L'oggetto misterioso


IN FONDO AL MARE…
CON UN GATTO E UN GALLO

di Gloria Fossi

Il carisma di Alessandro Magno resiste immutato da oltre duemila anni.
La storia si è nutrita anche di vicende fantasiose. Fra le tante, la sua discesa negli abissi marini. Fu solo leggenda?

Impavido, determinato, colto, Alessandro Magno rivive da sempre attraverso una letteratura sterminata. Quella veridica, degli studiosi, e quella leggendaria, non meno attraente. Nel bel libro appena uscito della storica Franca Landucci(1), leggiamo un brano di Arriano, testimone della morte di Alessandro, nel 323 a.C.: «Regnò dodici anni e otto mesi, era di corpo bellissimo e amante delle fatiche, acuto di mente e coraggioso, amante della gloria e dei pericoli […]. Di piaceri del corpo padrone, di quelli della mente solo della gloria era insaziabile». Al di là delle leggende, il mito di Alessandro è destinato a non tramontare.
Guidò per dieci anni un esercito gigantesco, governò su due milioni di miglia quadrate. Il suo impero andava dall’Egitto all’India, dal Mediterraneo all’oceano Indiano. Conquistò, distrusse e ricostruì città mitiche.
Ne fondò di nuove, a decine. Le battezzò col proprio nome, oppure con quello del fiero cavallo Bucefalo (come Alessandria Bucefala, oggi Jhelum). Guidò e incoraggiò un esercito senz’acqua né viveri attraverso regioni aride come il Makran (oggi Belucistan, in Pakistan) dove perse decine di migliaia di uomini; valicò monti, si tuffò in acque gelide. Talora pietoso con i vinti, talaltra insensibile, vendicativo, sterminatore. Gli storici si dividono fra chi lo esalta quasi incondizionatamente, e chi ne rimarca il desiderio di conquista troppo forte, quella sete di gloria, segnalata anche da Arriano, che lo portò all’insensibilità per la vita altrui, al pari della propria.

Alessandro morì comunque indomato, per un’improvvisa e fulminante malattia. Fatalità vuole che ciò accadesse nella città più mitica della storia, Babilonia. Le sue vicende non terminarono. Il suo carisma non morì con lui. Niente della sua vita aveva mostrato caratteri di normalità, figurarsi dopo la morte. Per tutti, anche i detrattori, è stato il più grande conquistatore della storia. Alla Storia, quella vera, si mescolò, fin da subito, la leggenda.
Anzi, le leggende: popoli senza testa, perle gigantesche contenute nei carapaci di enormi granchi, in grado di trascinare gli uomini in mare; pesci che nell’acqua gelata si cuociono da soli, o che nel ventre serbano pietre brillanti come torce; astronavi che solcano il cielo, guidate da grifi, terre senza sole, né luna né stelle. Una letteratura fantastica e ammaliante, paragonabile a poche altre del genere fiabesco. Niente a che vedere con la poesia di Omero, ovvio, ma il fascino del Romanzo d’Alessandro è indiscusso.
Questo testo, nel quale vedo qualche assonanza con l’epopea sumerica di Gilgameš, anch’essa giunta in versioni diverse, nasce in greco fra III e II secolo a.C. I manoscritti frammentari superstiti, da quello derivati, risalgono all’incirca a sei secoli dopo, e si diffusero ovunque: tradotti, amplificati, trasformati, in prosa o in metrica. Mai sopito, il mito rinverdì nel Medioevo. Ne attinsero Alexandre de Bernay, Brunetto Latini, Dante, Chaucer. Su queste favole la storia dell’arte ha dato il suo contributo, fra i primi Aby Warburg(2). Oggi, vale la pena consultare le aggiornate edizioni critiche del romanzo, con il testo in lingua originale a fronte(3). Fra le più curiose favole che vi si leggono, c’è quella del sottomarino, illustrata in diverse miniature medievali, con gustosi particolari. Giunto in Gedrosia, bagnata dall’oceano Indiano, Alessandro Magno volle scendere negli abissi in una campana di vetro racchiusa in una gabbia di ferro. Attraverso un piccolo foro sul fondo, chiuso dall’interno ma apribile, avrebbe voluto afferrare, con la mano, la sabbia di quel mare profondissimo. La campana di vetro fu calata in mare, con una catena lunga duecento cubiti (circa ottantotto metri). A cinquanta metri di profondità, un grosso pesce la urtò con la coda, e chi assisteva sulla barca, vedendo scossa la catena, pensò di tirarlo su subito. Successe per due volte e per due volte Alessandro si fece ricalare giù, fin quando un pesce enorme (una balena?) prese in bocca la gabbia, la riportò a un miglio di distanza dalle barche, poi trascinò anche quelle, e infine squassò a morsi la gabbia e la scagliò sulla terraferma. Alessandro uscì malconcio, ma vivo. Non prese la sabbia, ma aveva visto moltitudini di pesci che gli giravano attorno. Pare che gli fosse bastata. Questa una delle versioni più antiche. In un’altra Alessandro sarebbe sceso nelle profondità marine con un gallo e un gatto. In quella del normanno De Bernay si dice che la campana era stata costruita da abili vetrai, capaci d’incurvare il vetro senza romperlo, e che all’interno era illuminata da lampade che sfavillavano allegramente.
Alessandro osservò pesci grossi che divorano i piccoli, come si vede in una miniatura medievale. Fu colpito: in mare come in terra – osservò – ci sono forte ingiustizie. C’è chi ha ipotizzato che la campana fosse uno scafandro, dato che durante l’assedio di Tiro alcuni sommozzatori di Alessandro sarebbero andati sott’acqua a rimuovere ostacoli. Stoneman(4) rimarca che un modello di scafandro compare in un manoscritto arabo dell’XI secolo, ma il principio che avrebbe permesso ad Alessandro di respirare sott’acqua entro una campana somiglia casomai a un marchingegno inventato da Roger Bacon nel 1250. Anche Leonardo studiò poi un apparecchio stagno per immersioni subacquee.
Nessuno di loro ne costruì mai uno, ciò che avvenne solo nel XVII secolo. Molta leggenda, dunque e un poco di scienza. La formula “pneumatica” di Erone, per immergere un corpo sott’acqua, risale al I secolo d.C.


Alessandro Magno, nella campana di vetro a forma di botte, viene calato in mare, fra pesci grandi che divorano i più piccoli, da una miniatura che illustra Li romans du bon roi Alixandre (1330-1340 circa), Oxford, Bodleian Library, ms. 264, f. 50r.

(1) F. Landucci, Alessandro Magno, Roma 2019.

(2) A. Warburg, Aeronave e sommergibile nell’immaginazione medievale (1913) in La rinascita del paganesimo antico, Firenze 1966, pp. 273-282. Più di recente, Barbara Blythe, Medieval and Renaissance Italian Receptions of the Alexander Romance Tradition, Leida 2018.

(3) Il Romanzo di Alessandro Magno, 2 voll., ed. a cura di R. Stoneman, T. Gargiulo, Milano 2007; A. de Bernay (XII secolo), Il Romanzo di Alessandro, ed. a cura di M. Infurna, M. Mancini, Milano 2014. 

(4) R. Stoneman, in Il Romanzo di Alessandro, cit., vol. II, p. 437.

ART E DOSSIER N. 371
ART E DOSSIER N. 371
DICEMBRE 2019
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