Grandi mostre. 3 
I ritratti di Gauguin a Londra

L’ARTISTA
ALLO SPECCHIO

Dedicata ai ritratti, l’esposizione alla National Gallery dimostra la rivoluzione del genere compiuta da Gauguin. Scardinando le regole della ritrattistica occidentale, l’artista francese - passando dalla pittura alla scultura, dall’incisione al disegno - ha avviato una personale ricerca volta a rivelare non tanto l’identità del soggetto quanto emozioni e sensazioni personali, riflessi dell’umanità e del proprio sé.

Costanza Rinaldi

Questa storia inizia in Canada, a Ottawa, nelle sale della National Gallery, ma racconta di un piccolo villaggio in Bretagna e guarda sia all’isola di Tahiti che alle gallerie d’arte di Parigi. È nella capitale dell’Ontario, infatti, che è custodito uno straordinario busto in legno del pittore olandese Meijer de Haan, realizzato da Paul Gauguin nel 1889, ed è proprio da quest’opera che il viaggio attraverso la sua affascinante produzione ritrattistica inizia, per finire nelle sale di un’altra National Gallery, quella di Londra, grazie al supporto del Credit Suisse. La mostra The Credit Suisse Exhibition: Gauguin Portraits, visitabile fino al 26 gennaio, prima occasione interamente dedicata ai ritratti, rivela quanto Gauguin - famoso per i suoi dipinti raffiguranti la Polinesia francese - abbia rivoluzionato profondamente questo genere. Grazie infatti alla curatela di Cornelia Homburg, specialista dell’arte di fine Ottocento, e Christopher Riopelle, curatore della sezione “Neil Westreich”, dipinti post 1800 della stessa National Gallery, passeggiando nelle sale dell’esposizione è possibile osservare con un nuovo sguardo un artista la cui opera è nota e allo stesso tempo continua a generare interesse e ricerca. «I ritratti di Gauguin offrono affascinanti rappresentazioni della gente che lui ha incontrato o immaginato.

Egli ha deliberatamente rotto la tradizionale funzione del genere ignorando l’identità o l’ambiente sociale dei suoi soggetti», scrivono i due curatori nel catalogo. «Spesso i suoi ritratti sono più un riflesso di se stesso e del suo personale rapporto psicologico con i modelli che una rappresentazione dei modelli stessi. Piuttosto che fare ritratti seguendo le convenzioni stabilite dalla storia dell’arte, Gauguin ha cercato di introdurre contenuti simbolici che portassero l’immagine verso nuovi livelli di significato».


Assumendo di volta in volta personalità diverse, queste opere danno la possibilità a Paul Gauguin di reinventarsi costantemente


L’approccio all’arte di Gauguin, sicuramente multidisciplinare - l’artista passa dalla pittura al disegno, all’incisione, alla scultura, alla ceramica e alla scrittura con la stessa padronanza - consente di ottenere una chiave interpretativa per comprendere più profondamente il suo pensiero e la sua continua ricerca di nuove forme di espressività. Un gruppo di autoritratti, nella mostra londinese, evidenzia proprio come Gauguin abbia creato una serie di autorappresentazioni - nel Cristo nell’Orto degli ulivi (1889, West Palm Beach, Norton Museum of Art), per esempio - per dar voce a questa sua personale esigenza.


Cristo nell’Orto degli ulivi (1889), West Palm Beach, Norton Museum of Art.

Giovane donna bretone (1889);

L’esposizione raccoglie circa cinquanta opere dalla metà dalla metà degli anni Ottanta dell’Ottocento alla sua morte nel 1903: dipinti, sculture, stampe e disegni provenienti da collezioni pubbliche e private di tutto il mondo, raramente viste insieme. Un’immersione completa e ben strutturata nel fare artistico di una delle menti forse più rivoluzionarie della storia dell’arte. Per meglio conoscere e approfondire la personalità dell’artista, la prima sala della mostra è dedicata agli autoritratti, molto numerosi nella produzione di Gauguin. Trasformandosi nel soggetto principale e assumendo di volta in volta personalità diverse, queste opere danno la possibilità all’artista di reinventarsi costantemente. Spicca nella stessa sala un vaso antropomorfo in arenaria smaltata (1889, Parigi, Musée d’Orsay). La seconda sala porta subito il visitatore in Bretagna, regione francese nella quale il pittore passò lunghi periodi, tra 1884 e 1891, e dove, nel remoto villaggio di Le Pouldu, decise di cambiare radicalmente la sua vita: da agente di cambio parigino a figura principale della colonia di artisti che aveva scelto di stabilirsi in quel luogo.

