Studi e riscoperte. 3 
Parodie animali nella satira medievale

LA SCIMMIA LEGGE, L’ASINO SUONA


Potrebbero essere lo spunto per la stesura di un antico “graphic novel” le raffigurazioni buffe di animali “musicanti” o forse “eruditi” che ritroviamo nell’arte medievale. Ed è sufficiente soffermarci appena su quelle immagini per avvertire che l’ironia, così sfacciatamente evidente, è in realtà un pretesto per smontare certezze e prendersi gioco di convenzioni, vizi e virtù.


Mauro Zanchi

Vicino a una finestra, una scimmia con gli occhiali e con la cuffia dei dotti tiene un libro aperto e si appresta a leggerlo nella decorazione ad affresco della libreria Albèri, a Orvieto, dove sono stati raffigurati anche i letterati e coloro che hanno costituito il mondo culturale preso come riferimento dal committente(1). È stata dipinta attorno al 1502, probabilmente da un collaboratore di Luca Signorelli, nello stesso periodo in cui il maestro cortonese sta affrescando la cappella di San Brizio, nel duomo. Sulla pagina di un libro compaiono la scritta «Legere et non intelligere est negligere» (Leggere e non capire equivale a non leggere) e l’incipit di uno spartito musicale. Il pittore ci vuole fare intendere che la scimmia legge senza capire? O è stata proprio lei a scrivere quella frase e adesso sta rileggendo con cognizione di causa? Rimanda alla figura di un dotto senza qualità e privo di genio? O è una figura prodigiosa, un animale in grado di comporre e di suonare, visto che sulla pagina è presente un rigo musicale in chiave di fa, tratto probabilmente dal Codex Bonadies(2), una raccolta che documenta il canto polifonico e la musica strumentale della fine del Trecento e dei primi del Quattrocento?
Nel codice miniato del romanzo anonimo in prosa Gillion de Trazegnies (1464), ora al J. Paul Getty Museum di Los Angeles (ms. 111, 150v) compare una scimmia intenta a pizzicare le corde di un’arpa.


Collaboratore di Luca Signorelli (?), Scimmia che legge (1502 circa), Orvieto, Opera del duomo, libreria Albèri.

(1) Il potente vescovo Antonio Albèri (1423 circa - 1505), già arcidiacono del duomo e precettore del futuro papa Pio III Piccolomini. Nella libreria collegata alla cattedrale, Albèri collocò circa trecento volumi della sua imponente dotazione libraria, andati poi dispersi nel corso dei secoli. I personaggi raffigurati negli affreschi sono i maggiori autori delle discipline presenti nelle sezioni della biblioteca: filosofia, poesia, retorica, grammatica, diritto, medicina, storia, astrologia.
(2) L’autore del codice è Johannes Godendack, il cognome del quale tradotto in latino è “Bonadies”, un monaco tedesco dell’ordine dei carmelitani. Il Codex Bonadies - iniziato nel Trecento da un organista lombardo a Mantova, che ha compilato un repertorio strumentale - è una raccolta di canti greci del Concilio di Firenze, polifonie sacre e profane dell’epoca, ballate polifoniche, cacce, madrigali composti dai maggiori autori del XIV secolo e dell’Ars Nova francese, trattati teorici dello stesso Bonadies e di altri compositori e musicisti dell’epoca. Il manoscritto 117 Bonadies è noto anche come Codex Faenza, che si compone di 184 cc. pergamenacee.

