Grandi mostre. 4
Giovanni e Telemaco Signorini a Firenze

LA MACCHIA
E LA MODERNITÀ

Le opere di Giovanni e Telemaco Signorini, padre e figlio, registrano i profondi cambiamenti urbanistici, architettonici e culturali della città di Firenze e dei suoi dintorni a partire dalla prima metà dell’Ottocento fino alla Belle époque. Una testimonianza preziosa e peculiare, tra eredità del passato e spinta alla modernità, ora in mostra a palazzo Antinori.


Silvio Balloni

La mostra dedicata a Giovanni e Telemaco Signorini, allestita al piano nobile di palazzo Antinori, ha potuto beneficiare, oltre che di numerosi prestiti da istituzioni e collezionisti privati, della collaborazione degli eredi dei due artisti e della Fondazione Cassa di risparmio di Firenze, depositaria di un importante fondo archivistico. I Signorini, padre e figlio, appartengono a un casato che affonda le proprie radici nella storia del capoluogo toscano, del quale illustrano il mutare dell’aspetto, dell’architettura e degli assetti economico-istituzionali in opere di altissima qualità, che abbracciano mezzo secolo di storia, dal consolidarsi del regno del granduca Leopoldo II d’Asburgo Lorena all’età della Belle époque.

La rassegna offre, dunque, la rara opportunità di evocare il “genius loci” di Firenze, la sua anima più profonda e segreta.

Iniziando dalla città granducale, dove Giovanni narra la vita serena e i civili effetti del buongoverno lorenese, passiamo alla poetica campagna di Piagentina, di cui Telemaco ci apre le porte raffigurando un universo rurale che l ’illuminata conduzione economica dell ’aristocrazia toscana aveva trasformato in una realtà che ancora oggi incanta.

La capacità di rendere l’esatta percezione della luce


La peculiarità di Firenze è quella di mantenere inalterato il suo fascino man mano che trasforma la propria struttura urbana, come al momento in cui l ’elezione a capitale del regno porta con sé il vento della modernità facendo della città il centro indiscusso della vita mondana e politica nazionale.

Nei suoi cosmopoliti salotti Telemaco si muove con disinvoltura, richiesto da personalità dell’importanza di Luigi Guglielmo Cambray-Digny, Emilia Toscanelli Peruzzi e Sidney Sonnino.
Egli assomma in sé quelle molteplici qualità che lo distinguono dagli altri esponenti del gruppo macchiaiolo, rendendolo specchio della cultura fiorentina nel suo collegamento con l’Europa.


Giovanni Signorini, Veduta dell’Arno da Ponte vecchio verso ponte alle Grazie (1844), collezione d’arte Fondazione CR Firenze.

Ciò in virtù dei numerosi viaggi compiuti a Parigi e a Londra dal 1861 al 1884, dell’assidua presenza sul mercato internazionale e dei rapporti intessuti con gli esponenti più autorevoli della letteratura e dell’arte coeva, da Émile Zola a Edgar Degas, da Camille Corot a John Singer Sargent.

La sua arte è sostenuta, oltre che dallo stile impeccabile, da un insieme di valori ispirati agli ideali di democrazia e di progresso, gli unici in grado di alimentare una pittura che, come quella degli impressionisti, può dirsi veramente moderna. Nessun altro artista, infatti, è riuscito quanto lui a interpretare la contemporaneità, rivisitando con l’occhio e con la mente il passato e generando uno stile pienamente distintivo della sua personalità.

Ciò che colpisce nei quadri del periodo in cui viaggia a Londra e Parigi è la capacità di rendere l’esatta percezione della luce. In questo senso la sua opera rappresenta uno dei maggiori contributi al rinnovamento in senso realista della pittura italiana.

Negli anni Ottanta un evento traumatico interessa da vicino la Firenze della sua infanzia e giovinezza: la scomparsa dell’antico centro storico, oggetto dal 1883 al 1888 di un massiccio intervento di demolizione. È per questo che nel 1882 Telemaco si dedica a documentare quel volto della città antica destinato a scomparire.

Interprete di una poetica che in pittura raggiunge gli esiti del coevo verismo letterario, nei quadri aventi a soggetto il mercato vecchio e il ghetto ebraico il pittore delinea un affresco della realtà popolare fiorentina, che corrisponde sul piano figurativo al vernacolo siciliano adottato da Verga nei Malavoglia e all’“argot” parigino coniato da Zola nei romanzi del ciclo dei Rougon-Macquart.


Telemaco Signorini, Piagentina. Il ponte sul torrente Affrico (1861-1862), Viareggio (Lucca), collezione Matteucci.

Telemaco Signorini, Lezione di pianoforte (1868 circa), Viareggio (Lucca), collezione Matteucci.


Telemaco Signorini, Santa Maria de’ Bardi a Firenze (1870), Viareggio (Lucca), collezione Matteucci.

Telemaco Signorini, Vaso con rose, (1870 circa).


Telemaco Signorini, Uomo che legge, (1868-1870).


Sempre dedito a sviluppare percezioni ottiche legate alle variazioni di atmosfera, ora che il centro storico è stato demolito il pittore trae ispirazione dall’ampio giro di colli a sfondo della città, in particolare da una località, meta privilegiata della colonia angloamericana residente a Firenze: Settignano. L’immaginazione del pittore, come ai tempi del cenacolo di Piagentina, identifica nella realtà naturale il proprio stato d’animo; dipinti fatti di cielo, nuvole vibranti di pioggia, mura di fabbricati rurali di cui è resa la friabilità della pietra, accordando il battito interno del Vero alle intermittenze del cuore

UN LIBRO PER LA MACCHIA
Attorno alla metà dell’Ottocento, un gruppo di pittori, perlopiù toscani - che un giornalista chiamò appunto «macchiaioli» -, iniziò una sperimentazione potenzialmente rivoluzionaria: dipingere dal vivo e d’impulso; fermando, senza troppi riguardi per le convenzioni accademiche, una sensazione immediata; anticipando, così, alcune scelte degli impressionisti francesi. Da allora, l’attenzione e il gradimento del pubblico per quegli artisti - Signorini, ma anche Fattori, Lega, Borrani e molti altri - non sono mai calati. La storia di questa avventura è ora in un libro totalmente nuovo, scritto da Fernando Mazzocca, uno specialista dell’Ottocento italiano, curatore di molte importanti e visitatissime mostre sull’argomento; un libro che ci consegna anche un’immagine poetica e realistica del nostro Risorgimento: I Macchiaioli, 240 pp, 39 euro, Giunti Editore.

La Firenze di Giovanni e Telemaco Signorini

a cura di Elisabetta Matteucci e Silvio Balloni
Firenze, palazzo Antinori
telefono 055-29375
fino al 10 novembre
orario 10-18, chiuso lunedì
www.antinori.it/it/mostra-la-firenze-dei-signorini

ART E DOSSIER N. 369
ART E DOSSIER N. 369
OTTOBRE 2019
In questo numero: Save Italy Una villa torinese, misteriosa e abbandonata. L'intervista Cesare Viel, performer. Trea gioco e design La lunga storia dei libri aniimati. Van Gogh inatteso L'artista si diverte. Le forme del caso Paraeidolia: quando l'arte inganna il cervello. In mostra: Le fotografie di Eve Arnold ad Abano Terme, Peggy Guggenheim a Venezia, De Chirico a Milano, Signorini a Firenze, Tessuti ebraici a Firenze.Direttore: Philippe Daverio