Urbino ospiterà ancora (siamo già bene avanti nella primavera-estate 2020) una mostra che avrà il suo fuoco nella persona di Baldassarre Castiglione, l’amico al quale il pittore ha dedicato il suo ritratto in assoluto più bello, quello celebre del Louvre, mentre un’altra sarà dedicata a Marcantonio Raimondi, divulgatore dei modi stilistici di Raffaello grazie alle sue incisioni, curatrice Anna Cerboni Baiardi.
A Firenze le celebrazioni si concentreranno nel collegamento fra Palazzo vecchio e gli Uffizi, edifici resi, per l’occasione, fra loro comunicanti al pubblico. Da una parte il salone dei Cinquecento dove, negli anni di Raffaello, si confrontarono Michelangelo e Leonardo, elaborando cartoni preparatori che sono stati definiti – la sentenza è di Benvenuto Cellini – «scuola del mondo». Dall’altra parte gli Uffizi dove, insieme a opere e ad autori decisivi per la sua formazione (Fra Bartolomeo, Mariotto Albertinelli, Michelangelo, Leonardo) sono custoditi alcuni dei Raffaello più celebri: i ritratti Doni, la Madonna del cardellino, il Ritratto di Leone X fra i cardinali Giuliano de’ Medici e Luigi de’ Rossi.
Il culmine delle celebrazioni del quinto centenario sarà naturalmente Roma. Non ci sarebbe il Raffaello che conosciamo senza Roma, la città nella quale il pittore trascorse dodici anni della sua breve vita, la città della corte pontificia e della maestà dell’Antico. Raffaello è romano, prima di essere fiorentino e urbinate.
La mostra ammiraglia sarà quella che, curata da Sylvia Ferino, aprirà alle Scuderie del Quirinale nell’aprile del 2020. Aprirà nella sede delle grandi esposizioni della civiltà e della cultura italiane.
Anche il Vaticano celebrerà il centenario con iniziative di grande rilievo. Il novanta per cento della produzione pittorica di Raffaello si conserva in Vaticano, fra la Pinacoteca, le Stanze e le Logge. Nell’occasione verrà presentata, dopo il restauro tuttora in corso, la sala di Costantino, l’ultima delle Stanze dove affreschi che simulano arazzi celebrano il trionfo, nella storia, della Chiesa cattolica: Costantino, guidato dalla premonizione della croce, sconfigge il nemico Massenzio, viene battezzato da papa Silvestro, dona Roma al pontefice.
Leone X affidò il progetto pittorico a Raffaello che incominciò a lavorarci – dice Paolo Giovio – nella primavera del 1519. L’anno dopo Raffaello muore e l’incarico passa a Giulio Romano e a Gianfrancesco Penni in quanto possessori del progetto esecutivo. Alla morte di Leone X, nel 1521, i lavori erano arrivati a più della metà. Dopo una interruzione durante il pontificato di Adriano VI (1522- 1523) il cantiere tornò in piena attività quando salì sul trono di Pietro un altro papa Medici, Clemente VII. Noi sappiamo che Raffaello fornì il progetto iconografico dell’intera sala e che suoi sono i disegni per l’Allocuzione di Costantino alle truppe e della Battaglia di ponte Milvio. A tradurre i disegni in pittura sono stati gli allievi di Raffaello e, con un ruolo determinante, il più dotato di tutti, Giulio Pippi detto Giulio Romano.
L’incontro fra il genio di Raffaello e il talento estroso di Giulio fa sì che le pareti che ospitano le due scene siano capolavori di pittura fra i più strepitosi e affascinanti del Rinascimento italiano. Sarà emozionante per i visitatori, e di fondamentale importanza per gli studiosi, vedere la sala di Costantino restaurata, valutandola anche in relazione alla mostra su Giulio Romano attualmente aperta (fino al 6 gennaio 2020) in Palazzo ducale a Mantova.
Le celebrazioni raffaellesche in Vaticano prevedono anche l’esposizione, in Cappella sistina, di alcuni dei celebri arazzi che il maestro urbinate progettò in cartone per la cappella “magna” della Chiesa cattolica e che Pieter van Aelst mise in tessuto a Bruxelles.