Una parodia ipocrita che mette in luce l’incongruenza e gli aspetti goffi dei valori costituiti di chi è compromesso con il potere e con il peccato


La frase «Legere et non intelligere est negligere», associata all’incipit del Codex Bonadies, se rivolta a chi si occupava di musica, prende una piega ironica sottile, e crea un doppio senso da cortocircuito. Vi sono alcuni portali romanici e gotici con figure di scimmie e asini, che suonano strumenti musicali, e altri animali vestiti da preti, descritti mentre leggono messali e celebrano il rito religioso. In un capitello del duomo di Parma sono presenti due lupi e un asino vestiti da monaci: un lupo tiene con la zampa una tabella scritta, di fronte all’asino che svolge il ruolo di professore. Sull’archivolto esterno della porta meridionale della chiesa di Saint-Pierrede-la-Tour d’Aulnay (Aulnay-de-Saintonge), nella Francia meridionale (Charente-Maritime), sono stati scolpiti due animali - identificati come due asini: uno è abbigliato con una casula da sacerdote, mentre l’altro regge il messale del rito cattolico - che celebrano una “Messa ridicola”. La cena rientra in un contesto di più immagini allegoriche, nella tipica rappresentazione dell’arte romanica tesa a mostrare i vizi della carne e quelli dello spirito. L’autore del portale scolpisce una parodia ipocrita, mettendo in luce l’incongruenza e gli aspetti goffi dei valori costituiti di chi è compromesso con il potere e con le varie declinazioni del peccato.
Al contempo, la messa delle bestie evoca anche la scena che si svolgeva in chiesa durante la festa dell’asino(3). Nello stesso archivolto compare pure un asino che suona la lira(4), seguito da un caprone, un cervo, un centauro sagittario, tutti ritti sulle zampe posteriori.
Secondo Émile Mâle, il significato dell’asino con la lira sarebbe ispirato da una favola di Fedro: «Il malvagio destino che impedisce al genio di manifestarsi.
Se un qualsiasi ignorante di musica avesse trovato quella lira, avrebbe ammaliato le orecchie con armonie divine»(5). In senso negativo, nelle “drôleries” dei codici miniati l’asino è spesso raffigurato come musicante, poiché i bestiari giudicano l’animale incapace di suonare ma ostinato nel voler far musica, considerandolo immagine degli uomini orgogliosi e presuntuosi(6).


Asino che celebra una “Messa ridicola” o Asino che presenta un libro a un asino con casula da sacerdote (1120-1140), Aulnay-de-Saintonge, chiesa di Saint-Pierrede- la-Tour d’Aulnay, archivolto esterno.


Asino che suona la lira (1120-1140), Aulnay-de-Saintonge, chiesa di Saint-Pierrede- la-Tour d’Aulnay, archivolto esterno;


Nicolò, Due lupi e un asino (XII secolo), duomo di Parma, capitello.

(3) Cfr. O. Beigbeder, Lessico dei simboli medievali, Milano 1997, pp. 69-70. Secondo l’autore, i due animali di Aulnay sono un caprone e un asino, rappresentanti rispettivamente la pigrizia e la lussuria, inseriti nel programma iconologico dell’archivolto dalla parte della malattia e della morte.
(4) L’immagine dell’asino che suona l’arpa compare su una pietra incisa nella prima metà del II millennio, ora al Musée du Louvre, proveniente da Samaria (Israele). Nelle chiese romaniche e gotiche l’asino musico è ripreso da una favola di Boezio: un asino in un prato vede una lira abbandonata per terra e cerca di suonarla con gli zoccoli, ma presto si rende conto della sua ignoranza e ammette che una persona più istruita sarebbe in grado di suonarla meglio (il detto “andare come l’asino alla lira” si riferisce a coloro che fanno cose per le quali si è assolutamente impreparati). Nell’arte romanica vi sono numerosi esempi di asini con la lira: a Bourges, a Nantes, a Brioude, a Saint-Benoit-sur-Loire, a Saint-Restitut, a Fleury-la-Montagne, a Berceto. Nell’arte gotica l’asino con la lira è presente dove è attiva un’università o una scuola. Famoso è quello posto sul lato sud-ovest della cattedrale di Chartres, accompagnato dall’angelo col quadrante solare.
(5) E. Mâle, L’Art religieux en France, le Douzième siècle, Parigi 1931, p. 339.
(6) Nel Medioevo sono numerose anche le immagini satiriche di professori o uomini di chiesa raffigurati con orecchie d’asino.

