Grandi mostre. 4
Artisti olandesi e spagnoli del Secolo d’oro ad Amsterdam

IL GIOCO
DELLE COPPIE

Spagna e Olanda passarono parte del Seicento a farsi la guerra, ma il linguaggio dell’arte a volte supera confini e conflitti. Basta mettere a confronto alcune opere di Velázquez e Rembrandt, di Vermeer, Murillo e altri per scoprire inattese tracce di scambi, contatti, elementi comuni. Una mostra lo ha fatto.


Claudio Pescio

Siglo de oro, Gouden Eeuw: il secolo XVII è d’oro per due nazioni che ne trascorreranno almeno la metà in guerra fra loro: la Spagna cattolica dei Filippo II, III e IV e le repubblicane e calviniste Sette Province Unite dei Paesi Bassi, che dopo ottant’anni di conflitto sigleranno una pace in Vestfalia nel 1648.

Velázquez (Siviglia 1599 - Madrid 1660) è la stella dorata del firmamento artistico spagnolo secentesco: pittore di corte, grande ritrattista e attratto, quasi tentato, dall’Italia. Ma è anche portatore di un elemento di modernità che annidato come un virus resterà latente per un paio di secoli per poi riapparire a tormentare pittori diversissimi fra loro: Manet, Picasso, Dalí, Bacon. Tutti prima o poi intenti a confrontarsi con il maestro sivigliano.

Il poco più giovane Rembrandt (Leida 1606 - Amsterdam 1669) incarna il corrispondente vertice creativo del secolo dorato olandese: tormentato esploratore dell’animo umano, libero interprete della borghesia mercantile del suo paese, e apparentemente poco interessato alla pittura italiana.

Dunque agli antipodi per più di una ragione. Tra l’altro, proprio Velázquez è l’autore, nel 1635, del quadro che celebra una delle ultime sconfitte olandesi nella guerra degli Ottant’anni, la Resa di Breda (noto anche come Las lanzas, 1624), che trasforma in un cavalleresco scambio di formalità tra i due generali delle truppe spagnole e olandesi quello che era in realtà l’epilogo di un assedio feroce, durato poco meno di un anno.


Ribaltare l’immagine di una Spagna celebrativa e barocca contro un’Olanda tutta sobrietà borghese

Un intento pacificatore ha ispirato anche la mostra Rembrandt-Velázquez. Maestri olandesi e spagnoli realizzata in collaborazione fra il Prado (che l’ha ospitata la scorsa estate in occasione dei duecento anni del museo) e il Rijksmuseum (nell’ambito delle celebrazioni rembrandtiane del 2019). L’esposizione presenta opere dei maggiori artisti del tempo - oltre ai due citati, anche di Vermeer, Hals, Murillo, Zurbarán e altri protagonisti dei due “secoli d’oro”- con una formula che prevede accostamenti di quadri a formare delle coppie estemporanee Olanda-Spagna e a suggerire dialoghi, somiglianze, riflessioni con effetti a volte sorprendenti. Legami provvisori, con quel tanto di arbitrario che non può non provocare una reazione - di adesione o di perplessità - da parte del visitatore.

Abbiamo chiesto lumi al curatore della mostra, Gregor Weber. L’intento è quello di superare non tanto, ovviamente, morte e sepolte rivalità politico-militari quanto quello di ribaltare l’immagine un po’ stereotipata di una Spagna integralmente celebrativa e barocca contro un’Olanda tutta sobrietà borghese. E di andare oltre le contrapposizioni nazionalistiche che nei secoli scorsi hanno costruito il mito di “scuole” locali quasi del tutto autoriferite e non comunicanti. Al contrario gli artisti - e non soltanto in quel periodo - viaggiavano, si scambiavano esperienze; si copiavano fra loro, anche, all’insegna di una sana curiosità incurante dei confini, di un prevalente interesse per le novità e con un occhio sempre attento al mercato.