In dipinti come Ritratto di Moréas (1890- 1891) e Giovane donna bretone (1889) - entrambi di collezione privata - è possibile notare come Gauguin stesse già iniziando a spingere i confini del ritratto oltre la tradizione, evitando le consuete convenzioni di somiglianza, adulazione e coerenza di tempo e spazio.

Busto di Meijer de Haan (1889), Ottawa, National Gallery of Canada.


Tehura (Teha’amana) (1891-1893), Parigi, Musée d’Orsay.

Gauguin enfatizza modelli e colori a piatto, forme naturali stilizzate e l’espressione dei sentimenti

Le difficili relazioni di Gauguin con gli altri artisti vengono esplorate invece nella terza sala, con particolare riferimento a due amici chiave che rimasero tra i suoi soggetti preferiti per il resto della vita: Vincent van Gogh e Meijer de Haan. La quarta sala invece è un diario del primo viaggio tahitiano compiuto tra il 1891 e il 1893 e dimostra come il pittore cercasse una via di fuga dalla civiltà a lui contemporanea, mantenendo però sempre un occhio rivolto alla Francia. Questa sala raccoglie anche i suoi continui esperimenti su diversi materiali, dove risultano chiari i riferimenti all’arte indigena tahitiana in opere come Tehura (Teha’amana), in legno (1891-1893, Parigi, Musée d’Orsay), e Arii Matamoe (La morte del re) (1892, Los Angeles, J. Paul Getty Museum).
Proseguendo nella mostra e nella vita di Gauguin, si torna a Parigi, in Bretagna e poi ancora a Tahiti (1893- 1895). In un ritratto realizzato in Bretagna, Giovane ragazza cristiana (1894, Williamstown, Massachusetts, Clark Art Institute) viene mostrata una giovane bretone in preghiera con indosso un abito missionario tahitiano, mentre nell’Autoritratto (1893-1894, Parigi, Musée d’Orsay), sullo sfondo appare appeso il dipinto Lo spirito dei morti veglia.
Nella sesta sala è raccolta una selezione di ritratti in cui sono raffigurati oggetti simbolici, spesso disposti in nature morte, a rappresentare i soggetti assenti, come Natura morta con La speranza (1901, collezione privata). Infine, l’ultima sala della mostra è dedicata ai ritratti realizzati negli ultimi anni tra cui risaltano Père Paillard (1902, Washington, National Gallery of Art), vescovo in Polinesia qui rappresentato come un diavolo lascivo, e il suo ultimo Autoritratto (1903, Basilea, Kunstmuseum Basel), a conclusione del percoso espositivo, forse il più semplice e diretto di tutti, probabilmente realizzato poco prima della fine della sua vita, a cinquantacinque anni.
Scegliendo di allontanarsi decisamente dall’impressionismo (tanto da deridere Van Gogh per la sua scelta di dipingere all’aria aperta), Paul Gauguin diventa uno dei più importanti pittori modernisti impegnati nel nuovo movimento artistico del sintetismo, che enfatizza modelli e colori a piatto, forme naturali stilizzate e l’espressione dei sentimenti dell’artista riguardo al soggetto. Le sue sperimentazioni e interpretazioni artistiche, così come il suo uso del colore, sempre così intenso, e il suo interesse per culture remote, lontane dall’Occidente, avranno un’influenza decisiva sugli artisti attivi tra la fine del XIX e il XX secolo, tra i quali Matisse e Picasso. E come ha sottolineato Riopelle: «Gauguin comprese quanto l’arte moderna fosse espressione profonda della personalità individuale, idiosincratica, e si rese conto che il ritratto doveva servire da portale per mondi interiori ricchi e contraddittori. Che abbia trovato il vocabolario stilistico per evocare questa complessità è il marchio del suo genio».


Autoritratto (1903), Basilea, Kunstmuseum Basel.

Arii Matamoe (La morte del re) (1892), Los Angeles, J. Paul Getty Museum.


Lo spirito dei morti veglia (1894), disegno, Ottawa, National Gallery of Canada.

The Credit Suisse Exhibition: Gauguin Portraits

Londra, National Gallery
a cura di Cornelia Homburg e Christopher Riopelle
fino al 26 gennaio
orario 10-18, venerdì 10-21
catalogo National Gallery of Canada
www.nationalgallery.org.uk

ART E DOSSIER N. 372
ART E DOSSIER N. 372
GENNAIO 2020
In questo numero: VALLOTTON Il lato ombroso dei Nabis; RESTAURI Doppio Angelico a Firenze; IMPRESSIONISTI DISPERSI Il Monet parmigiano, I Cézanne fiorentini; IN MOSTRA: Boltanski a Parigi. Medardo Rosso a Roma. Gauguin a Londra. La Mellon Collection a Padova. Valadier a Roma. Direttore: Philippe Daverio