chiamato più tardi dal nome di un tipo di perla di forma particolarmente irregolare e stravagante - è un linguaggio profondamente legato al messaggio e alle politiche antiprotestanti della Controriforma cattolica, fondato su parole d’ordine evocate chiaramente dalle opere in mostra: “vivezza”, “moto”, “scherzo”, “terribilità”.


Caravaggio, Cristo incoronato di spine (1603), Vienna, Kunsthistorisches Museum.

Una ricercata capacità di evocare sentimenti,passioni, stupore

Un approccio emozionale che fa leva su un’adesione all’immagine, da parte di chi guarda, accesa da una ricercata capacità di evocare sentimenti, passioni, stupore. Stupore anche di fronte all’abilità con cui, per esempio, Bernini in pratica “dipinge” nel marmo il Ritratto di Thomas Baker (1638, Londra, Victoria and Albert Museum). All’esplosione creativa romana partecipano anche altri artisti, presenti in mostra, come Artemisia Gentileschi, Orazio Borgianni, Ludovico e Annibale Carracci, Guido Reni, Nicolas Poussin, Simon Vouet, Alessandro Algardi, François Duquesnoy (per la maggior parte romani d’adozione e solo temporaneamente, a dimostrazione di quanto Roma fosse, in quel momento magico, meta irrinunciabile di chiunque cercasse novità a livello internazionale).
Ma una delle possibili (e consigliabili) chiavi di lettura della mostra è aggirarsi per le sale della collezione permanente del museo non solo per constatare la differenza tra due modi antitetici di fare arte nel XVII secolo, ma anche alla ricerca di quanto Caravaggio vi sia, in realtà, nel realismo luministico dei secenteschi olandesi della scuola di Utrecht, o di quanto diventi “barocca” la ritrattistica dei Paesi Bassi nella seconda metà del XVII secolo, quando la classe dirigente del paese inizia a cercare modelli di status più adeguati agli standard correnti nel resto del continente.


Artemisia Gentileschi, Estasi di Maria Maddalena (1620-1625).

Gianlorenzo Bernini, Ritratto di Thomas Baker (1638), Londra, Victoria and Albert Museum;


Gianlorenzo Bernini, Medusa (1638-1640), Roma, Musei capitolini.

UNO SPAZIO DINAMICO E COLORATO
Da segnalare - come elemento tutt’altro che secondario dell’esperienza di visita della mostra - l’allestimento ideato da Formafantasma, studio con sede ad Amsterdam fondato da due designer italiani, Andrea Trimarchi e Simone Farresin. Abbiamo avuto occasione di parlare con Farresin e ci siamo fatti spiegare quali criteri hanno guidato il progetto. Anzitutto, la prima scelta è stata evitare di drammatizzare con contrasti di luce e ombra opere che già di per sé tendono alla teatralità, in modo quindi di non aggiungere Barocco a Barocco. Quattrocento anni fa quelle opere rappresentavano la contemporaneità, che in ambito espositivo ha significato per lungo tempo “white cube”: spazi bianchi che, nati per essere neutrali, hanno però finito per definire un nuovo standard ripetitivo e ormai obsoleto. Servono nuove idee e il coraggio di definire accostamenti studiati per ogni singola occasione espositiva. La scelta è stata di disporre i quadri su pannelli chiari rivestiti parzialmente con ampie campiture di tessuto colorato - fornito da Kvadrat, storica azienda danese produttrice di stoffe per architettura e design - puntando sui contrasti, con tonalità che vanno dal giallo canarino al lilla, ai rosa, ai marroni, al blu e al bordeaux.
Le sculture spesso non hanno i consueti piedistalli poggianti sul pavimento ma cubi di supporto che le fanno avanzare dalle pareti assecondando la tridimensionalità dell’opera; il piano su cui poggiano è in acciaio, a creare effetti di rifrazione della luce. Le pareti creano spazi asimmetrici creando sospensione, vuoti, fenditure che conducono l’occhio su altri ambienti. C.P.


Immagine dell’allestimento.

Caravaggio-Bernini. Barok in Rome

Amsterdam, Rijksmuseum
a cura di Frits Scholten
fino al 7 giugno 2020
orario 9-17
www.rijksmuseum.nl

ART E DOSSIER N. 375
ART E DOSSIER N. 375
APRILE 2020
In questo numero: INDOMITA ARTEMISIA: Una mostra a Londra. Una donna da decifrare. COLLEZIONI SUI GENERIS: L'archivio visivo della Fondazione Cirulli. Il Mo Museum si Vilnius. IN MOSTRA: Previati a Ferrara. George IV a Londra. Porcellane cinesi a Milano. Caravaggio e Bernini ad Amsterdam. Mantegna a Torino.Direttore: Philippe Daverio