Grandi mostre. 6 
La natura morta a Treviso

UN GIOCO DI ILLUSIONI


Sviluppato in Europa, in particolare nei Paesi Bassi, tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento, il soggetto della natura morta, interpretato in pittura con suggestive e minuziose rappresentazioni, è da sempre oggetto di interesse anche in fotografia. Dal Kunsthistorisches Museum di Vienna approda nel Museo Santa Caterina un prezioso nucleo di dipinti in dialogo con gli scatti di grandi autori contemporanei.


Denis Curti, Francesca Del Torre

Nature morte o “still life”, immagini affascinanti di fiori, frutta e oggetti quotidiani ritratti al naturale e messi letteralmente in scena, sapientemente disposti e illuminati. Il Museo Santa Caterina a Treviso ospita una selezione di nature morte dalle collezioni del Kunsthistorisches Museum di Vienna, presentate per la prima volta in Italia. Cinque opere concesse in prestito da musei e collezioni del Veneto affiancano i cinquanta dipinti di antichi maestri del museo austriaco, raramente esposti nelle sue sale. La mostra nasce come primo appuntamento della nuova programmazione dell’amministrazione comunale di Treviso che con intelligenza e lungimiranza promuove nei prossimi quattro anni una serie di esposizioni di arte antica con forti radici nel territorio della Marca. Un’occasione ideale per presentare opere di questo genere pittorico che, dopo una lunga “incubazione” nel corso dei secoli, esplode in tutta la sua modernità tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento in Europa, ma soprattutto nei Paesi Bassi. Una raffinata selezione di fotografie di grandi artisti contemporanei in una sezione separata conferma il fascino e l’attualità di questo genere. La rassegna propone un percorso allo stesso tempo cronologico e tematico articolato in sei sezioni e si apre con i “precursori” del genere nel Veneto.
Una monumentale allegoria di Lodovico Pozzoserrato, artista fiammingo, ma trevigiano di adozione, affianca le Stagioni e un importante Mercato di Francesco Bassano che testimoniano l’interesse naturalistico di questi pittori. Siffatte opere dialogano con i Mercati dei Valckenborch e Saive, intrisi di cultura fiamminga. Fiori, frutta, cibi e oggetti di ogni tipo di uso quotidiano sono presenti come dettagli con funzioni decorative o allegoriche. Lo stesso vale per gli interni di David Teniers il Giovane o di Gerrit Dou, opere al limite tra scene di genere e natura morta, che dimostrano i frequenti scambi tra questi filoni.


Bottega di Frederik van Valckenborch, Mercato dei fiori (Primavera) (1600 circa), Vienna, Kunsthistorisches Museum.

Il passaggio delle “cose quotidiane” dalla funzione di particolari narrativi a quella di soggetti indipendenti, degni di essere rappresentati ormai in maniera autonoma in una miriade di dipinti, viene illustrato nella varietà di soggetti nei quali si esprime la creatività degli artisti dei Paesi Bassi, che riflettono la cultura di una classe borghese in forte espansione. Le sontuose tavole imbandite di Willem Claesz Heda, Pieter Gerritsz van Roestraten si alternano a dipinti di pittori italiani tra cui Ceruti e Baschenis. Alle “vanitas” di Pieter Claesz e Nicolaes van Verendael, portatrici esplicite del messaggio di transitorietà delle cose umane, seguono le numerose varianti delle rappresentazioni di selvaggina abbattutta, in stretto rapporto con le illustrazioni scientifiche, che insiemeai fiori sono forse tra i soggetti più familiari e noti.

Il prezioso mazzo di Jan Brueghel il Vecchio, detto Brueghel dei fiori, che fu l’iniziatore - nonché l’artista piú richiesto e famoso - di questo particolare filone, sorprende per la ricercatezza della composizione e per la precisione di esecuzione. Le composizioni floreali invitavano alla meditazione sulla grandiosità del creato e in questo contesto vanno interpretate anche le nature morte di matrice gesuitica che accostavano immagini religiose a sontuose ghirlande. L’epilogo del percorso è affidato sia a un prezioso “inganno” o trompe-l’oeil di Caterina o Leopoldo della Santa, che ricorda il ruolo centrale svolto dall’illusione nel genere della natura morta, sia a una sorprendente allegoria dell’Europa di Jan van Kessel. In questo dipinto, che ritrae una giovane donna circondata dai simboli del potere spirituale e temporale, sono riconfluiti tanti dei soggetti che popolano le tele delle nature morte autonome esposte nella mostra e che tornano a svolgere la funzione originaria di dettagli per rappresentare le arti, la storia e la cultura del nostro continente.

Evaristo Baschenis, Natura morta con strumenti musicali, mappamondo e sfera armillare (XVII secolo), Vienna, Kunsthistorisches Museum.
Le composizioni floreali invitavano alla meditazione sulla grandiosità del creato


Jan Brueghel il Vecchio, Mazzo di fiori in un vaso blu (1608 circa), Vienna, Kunsthistorisches Museum.


Hans Op De Beeck Vanitas (1) (2011).