Diego Velázquez, Autoritratto (1640 circa), Valencia, Real Academia de Bellas Artes.

Diego Velázquez, Veduta dei giardini di villa Medici a Roma (1630 o 1650 circa), Madrid, Museo del Prado.


Jan Vermeer, Stradina a Delft (1658), Amsterdam, Rijksmuseum.

Francisco de Zurbarán, Agnus Dei (1635-1640), Madrid, Museo del Prado.


Pieter Saenredam, Interno di Sint-Odulphuskerk ad Assendelft (1649), Amsterdam, Rijksmuseum.

Quel che salta agli occhi come denominatore comune è in primo luogo il realismo


L’intento, dunque, ci rassicura Weber, non è di mettere in competizione i due paesi («dimenticatevi Ajax- Real Madrid», dice). I confronti proposti ci parlano di differenti mentalità e stili di vita che nel contesto delle arti riacquistano a volte un’imprevista unità di linguaggio; le coppie propongono riflessioni su fede e potere, ricchezza e povertà, immaginario religioso (è il caso della severa chiesa di Saenredam a confronto con l’Agnus Dei di Zurbarán), sensibilità sociali e tecniche pittoriche, a volte su modi diversi di affrontare temi simili o analogie formali (come per il San Serapione dello stesso Zurbarán accostato al Cigno di Asselijn). In ogni caso, si tratta di settanta quadri che messi in fila rendono manifesto il livello altissimo raggiunto dagli artisti dei due paesi in quel Seicento tormentato e creativo.


Jan Asselijn, Cigno minacciato (1650), Amsterdam, Rijksmuseum.

Quel che salta agli occhi come denominatore comune è in primo luogo il realismo, la scelta di affidare le proprie idee a una comunicazione diretta del dato visivo così come l’occhio e la mente lo percepiscono. Il ritratto segue e ripropone la posa di tre quarti, occhi fissi su chi guarda, che era stata l’invenzione di Jan van Eyck.

Tra i soggetti dominano la natura morta e una certa predilezione per lo sguardo intimista, appartato, a scenari semplici e dimessi in cui domina la ricerca di un equilibrio, «di una stessa misura tra armonia e tensione» - dice Weber, e cita a esempio Veduta dei giardini di villa Medici di Velázquez e la Stradina di Vermeer -, dimensione che è di casa nelle atmosfere tipiche della pittura olandese ma in grado di contraddire, qui, l’immagine corrente di una Spagna interamente posseduta dal Barocco più scenografico e magniloquente. Anche l’abbigliamento, alla fine, risulta singolarmente uniforme: un trionfo di colori scuri e gorgiere, secondo una moda borgognona che durava già da un paio di secoli e si era fatta voga europea in certi contesti nobiliari e poi anche alto-borghesi. In questo gioco delle coppie - e nelle scelte dei curatori - domina, in entrambi i contesti culturali, la tendenza a una pittura “ruvida”, alla pennellata sciolta e materica, alle tonalità scure. Un’occasione per ripensare al Seicento da una prospettiva insolita e mettere alla prova i nostri più consolidati pregiudizi.


Francisco de Zurbarán, San Serapione (1628), Hartford (Connecticut), Wadsworth Atheneum Museum of Art.

Rembrandt-Velázquez.
Nederlandse & Spaanse meesters

a cura di Gregor Weber
Amsterdam, Rijksmuseum
fino al 19 gennaio 2020; orario 9-17

www.rijksmuseum.nl

ART E DOSSIER N. 370
ART E DOSSIER N. 370
NOVEMBRE 2019
In questo numero: Palazzo Grimani La collezione del patriarca. Eros e Bellezza Giù le mani da Susanna. Elogio della curva. Se la grottesca accende la fantasia. In mostra:Bacon a Parigi. Chagall, Picasso, Mondrian ad Amsterdam. Goncarova a Firenze. Rembrandt e Velázquez ad Amsterdam. Gli aztechi a Stoccarda.Direttore: Philippe Daverio.