L’atteggiamento dissacrante del linguaggio animale rilegge con sarcasmo ciò che viene presentato come verità rivelata


Il genere didattico-moraleggiante dei bestiari, che ha preso corpo tra la fine dell’XI e il XIV secolo, e i “fabliaux” applicano un’antropomorfizzazione della zoologia. Altri esempi di questa burlesca critica sociale sono i fine riga miniati su manoscritti a carattere liturgico del Duecento e del Trecento, i salteri inglesi, dove gli animali mascherati da chierici o da sovrani mettono in scena il “mondo alla rovescia”. Animali musicanti L’atteggiamento dissacrante del linguaggio animale rilegge con sarcasmo ciò che viene presentato come verità rivelata (un cavallo che reca un flauto di Pan e un campanaccio, e un becco con l’arpa) sono scolpiti anche nel capitello della collegiale di Notre-Dame di Beaune, dove incarnano il “sentimento carnevalesco del mondo”, mettendo in visione una sorta di straniamento della realtà. In tutti i personaggi beffardi della produzione medievale si percepisce l’affiorare di qualcos’altro, un impulso denigratorio con cui si smaschera la presunta coerenza di ogni asserzione.
L’atteggiamento dissacrante del linguaggio animale rilegge con sarcasmo ciò che viene presentato come verità rivelata. La satira medievale, d’origine etico-religiosa, prende di mira gruppi e categorie, raramente singole persone. In alcuni casi gli scultori e i lapicidi ridicolizzano, con fantasiosa ironia, difetti di preti corrotti dai vizi, con una vena parodistica. La satira morale predilige il linguaggio allegorico, prendendo gli animali come simboli di vizi e virtù degli uomini(7).
I capitelli o i portali medievali scolpiti con immagini beffarde testimoniano un impulso eversivo teso a scardinare contenuti e forme della cultura ufficiale, a metà strada fra il comico e il serio, fra mimesi realistica e deformazione grottesca. Il carattere satirico di alcune figurazioni romaniche e gotiche manifesta un taglio espressivo fondato sull’ironia, nelle gradazioni dell’insidia velata o, in alcuni casi, nella burla esplicitamente esibita.


Lepre che suona l’arpa, dal Salterio di Bonmon (Parigi, XIII secolo), Besançon, Bibliothèque Municipale, ms. 140, 41r.


Gufo vescovo col pastorale, da un salterio-libro d’ore (Gand, 1315-1325), conservato a Baltimora, Walters Art Museum, ms. W. 82, 184r.

(7) Si vedano: Ecbasis captivi (X secolo); Y sengrinus (terminato nel 1148); Roman de Renart (XII-XIII secolo).

Arte egiziana del periodo compreso tra Nuovo impero e terzo periodo intermedio, scaraboide decorato con scene musicali satiriche (1552-664 a.C.), Parigi, Musée du Louvre.


Scimmia che pizzica le corde di un’arpa, da Gillion de Trazegnies (Fiandre, dopo il 1464), Los Angeles, J. Paul Getty Museum, ms. 111, 150v.

ART E DOSSIER N. 373
ART E DOSSIER N. 373
FEBBRAIO 2020
In questo numero: ART BRUT, ORDINE E CAOS. L'editoriale di Philippe Daverio. La Biennale di Art Brut a Losanna. In volume L'opera omnia di Ligabue. L'ARCHITETTO UMANISTA. Il centenario di Leonardo Ricci. ANIMALI SAPIENTI. Parodia e satira nel Medioevo. IN MOSTRA: Steeve McQueen a Londra. Arte italiana a Mänttä. Anni Venti a Genova. Collezione Thannhauser a Milano. Natura in posa a Treviso.Direttore: Philippe Daverio