Grandi mostre. 2 
George IV a Londra

VOLUTTUOSO ED ESUBERANTE

Giorgio IV d’Inghilterra, scostante e a volte capriccioso, spesso bersaglio della satira del suo tempo e poco incline alla politica, fu mecenate intelligente e protettore delle arti e della letteratura. Collezionista ambizioso ed eclettico, garantì alle sedi istituzionali della monarchia britannica quella magnificenza e quello splendore che ancora oggi le caratterizza.

Alessio Costarelli

Giorgio IV Hannover (1762-1830) è stato tra i monarchi meno popolari che la nazione britannica annoveri nella propria storia: non gli si rinfacciavano certo dispotismo o malversazioni, né intrinseca inettitudine al governo, quanto piuttosto un generale disinteresse per gli affari politici ed economici dello Stato, e questo ben prima di doversi assumere gli oneri del governo a causa della insorta “follia” di suo padre Giorgio III.
Contro la satira, si sa, nulla può, nemmeno la repressione e un sovrano in fondo liberale come Giorgio IV dovette confrontarcisi, talora aspramente, per tutta la vita. Frustrato nelle proprie ambizioni giovanili di perseguire una brillante carriera militare - interdettagli per legge in quanto successore designato al trono -, egli fu in effetti ben poco coinvolto dagli equilibrismi della politica e di una oculata amministrazione della cosa pubblica, nutrendo per sé ambizioni di ben altra natura: passare alla storia come un grande mecenate e protettore delle arti e delle lettere, quali furono molti dei suoi idoli personali, da Filippo II di Spagna a Luigi XIV di Francia, a Carlo II d’Inghilterra. La mostra attualmente in corso alla Queen’s Gallery di Londra, in Buckingham Palace(1), a cura di Kate Heard e Kathryn Jones, s’incarica di ricostruire questo fondamentale aspetto della reggenza prima, poi del regno di Giorgio IV, saggiandone le inclinazioni collezionistiche e, attraverso queste, meglio delineandone la personalità storica.
L’esposizione attinge esclusivamente alle ricchissime collezioni del Royal Trust e si articola su otto sale in un crescendo nella vita di Giorgio, ma anche in preziosità e magnificenza delle opere collezionate e commissionate.


Thomas Lawrence, Giorgio IV (1826). Come le altre opere che illustrano l’articolo, il dipinto appartiene alle collezioni reali inglesi.

Le prime sale sono dedicate alla giovinezza, alla famiglia, alla sua precoce passione per la ritrattistica e l’incisione, ma anche per l’esercito e i cavalli.

Giorgio viveva un universo privato tanto epicureo quanto poco in linea con la severa morale inglese


Giorgio, principe di Galles, era un giovane colto e a suo modo affascinante, amante di tutte le arti - dalla letteratura (era un vorace lettore di romanzi, in particolare di Jane Austen e Walter Scott) al teatro, dalla musica alla pittura - e sensibile al fascino femminile, cui dedicò pari attenzioni prima e dopo l’infelice matrimonio con Carolina di Brunswick, dal quale nacque l’amatissima Carlotta, precocemente morta nel 1817 ad appena ventun’anni.
Scostante e talora capriccioso, Giorgio - “first Gentleman of Europe” - viveva uno sfaccettato universo privato tanto epicureo quanto poco in linea con la severa morale inglese, e s’applicò naturalmente a dargli forma nella propria residenza privata di Carlton House a Pall Mall (Londra), assegnatagli fin dal 1783 e presto trasformata in un eclettico scrigno d’arte e raffinatezza, talora di dubbio gusto per la sensibilità dei tempi e dei suoi connazionali, ma di grande effetto. A Carlton House Giorgio riceveva amici, artisti e intellettuali, ma anche incontri ufficiali; organizzava balli e sfide tra celebri schermidori; deliziava gli ospiti con la conversazione sempre brillante per la quale era unanimemente apprezzato; coltivava un esclusivo salotto musicale.
Soprattutto, però, Carlton House era il luogo deputato all’allestimento e messa in mostra delle collezioni d’arte, alle quali il sovrano affidava per intero il riscatto della propria immagine dagli attacchi della satira e di buona parte dell’opinione pubblica. E se prima della reggenza il compositore Joseph Haydn poteva definirlo mecenate di grande intelligenza ma pochi quattrini, dopo il 1811 egli arricchì oltremodo le proprie raccolte, nelle quali nutrita rappresentanza era data alle scuole pittoriche inglese e olandese (magnifici i Rubens e i Rembrandt acquistati a caro prezzo nel corso degli anni Dieci) e alle stampe, in particolare quelle dedicate ai più illustri rappresentanti della casata Stuart, il cui mecenatismo egli ambiva sopra ogni cosa a eguagliare.


John Doyle, Il trono in pericolo (Lord Wellington ricevuto da Giorgio IV) (1828, bozzetto).