Simbolo della caducità della vita, dell’effimero che attanaglia la materia e l’umanità intera, il soggetto pittorico della natura morta porta con sé una spontanea attinenza con le ambizioni ideali che la fotografia ha maturato sin dai suoi esordi. Proprio questa affinità, consolidata nel tempo tra i due linguaggi artistici, è la ragione principale della presenza di una sezione fotografica all’interno della mostra di dipinti. Il binomio artistico tra pittura e fotografia vuole significare quel sentimento di continuità e di fascinazione che ancora oggi pervade la produzione contemporanea, andando al di là dei mezzi di produzione e degli strumenti creativi e ponendo l’attenzione sui sentimenti degli autori, sui loro sogni e sulle loro visioni più intime. Pertanto, nell’ambito di un tema ricco di suggestioni e riferimenti iconografici, la selezione delle fotografie in parete vorrebbe raccontare come la natura morta abbia seguito un itinerario autonomo, in cui ogni scatto rappresenta il punto di arrivo di un’azione consapevole, che vuole penetrare la realtà e andare oltre le apparenze.
Le ingannevoli “vanitas” di David LaChapelle ci attraggono inizialmente per la loro potenza estetica, vivacissima e colorata, ma in un secondo momento rivelano la dimensione etica che esse sottendono: l’estremo senso del superfluo, la sovrabbondanza di oggetti “contemporanei” (telefoni, plastica, pubblicità), lo spreco e l’illusione della purezza e dell’eternità.
La natura morta diventa un filtro da cui osservare un mondo fatto di apparenza e ostentazione anche nell’universo saturo di colore di Martin Parr, che rappresenta il “trash food” e il consumo di massa.
Magnifici, erotici e sensuali sono i fiori di Robert Mapplethorpe: rose e fiori appaiono estatici e immobili, colti nell’erotizzazione romantica e narcisistica che si compie davanti all’obiettivo.


L’estremo senso del superfluo, la sovrabbondanza di oggetti, lo spreco e l’illusione della purezza e dell’eternità


David LaChapelle, Springtime, dalla serie Earth Laughs in Flowers (Los Angeles, 2008-2011).

Erotismo e sensualità esplodono anche nella serie Flowers di Nobuyoshi Araki, dove la natura morta sembra riflettere sull’istante contemplativo, che - sebbene breve e destinato a morire - viene come spiato da un atto voyeuristico nel tentativo di “salvare” la bellezza dal quotidiano.
E sul tempo e sulle sue conseguenze ritornano anche le zuppiere di Franco Vimercati, “ripetute” in sei diversi momenti-scatti, tutti rivelatori di piccoli dettagli, singoli graffi sulle superfici, altre imperfezioni che rendono ognuno di questi soggetti, apparentemente identici, unici e insostituibili.
Analogamente in Herbarium di Nino Migliori la dimensione del tempo e la trasformazione della materia sono aspetti nodali, come mostrano i fiori e le foglie raccolti per strada, inseriti tra due vetri in due plance e stampati in positivo e negativo, utilizzando i vegetali come negativi.
Nella sua Vanitas Hans Op De Beeck, artista visivo e regista teatrale, s’interroga poi sulla fragilità dell’esistenza umana, con una composizione classica dove emergono un teschio, un libro aperto, rami spogli a simboleggiare l’intrinseca complessità che ci caratterizza.
È evidente, allora, alla fine di questo “excursus” espositivo e tramite questo intreccio di pittura e fotografia, come la natura morta rinvii a una dimensione fondamentale dell’esistenza umana, e forse per questo essa non ha smesso di esercitare il suo irresistibile fascino anche tra i maggiori fotografi contemporanei.

Gerrit Dou, Il medico (1653), Vienna, Kunsthistorisches Museum.

Willem Claesz Heda, Natura morta con colazione e coppa con coperchio (1634), Vienna, Kunsthistorisches Museum.

Natura in posa. Capolavori dal Kunsthistorisches Museum di Vienna

in dialogo con la fotografia contemporanea
Treviso, Museo Santa Caterina
a cura di Francesca Del Torre con Gerlinde Gruber, Sabine Pénot
sezione fotografica a cura di Denis Curti
mostra promossa dal Comune di Treviso con Civita Tre Venezie
e Intesa Sanpaolo
fino al 31 maggio
orario 9-18, sabato e domenica 10-19, lunedì chiuso
catalogo Marsilio Editori
www.mostranaturainposa.it

ART E DOSSIER N. 373
ART E DOSSIER N. 373
FEBBRAIO 2020
In questo numero: ART BRUT, ORDINE E CAOS. L'editoriale di Philippe Daverio. La Biennale di Art Brut a Losanna. In volume L'opera omnia di Ligabue. L'ARCHITETTO UMANISTA. Il centenario di Leonardo Ricci. ANIMALI SAPIENTI. Parodia e satira nel Medioevo. IN MOSTRA: Steeve McQueen a Londra. Arte italiana a Mänttä. Anni Venti a Genova. Collezione Thannhauser a Milano. Natura in posa a Treviso.Direttore: Philippe Daverio