Grandi mostre. 8 
La collezione Alana a Parigi


UN TESORODISVELATO


Una passione nata con l’arte moderna e proseguita con l’arte antica italiana è l’esperienza dell’imprenditore cileno Álvaro Saieh, fondatore, insieme alla moglie Ana Guzmán, della raccolta “Alana”, dalla fusione dei loro nomi. Cuore della collezione, per la prima volta visibile al Musée Jacquemart-André, il Quattrocento con esponenti come Paolo Uccello, Luca Signorelli e Lorenzo Monaco.


Valeria Caldelli

Cominciò tutto con il sorriso tenero di una Madonna del Sassoferrato (1609-1685). Álvaro Saieh, uomo d’affari cileno, economista e accademico, ne restò affascinato quando la vide a un’asta di Christie’s. L’ingresso nella sua casa di quella Vergine in preghiera del maestro marchigiano segnò un punto di non ritorno. E la raccolta di opere moderne intrapresa anni prima dall’imprenditore cileno lasciò il posto a una nuova passione, quella per l’arte antica italiana. Così è nata la collezione Alana, il cui nome unisce quelli dei suoi fondatori, Álvaro Saieh e la moglie Ana Guzmán. Centinaia di opere mai esposte al pubblico, un “tesoro” in cui si incontrano Carpaccio e Tintoretto, Beato Angelico e Francesco Traini, Veronese e Vivarini. Per la prima volta dall’inizio della raccolta, settantacinque di questi capolavori hanno lasciato gli Stati Uniti, dove vengono conservati, e sono tornati nel Vecchio continente. Il Musée Jacquemart-André li ha accolti a Parigi dove sono adesso esposti nelle stanze al primo piano del bel palazzo in boulevard Haussmann.
D’altra parte anche Edouard André e Nélie Jacquemart, fondatori del museo parigino, avevano dato vita a una collezione, oggi visitabile, dedicata all’arte italiana. Forse è proprio per una forte affinità con la coppia ottocentesca, come anche per gli spazi “intimi” offerti da quell’“hôtel particulier”, un tempo dimora della famiglia francese, che i coniugi Saieh-Guzmán hanno accettato di aprire al pubblico una delle più preziose e segrete collezioni private. Se fu infatti la Madonna del Sassoferrato a far scattare la scintilla, la collezione ha poi affrontato e documentato i diversi linguaggi pittorici italiani, sia sul piano geografico che storico. E i “fondi oro” dei primitivi con la loro eredità bizantina che va lentamente trasformandosi secondo le tracce dei due grandi innovatori del Trecento, Giotto e Duccio, sono alla radice della raccolta.


Le opere riprodotte in questo articolo fanno parte della collezione Alana.


Agnolo Bronzino, San Cosma (1543-1545).

La Firenze del Quattrocento: un amalgamarsi di linguaggi che si fondono in un circolo virtuoso


A narrarci la storia di un mondo che cambia, più attento ai sentimenti e alla natura, in mostra troviamo Le scene della vita di Cristo, pala attribuita a un pittore romano del XIII secolo, e la Madonna col Bambino del Maestro della Maddalena. Se l’arte bizantina è ancora presente, la gestualità delle otto immagini del dossale richiama aspetti teatrali e un’attenzione più dettagliata per l’uomo, così come la Maestà del Maestro della Maddalena trasuda un’indulgenza tutta nuova, con il Bambino che gioca con il velo della madre, mentre lei appena trattiene la sua vivacità accarezzandogli un piedino.
Il Quattrocento è comunque il “cuore” della collezione Alana. Figure illustri come Paolo Uccello, Luca Signorelli e Lorenzo Monaco si affiancano ad altre meno conosciute nell’illustrare lo splendore economico della Firenze del XV secolo in cui potenti famiglie di mercanti e congregazioni religiose “sponsorizzavano” l’arte, promuovendo la creatività di pittori e scultori. «Obiettivo principale della raccolta è la ricostruzione di un panorama che include le molteplici tendenze della pittura italiana», scrive nel catalogo Sonia Chiodo, docente all’Università di Firenze. «I nomi celebri si alternano senza imbarazzo con quelli noti soltanto nella ristretta cerchia degli specialisti».
È una collezione, quella di Álvaro e Ana, frutto di una passione che in vent’anni non si è mai spenta e di una ricerca in continua evoluzione. «So che si possono fare maggiori guadagni con l’arte contemporanea, ma io non ho fatto tutto questo per denaro», afferma lui. «Semplicemente colleziono ciò che mi piace e se sul mercato trovo un quadro eccezionale, lo compro, si tratti o meno di un artista di primo piano». Non sempre, però, ha fatto tutto da solo. Il professor Miklós Boskovits, storico dell’arte del Kunsthistorisches Institut di Firenze scomparso nel 2011, è stato a lungo il suo esperto consigliere. E con il passare degli anni Álvaro Saieh ha unito molte altre qualità a un fiuto innegabile. «Non procede per accumulazione, ma cerca la più alta qualità delle opere», dice di lui Pierre Curie, co-curatore della mostra e conservatore del Musée Jacquemart-André. «Ha una solida conoscenza dei dipinti, si appassiona alle attribuzioni e dà una grande importanza alla loro provenienza».
Forse anche per questo ha scelto il piccolo altare portatile, attribuito al Franciabigio, comprato a un’asta internazionale e appartenuto al cardinale Carlo Borromeo. «Il trittico fu realizzato a Firenze, si può chiudere come un libro ed è dipinto su entrambi i lati, formando un doppio altare», spiega Carlo Falciani, curatore e ideatore dell’esposizione, docente all’Accademia fiorentina delle Belle arti. Nelle due facce del pannello centrale si raccontano da una parte la Natività e dall’altra la Passione di Cristo, mentre nelle cerniere che fissano i pannelli laterali, dipinti ugualmente su entrambi i lati, erano contenute delle reliquie. «Questo piccolo altare è la testimonianza dell’importanza che la preghiera e la spiritualità avevano assunto a Firenze nei decenni successivi alla morte del Savonarola, il frate domenicano predicatore e riformatore che tra il 1494 e il 1498 aveva instaurato una dittatura teocratica», spiega ancora Falciani.
Franciabigio è certamente uno dei principali manieristi, ma prima di lui, nella mostra in corso al Jacquemart- André, incontriamo Filippo Lippi con un tormentato San Giovanni evangelista che subisce l’influenza di Masaccio, mentre la Madonna col Bambino di Paolo Uccello dialoga – sostengono i critici – con lo stile del Beato Angelico. La storia di Caio Marco Coriolano, soldato romano condannato all’esilio e passato al nemico, è descritta dal fratello di Masaccio, detto lo Scheggia, nella parte anteriore di una cassapanca, a dimostrazione dell’interesse della borghesia fiorentina dell’epoca per la storia antica. Cavalli, lance e fortificazioni ci riconducono immediatamente alle narrazioni di Paolo Uccello. Con Botticelli e Filippo Lippi si confrontano invece le deliziose armonie del “tondo” di Jacopo del Sellaio, in cui la Madonna dell’umiltà col Bambino Gesù, san Giovanni Battista e due angeli si mostrano in un giardino tra fiori e ghirlande. Questa è dunque Firenze nel XV-XVI secolo: un crogiolo di genialità espressive, un amalgamarsi di linguaggi che si fondono in un circolo virtuoso da cui nascono continuamente nuove intensità artistiche. Impressionante è il vigore del San Cosma del Bronzino, che doveva decorare la cappella di Eleonora di Toledo, moglie di Cosimo I de’ Medici, a Palazzo vecchio. Dipinto scomparso, poi ritrovato in Spagna e infine approdato alla collezione Alana.


