Grandi mostre. 5
Gli Aztechi a Stoccarda

TRACCE DI UN IMPERO
CANCELLATO

Negli anni in cui ricorre il quinto centenario della conquista dell’impero azteco, civiltà celebrata con una grande esposizione al Linden-Museum, nascono nuovi spunti di riflessione su una cultura in cui l’arte giocò un ruolo fondamentale.


Antonio Aimi

Dal 12 ottobre 2019 al 3 maggio 2020 si svolge al Linden-Museum di Stoccarda la mostra Azteken. L’iniziativa è la più grande manifestazione organizzata in occasione del quinto centenario della conquista del Messico, che cade proprio in questi anni, dato che, com’ è noto, Cortés entrò a Tenochtitlan, la capitale dell’impero azteco, l’8 novembre 1519 e la conquistò il 13 agosto 1521.

La ricorrenza in Messico ha dato lo spunto per una serie di riflessioni sulla Conquista e, indirettamente, sulla stessa identità del paese, che si fonda sul meticciato.

Queste riflessioni sono state innescate da alcune dichiarazioni del presidente del Messico Andrés Manuel López Obrador, che nella primavera di quest’anno ha fatto sapere di aver inviato una lettera al re di Spagna e al papa in cui chiedeva che si scusassero per le atrocità della Conquista. Pur essendo già state date in casi analoghi, sorprendentemente le scuse non sono arrivate.

In compenso, sulla stampa messicana si è sviluppato un interessante dibattito sulla figura di Cortés, che alcuni, cercando di sfatare la cosiddetta “leyenda negra”, hanno cercato di presentare come un uomo del Rinascimento, che aveva l’intenzione di creare un dominio meticcio.

Seguendo il giudizio dello scrittore Henry Moore, si tende a riconoscere che la scultura in pietra azteca è tra le migliori del mondo


Sulla prima rivisitazione del “conquistador” si può solo dire che chi la sostiene ha visto Firenze e il Rinascimento solo in cartolina. Più complessa, invece, è la questione di quale società Cortés volesse costruire. Da un lato è corretto mettere in rilievo che aveva un grande “esprit anthropologique” di alcuni secoli in anticipo sui tempi, dall’altro si deve ricordare che un certo tipo di meticciato era nella logica delle cose del Primo Periodo Coloniale, dove poche migliaia di persone, in gran parte uomini, si trovavano al vertice di una società di milioni di persone.


Testa d’aquila, Bruxelles Musées Royaux d’Art et d’Histoire.

Quello che è certo è che con la Conquista la cultura azteca fu totalmente azzerata, con buona pace di coloro che, soffermandosi su qualche etnema marginale e desemantizzato o qualche frammento della cultura dei ceti subalterni, sostengono che lo strappo della Conquista si ricompose rapidamente.

Scomparve così una cultura che, a differenza dell’immagine, in parte coltivata dagli stessi Aztechi e poi enfatizzata dai vincitori (questa sì è una vera “leyenda negra” dura a morire), aveva realizzato un impero estremamente tollerante nei confronti delle popolazioni conquistate, che, in cambio di un tributo, erano protette da eventuali vicini ostili e potevano continuare ad autogovernarsi mantenendo la loro lingua e le loro tradizioni. Scomparve, soprattutto, una cultura in cui l’arte aveva un ruolo centrale. Scomparve anche, cosa messa in evidenza dalle più recenti ricerche di genere, una società che riconosceva alle donne, sia a livello ideologico che nella vita quotidiana, condizioni di gran lunga migliori di quelle dell’Europa del Cinquecento.

Certo i sacrifici umani, seguiti spesso dal consumo della carne dei sacrificati, suscitano in noi uomini e donne del XXI secolo una profonda repulsione, ma nel dare questo giudizio non dobbiamo dimenticare che, per ragioni diverse, suscitano in noi profonda repulsione anche i roghi di chi veniva bruciato vivo per interpretazioni eterodosse di alcuni passi della Bibbia. Pertanto, l’esposizione del Linden-Museum è una preziosa occasione per scoprire una cultura di enorme interesse e di grande attualità.

Nel complesso sono presentate oltre duecento opere, provenienti da musei europei e, soprattutto, da musei messicani perché, come ha dichiarato Inés de Castro, la direttrice del Linden, per la realizzazione della mostra è stata essenziale la collaborazione con l’INAH (Instituto Nacional de Antropología e Historia), che ha dato la possibilità di presentare, in alcuni casi, pezzi appena scavati e mai esposti.

