A narrarci la storia di un mondo che cambia, più attento ai sentimenti e alla natura, in mostra troviamo Le scene della vita di Cristo, pala attribuita a un pittore romano del XIII secolo, e la Madonna col Bambino del Maestro della Maddalena. Se l’arte bizantina è ancora presente, la gestualità delle otto immagini del dossale richiama aspetti teatrali e un’attenzione più dettagliata per l’uomo, così come la Maestà del Maestro della Maddalena trasuda un’indulgenza tutta nuova, con il Bambino che gioca con il velo della madre, mentre lei appena trattiene la sua vivacità accarezzandogli un piedino.
Il Quattrocento è comunque il “cuore” della collezione Alana. Figure illustri come Paolo Uccello, Luca Signorelli e Lorenzo Monaco si affiancano ad altre meno conosciute nell’illustrare lo splendore economico della Firenze del XV secolo in cui potenti famiglie di mercanti e congregazioni religiose “sponsorizzavano” l’arte, promuovendo la creatività di pittori e scultori. «Obiettivo principale della raccolta è la ricostruzione di un panorama che include le molteplici tendenze della pittura italiana», scrive nel catalogo Sonia Chiodo, docente all’Università di Firenze. «I nomi celebri si alternano senza imbarazzo con quelli noti soltanto nella ristretta cerchia degli specialisti».
È una collezione, quella di Álvaro e Ana, frutto di una passione che in vent’anni non si è mai spenta e di una ricerca in continua evoluzione. «So che si possono fare maggiori guadagni con l’arte contemporanea, ma io non ho fatto tutto questo per denaro», afferma lui. «Semplicemente colleziono ciò che mi piace e se sul mercato trovo un quadro eccezionale, lo compro, si tratti o meno di un artista di primo piano». Non sempre, però, ha fatto tutto da solo. Il professor Miklós Boskovits, storico dell’arte del Kunsthistorisches Institut di Firenze scomparso nel 2011, è stato a lungo il suo esperto consigliere. E con il passare degli anni Álvaro Saieh ha unito molte altre qualità a un fiuto innegabile. «Non procede per accumulazione, ma cerca la più alta qualità delle opere», dice di lui Pierre Curie, co-curatore della mostra e conservatore del Musée Jacquemart-André. «Ha una solida conoscenza dei dipinti, si appassiona alle attribuzioni e dà una grande importanza alla loro provenienza».
Forse anche per questo ha scelto il piccolo altare portatile, attribuito al Franciabigio, comprato a un’asta internazionale e appartenuto al cardinale Carlo Borromeo. «Il trittico fu realizzato a Firenze, si può chiudere come un libro ed è dipinto su entrambi i lati, formando un doppio altare», spiega Carlo Falciani, curatore e ideatore dell’esposizione, docente all’Accademia fiorentina delle Belle arti. Nelle due facce del pannello centrale si raccontano da una parte la Natività e dall’altra la Passione di Cristo, mentre nelle cerniere che fissano i pannelli laterali, dipinti ugualmente su entrambi i lati, erano contenute delle reliquie. «Questo piccolo altare è la testimonianza dell’importanza che la preghiera e la spiritualità avevano assunto a Firenze nei decenni successivi alla morte del Savonarola, il frate domenicano predicatore e riformatore che tra il 1494 e il 1498 aveva instaurato una dittatura teocratica», spiega ancora Falciani.
Franciabigio è certamente uno dei principali manieristi, ma prima di lui, nella mostra in corso al Jacquemart- André, incontriamo Filippo Lippi con un tormentato San Giovanni evangelista che subisce l’influenza di Masaccio, mentre la Madonna col Bambino di Paolo Uccello dialoga – sostengono i critici – con lo stile del Beato Angelico. La storia di Caio Marco Coriolano, soldato romano condannato all’esilio e passato al nemico, è descritta dal fratello di Masaccio, detto lo Scheggia, nella parte anteriore di una cassapanca, a dimostrazione dell’interesse della borghesia fiorentina dell’epoca per la storia antica. Cavalli, lance e fortificazioni ci riconducono immediatamente alle narrazioni di Paolo Uccello. Con Botticelli e Filippo Lippi si confrontano invece le deliziose armonie del “tondo” di Jacopo del Sellaio, in cui la Madonna dell’umiltà col Bambino Gesù, san Giovanni Battista e due angeli si mostrano in un giardino tra fiori e ghirlande. Questa è dunque Firenze nel XV-XVI secolo: un crogiolo di genialità espressive, un amalgamarsi di linguaggi che si fondono in un circolo virtuoso da cui nascono continuamente nuove intensità artistiche. Impressionante è il vigore del San Cosma del Bronzino, che doveva decorare la cappella di Eleonora di Toledo, moglie di Cosimo I de’ Medici, a Palazzo vecchio. Dipinto scomparso, poi ritrovato in Spagna e infine approdato alla collezione Alana.