Lorenzo Monaco, L’Annunciazione (1420-1424).


Paolo Uccello, Madonna col Bambino (1433-1434).


Filippo Lippi, San Giovanni evangelista (1432-1434).

Un piccolo altare portatile, comprato a un’asta internazionale, appartenuto al cardinale Carlo Borromeo


Il viaggio prosegue verso il Nord e le Venezie, e passa attraverso Giovanni Bellini e i suoi due pannelli dei ladroni Disma e Gesta, al tempo ai lati di una Crocefissione andata ormai perduta, e prosegue fermandosi sullo sguardo fervente di Un santo apostolo, opera attribuita al Crivelli, probabilmente parte della predella di un polittico per ora mai ritrovato. Il gusto della scoperta prende invece le forme del pietoso Cristo morto tra due angeli, dipinto di Vittore Carpaccio destinato alla devozione privata e rimasto sconosciuto fino al 2010, e della movimentata narrazione di una battaglia del Tintoretto, grande opera ancora inedita nel 2016, quando fu messa all’asta a Vienna.
Tutto questo al Jacquemart- André è esposto in ordine cronologico, tranne che nella prima sala in cui è stata riprodotta una stanza di casa Saieh, con i quadri appesi uno accanto all’altro in una rigorosa costruzione geometrica, secondo il gusto classico. Un modo per evocare l’atmosfera dell’appartamento, «perché», spiega Pierre Curie, «una raccolta non si realizza soltanto collezionando opere, ma anche scegliendo come disporle».
Non si può sapere cosa ci sarà nel futuro della collezione Alana, ma la strada sembra indirizzarsi intorno a due poli: il caravaggismo e l’Emilia. Con alcune opere secentesche si chiude infatti l’esposizione parigina, due delle quali uscite dalla mano di Orazio Gentileschi, Madonna col Bambino e L’Annunciazione, la prima aperta alla luminosità caravaggesca, la seconda, dove il Bambino scende dal cielo coronato di spine, tratta dall’iconografia medievale più che dallo spirito del XVII secolo.
Di sicuro anche il mercato, supremo signore dei desideri, darà le sue direttive per l’avvenire, ma il testamento spirituale dei fondatori di “Alana” è definitivo: «Spero che il cuore della collezione non venga mai disperso e sia esposto al pubblico in un luogo in cui tutti possano apprezzarlo», auspica Álvaro Saieh. Che subito dopo chiosa: «Una cosa però è sicura: resterò vicino ai miei quadri finché morte non ci separi».


Franciabigio, Altare portatile con reliquie (1510).

Jacopo del Sellaio, Madonna dell’umiltà col Bambino Gesù, san Giovanni Battista e due angeli (1490 circa);


Orazio Gentileschi, Madonna col Bambino (1610-1612).

In breve:

La Collection Alana
Parigi, Musée Jacquemart-André
a cura di Carlo Falciani e Pierre Curie
fino al 20 gennaio 2020
orario 10-18
catalogo Culturespaces e Fonds Mercator
www.musee-jacquemart-andre.com

ART E DOSSIER N. 371
ART E DOSSIER N. 371
DICEMBRE 2019
In questo numero: L'ANNO CHE VERRA'. Le celebrazioni di Raffaello. CURIOSITA' ICONOGRAFICHE. Un occhio ci guarda dal cielo. MAGONZA. Una capitale per molti imperi. IN MOSTRA Training Humans a Milano; Betye Saar a New York; Blake a Londra; Da Artemisia a Hackert a Caserta; De Hooch a Delft; Maes all'Aja; Giulio Romano a Mantova; La collezione Alana a Parigi.Direttore: Philippe Daverio