«Io», ha dichiarato ad “Art e Dossier” Doris Kurella, conservatrice del Linden, che ha curato la mostra assieme a Martin Berger del Museo di Leida (in effetti la mostra è una coproduzione tra i due musei), «sono orgogliosa di essere riuscita a fornire un quadro completo e articolato dell’impero azteco, mettendo in evidenza le popolazioni che vivevano nel suo territorio, la religione e l’ideologia imperiale. In particolare, sono orgogliosa del fatto che noi siamo riusciti a presentare una visione a tutto tondo della cultura azteca, senza limitarci alla religione o all’arte, come è stato spesso fatto in passato».

Per quanto in una mostra così articolata sia difficile segnalare le opere di maggiore importanza, devono essere messi in primo piano gli scudi decorati con piume riservati ai guerrieri dell’élite.

Si tratta di reperti fascinosi e rarissimi. In tutto il mondo ne sono rimasti quattro, due sono al Landesmuseum Württemberg di Stoccarda, uno al Weltmuseum Wien di Vienna e uno al Museo Nacional de Historia Castillo de Chapultepec di Città del Messico.

Tra le opere in materiale organico, inoltre, si deve segnalare una scultura in legno decorata con un mosaico di turchese e conchiglie proveniente dal Statens Museum for Kunst di Copenaghen. Raffigura Xolotl, una divinità dalle molte sfaccettature, spesso associata all’Inframondo. È un pezzo unico, come quasi tutti i reperti di questo tipo, che erano difficili da conservare e facili da distruggere, come fecero gran parte dei missionari che cercarono di cancellare ogni traccia della cultura materiale degli Aztechi.


Scultura decorata con un mosaico di turchese e conchiglie raffigurante Xolotl, Copenaghen Statens Museum for Kunst.

E non a caso queste tipologie sono presenti quasi esclusivamente in Europa, dove le corti erano in grado di proteggerli dallo scorrere del tempo e dai roghi dell’Inquisizione. Dato che, oggi, seguendo il giudizio dello scrittore Henry Moore, si tende a riconoscere che la scultura in pietra azteca è tra le migliori del mondo, non stupisce che il centro della mostra sia riservato alle botteghe e agli artisti che la lavoravano.

In questo quadro indicare i reperti che da soli meritano un viaggio a Stoccarda potrebbe apparire arbitrario. Tuttavia, accanto all’Ehecatl, il “Dio del Vento”, una felice opera “surrealista” del Rautenstrauch-Joest-Museum di Colonia e agli eccellenti esempi del naturalismo idealizzato (la Testa d’aquila dei Musées Royaux d’Art e d’Histoire di Bruxelles, lo Xochipilli, il “Dio dei Fiori” del Reiss-Engelhorn-Museen di Mannheim ecc.) è opportuno soffermarsi sulla scatola con coperchio in pietra verde del MARKK (Museum am Rothenbaum Kulturen und Künste der Welt) di Amburgo, sia perché è uno splendido esempio di bassorilievo, sia perché presenta una serie di glifi calendariali, il cui significato non letterale, “al di là della barriera del significato”, è ancora da decifrare. E ciò che la rende particolarmente intrigante dal punto di vista etnostorico è il fatto che fu realizzata per Motecuhzoma Xocoyotl, l’imperatore che incontrò Cortés.

Per capire, tuttavia, gli avvenimenti di cui ricorre il quinto centenario basta un solo reperto: un lingotto d’oro realizzato a Tenochtitlan fondendo opere d’arte azteche. Fu perduto da un soldato durante la “Noche Triste”, il 30 giugno 1520, quando gli Spagnoli furono costretti ad abbandonare la capitale azteca.


Scatola con coperchio (1503-1519), Amburgo, Museum am Rothenbaum Kulturen und Künste der Welt.

Azteken

Stoccarda, Linden-Museum Stuttgart
a cura di Doris Kurella e Martin Berger
fino al 3 maggio 2020
orario 10-17, domenica e giorni festivi 10-18, chiuso lunedì
www.lindenmuseum.de

ART E DOSSIER N. 370
ART E DOSSIER N. 370
NOVEMBRE 2019
In questo numero: Palazzo Grimani La collezione del patriarca. Eros e Bellezza Giù le mani da Susanna. Elogio della curva. Se la grottesca accende la fantasia. In mostra:Bacon a Parigi. Chagall, Picasso, Mondrian ad Amsterdam. Goncarova a Firenze. Rembrandt e Velázquez ad Amsterdam. Gli aztechi a Stoccarda.Direttore: Philippe Daverio.