Il bello, sia nella natura che nell’arte, si presenta come qualcosa di enigmatico, sfuggente, che si deve continuamente rincorrere (“Et quid amabo nisi quod aenigma est?”, scriveva De Chirico in calce ai suoi quadri tra il 1908 e il 1911)»(8).
Questo tipo di bellezza “intricata”(9), tipica dei percorsi rampicanti o dei fiumi serpeggianti o di altri elementi della natura si riflette anche nella capigliatura femminile dai riccioli fluenti: l’occhio è come rapito dalle loro pieghe ondulate specie se mosse da una lieve brezza. I poeti, così come i pittori, hanno subìto il fascino dei riccioli che ondeggiano al vento: lo scriveva Leonardo nel Trattato sulla pittura («Fa tu adunque alle tue teste gli capegli scherzare insieme col finto vento intorno agli giovanili volti, e con diverse revolture graziosamente ornargli») testimoniandolo con La Scapiliata e lo ritroviamo in Picasso, Portrait de Françoise (1946), e nella capigliatura aerea fotografata da Avedon in Twiggy, hair by Ara Gallant (1968).
Accanto alla morbidezza dei riccioli, il corpo femminile con la sua elegante rotondità e tutta la grazia delle sue linee, le curve di un seno che allatta - Erwitt, Scatti personali, New York City (1977) - o il potere di attrazione irresistibile di una schiena e di due fianchi secondo l’eterno modello della Venere distesa.
Velázquez, Venere allo specchio (1648 circa): rappresentare la dea nuda e supina non avrebbe costituito una novità ma dipingerla di schiena fu un’innovazione iconografica che, seppur dettata in parte dal timore dell’Inquisizione, avrebbe avuto lunga fortuna. Priva degli accessori mitologici (gioielli, rose, mirtilli) con cui era tradizionalmente ritratta fin dall’antichità, Venere sta fissando uno specchio retto da Cupido e, pur rivolgendo lo sguardo all'osservatore del dipinto mediante la sua immagine riflessa nello specchio, il suo volto è confuso e non ben identificabile. Le pieghe delle lenzuola su cui è adagiata la dea riproducono, quasi enfatizzandole, le curve del suo corpo, la cui carnagione, dai toni rossi, bianchi, grigi, è evidenziata dal contrasto cromatico fra i toni caldi dei tendaggi e quelli freddi delle lenzuola. La dea appare languidamente distesa per tutta la larghezza del quadro ed è descritta dal pittore con una linea elegante e sinuosa che modula sapientemente forme quasi sfuggenti.
La loro morbidezza sensuale racconta un intimismo lirico che suggestionerà molti pittori successivi, dallo splendido Nudo femminile di schiena di Pierre-Hubert Subleyras (1740) al Nudo di donna visto di schiena di Pierre-Auguste Renoir (1909), un grande omaggio alla bellezza del corpo femminile.