Charles Wild: La Gothic Dining Room a Carlton House (1817);

La sua intelligenza e lungimiranza come collezionista di pittura è peraltro ben esemplificata dall’acquisto, per la modica cifra di venti ghinee, dell’incompiuta (e sottostimata) tela Diana e Atteone di Thomas Gainsborough, unica opera mitologica oggi sopravvissuta delle scarsissime dipinte dall’artista. Relativamente poco spazio, invece, era riservato alla scultura - scarsamente rappresentata nella mostra - nonostante Giorgio sia stato tra i più sinceri estimatori dell’opera di Antonio Canova, che proprio a Carlton House fu ricevuto nell’autunno 1815 e che per quella residenza realizzò entro il 1819 il grande gruppo di Marte e Venere.
Restano comunque i ritratti, dalle piccole miniature alle tele monumentali, i veri protagonisti del collezionismo giorgiano, i quali hanno nel ciclo commissionato dopo il 1815 a Thomas Lawrence dei partecipanti alle conferenze di Aquisgrana e Parigi un vertice assoluto: riuniti nell’ultima sala, i ritratti di Giorgio IV, Pio VII, del cardinal Consalvi, Metternich, Carlo arciduca d’Austria, del conte di Capo d’Istria offrono, insieme a quelli di Nelson (di John Hoppner), lord Rodney (di Joshua Reynolds) e altri, una selezione di grande efficacia visiva dell’arredo della Waterloo Chamber al castello di Windsor.
Lo splendore di Carlton House, illustrato in mostra, oltre che da alcuni dei magnifici arredi, dai brillanti acquerelli di Charles Wild, risultò tuttavia limitato per le aspirazioni di Giorgio una volta incoronato nel 1821 e la residenza finì progressivamente per essere abbandonata, fino alla sua demolizione nel 1826. Tutto il suo contenuto fu trasferito nei rinnovati e ampliati palazzi di Buckingham e Windsor, mentre l’eclettismo e il gusto per l’esotico che tanto l’avevano caratterizzata furono riproposti, e sviluppati, in quel gioiello di fantasia che è ancor oggi il Royal Pavillion di Brighton(2).


Charles Wild: La Blue Velvet Room a Carlton House (1816 circa).

Quell’apparenza necessaria a concretizzare una sostanza altrimenti mai riconoscibile


L’immagine di un sovrano «voluptuous and exuberant » che le testimonianze storiche vorrebbero tramandarci andrebbe dunque senza dubbio ridimensionata pensando alla figura dell’ispiratore della riforma urbanistica di Edimburgo e di colui che per primo, anche grazie alla “diplomazia artistica”, seppe ricucire il profondo e secolare strappo tra la corona inglese e il papato. Giorgio ebbe una visione dello stato che forse oggi più di ieri fatichiamo a intendere, e che tuttavia non possiamo più tardare a comprendere: la grandezza di una nazione passa anche dalla preminenza culturale ch’essa è in grado di esprimere, finanche di imporre ai propri vicini e interlocutori, e il Regno Unito d’inizio Ottocento anelava, più di ogni altra cosa, a strappare alla Francia e a un’Italia ancora solo linguistica e geografica quel primato nelle arti che gli inglesi sentivano oramai di poter contendere. In questo senso la riflessione storica - e questa mostra con essa - può ben rendere giustizia al ruolo svolto da Giorgio IV come sovrano. Caduto Napoleone, la civilissima Inghilterra di primo Ottocento era, nonostante una difficile situazione economica interna dovuta in parte anche agli oneri della guerra contro la Francia, la più eminente nazione europea: sarebbe toccato alla regina Vittoria il merito di avviare la seconda rivoluzione industriale e di trasformarla in un impero globale; prima di tutto, però, il paese necessitava di consacrare uno status che, a tutti gli effetti, si era conquistato sul campo di battaglia ma che stentava ancora a essergli riconosciuto in virtù di antichi pregiudizi di marginalità e barbarismo lungamente imperanti sul continente.
Giorgio IV diede alla monarchia e alle sue sedi istituzionali quello splendore, quella magnificenza che ancora oggi le caratterizza, quell’apparenza necessaria a concretizzare una sostanza altrimenti mai riconoscibile. Senza Giorgio non ci sarebbe stata Vittoria, e Buckingham House non sarebbe divenuta Buckingham Palace, con tutto ciò che ne consegue ancora oggi nel nostro immaginario collettivo.
Riconoscere a Giorgio IV il suo fondamentale ruolo storico non significa farne lo statista che non fu, ma vuol dire ricordarsi - mai quanto oggi - che giustizia e cultura consentono alle nazioni di affermarsi molto più stabilmente di quanto la volubile sorte non conceda alla forza delle armi.


Thomas Gainsborough, Diana e Atteone (1785-1788 circa).


Philip Rundell (su disegno di John Flaxman), Lo scudo d’Achille (1821).

Francis Chantrey, Busto di Giorgio IV (1825);


Rembrandt van Rijn, Agatha Bas (1641).

(1) Con un’importante appendice al Holyrood Palace di Edimburgo.
(2) Dentro il quale, fino al 2021, si possono ammirare oltre cento pezzi della collezione reale eccezionalmente ricollocati nella loro ubicazione originaria.

George IV: Art & Spectacle

Londra, Buckingham Palace, Queen’s Gallery
a cura di Kate Heard e Kathryn Jones
fino al 3 maggio
www. rct.uk

ART E DOSSIER N. 375
ART E DOSSIER N. 375
APRILE 2020
In questo numero: INDOMITA ARTEMISIA: Una mostra a Londra. Una donna da decifrare. COLLEZIONI SUI GENERIS: L'archivio visivo della Fondazione Cirulli. Il Mo Museum si Vilnius. IN MOSTRA: Previati a Ferrara. George IV a Londra. Porcellane cinesi a Milano. Caravaggio e Bernini ad Amsterdam. Mantegna a Torino.Direttore: Philippe Daverio