Grandi mostre. 6 
Giulio Romano a Mantova


IL CORPOE I SUOI PIACERI


Giocare con la bellezza fisica, la sensualità, senza veli e inibizioni, è quanto osserviamo nelle opere di artisti che, come Giulio Romano, nella prima metà del Cinquecento, si sono cimentati nella realizzazione di immagini erotiche, riprodotte in opere che spaziano da dipinti a disegni, da sculture ad affreschi.


Barbara Furlotti,
Guido Rebecchini

L'arte del Rinascimento italiano non fu soltanto ricerca di forme monumentali e idealizzate, ma anche esaltazione della sensualità e del piacere. La mostra Giulio Romano. Arte e desiderio, a cura di Barbara Furlotti, Guido Rebecchini e Linda Wolk-Simon, aperta sino al 6 gennaio 2020 a palazzo Te di Mantova, esplora proprio questo aspetto decisamente laico della cultura artistica della prima metà del Cinquecento.
All’origine dell’interesse di Giulio Romano per l’immaginario erotico ci furono innanzitutto la riscoperta della statuaria antica – in mostra rappresentata da una Venere già di proprietà dell’artista, da alcune tessere trionfali romane e da un rilievo proveniente da Pompei – e l’insegnamento di Raffaello.
Giulio investigò i temi della bellezza fisica e del piacere in particolare in due cantieri romani affidati alla bottega del maestro, ovvero nella Stufetta del cardinale Bernardo Dovizi da Bibbiena (1516) e nella loggia della villa Farnesina (1518), alle cui decorazioni la mostra dedica una sezione. Di poco successiva e strettamente correlata a questi cantieri fu la pubblicazione dei Modi, una serie di immagini pornografiche disegnate da Giulio Romano intorno al 1524, incise da Marcantonio Raimondi, e infine corredate dai sonetti osceni di Pietro Aretino. Malgrado la censura papale abbia cercato di obliterare l’impresa ordinando la distruzione delle lastre e delle impressioni originali, i Modi ispirarono vari artisti del tempo, da pittori come Parmigianino a ceramisti come Xanto Avelli. Sempre intorno agli stessi anni, Giulio Romano realizzò due opere erotiche di grande fascino: il ritratto a mezzo busto di una cortigiana, in cui la bellezza ideale della Fornarina di Raffaello viene declinata in chiave tutta terrena, e i Due amanti dell’Ermitage, perno narrativo della mostra.
Trasferitosi alla corte di Mantova nel 1524 su invito di Federico II Gonzaga, Giulio Romano prese saldamente le redini della cultura artistica locale. Palazzo Te, realizzato tra il 1526 e il 1534, fu tra le prime – e sicuramente una delle più impegnative – commissioni affidategli dal signore di Mantova.

Palazzo Te è il luogo dove Giulio Romano diede sfogo alla sua fantasia sovversiva


Di poco discosta dal centro cittadino, la dimora storica era dedicata al riposo e agli incontri diplomatici, era meta di spedizioni di caccia e di ricevimenti ufficiali. Qui Giulio diede sfogo alla sua fantasia sovversiva. Libertà e giocosità sono infatti i principi fondativi dell’intero palazzo: l’edificio non ha un centro ben definito e spiazza il visitatore; gli ordini architettonici sono costantemente contraddetti da elementi di instabilità; la varietà delle decorazioni in termini di soluzioni, materiali e soggetti crea un continuo senso di meraviglia.
Il palazzo è un laboratorio dove l’artista sperimenta nuove soluzioni, come nella sala dei Giganti, una realtà immersiva “ante litteram”, o nella scena del banchetto della camera di Amore e Psiche, dove Giulio mise a fuoco uno degli affreschi più liberi e gioiosi del Rinascimento.
Dopo la sfortunata impresa dei Modi, sono le divinità dell’Olimpo a cui spetta il compito di rappresentare le voglie assolutamente terrene di uomini e donne del tempo.
La mitologia diventa insomma un pretesto per mettere in scena incontri amorosi, come suggeriscono alcune opere in mostra: la serie di incisioni Gli amori degli dei, il preziosissimo disegno preparatorio con Giove e Giunone e il rarissimo cartone con Giove e Danae per la serie di arazzi dei Furti di Giove, o lo sfavillante arazzo con la Storia di Mercurio ed Erse, eccezionalmente concesso in prestito dal Metropolitan Museum of Art di New York. Anche Michelangelo si misurò con il successo del genere erotico e realizzò una grande Leda con il cigno per Alfonso I d’Este, duca di Ferrara e zio di Federico II Gonzaga. Del dipinto, che fu bruciato a causa del soggetto sconveniente, si conserva un monumentale disegno attribuito a Rosso Fiorentino, che dialoga in mostra con la splendida Danae di Correggio, un altro grande pittore dell’epoca che «lavorò molte cose» per il duca di Mantova.


Banchetto nuziale (1527-1530 circa), particolare, Mantova, palazzo Te, camera di Amore e Psiche.

Giulio Romano si spense a Mantova nel 1546. Anche questa breve ma intensa stagione in cui il corpo e i suoi piaceri avevano ricevuto piena dignità artistica si chiuse bruscamente intorno alla metà del secolo. Nuove istanze religiose imposero un maggiore controllo sul carattere e i soggetti delle opere d’arte, ponendo sanzioni e divieti nel nome del decoro. Si ristabiliva così un’idea di arte come strumento educativo piuttosto che arte come fonte di piacere per gli occhi, come era stata per Giulio Romano.


copia da Raffaello, Amore e Psiche (1540 circa?), Vienna, Albertina.


Venere e Adone (1516), Vienna, Albertina;

In breve:

Giulio Romano. Arte e desiderio
Mantova, palazzo Te
a cura di Barbara Furlotti, Guido Rebecchini e Linda Wolk-Simon
fino al 6 gennaio 2020
orario 9-18.30, lunedì 13-18.30, chiuso 25 dicembre
catalogo Electa
www.giulioromanomantova.it

ART E DOSSIER N. 371
ART E DOSSIER N. 371
DICEMBRE 2019
In questo numero: L'ANNO CHE VERRA'. Le celebrazioni di Raffaello. CURIOSITA' ICONOGRAFICHE. Un occhio ci guarda dal cielo. MAGONZA. Una capitale per molti imperi. IN MOSTRA Training Humans a Milano; Betye Saar a New York; Blake a Londra; Da Artemisia a Hackert a Caserta; De Hooch a Delft; Maes all'Aja; Giulio Romano a Mantova; La collezione Alana a Parigi.Direttore: Philippe Daverio