Grandi mostre. 1 
Eve Arnold ad Abano Terme

VOGLIO ESSERE
UNA DILETTANTE NEL CUORE

Dotata di una grazia particolare, ma al contempo volitiva e determinata, Eve Arnold - membro dell’agenzia Magnum Photos dopo essere stata notata da Henri Cartier-Bresson - ha avuto nella vita come nella fotografia un approccio delicato, mai invasivo, riuscendo sempre a cogliere, con il suo obiettvo, gli aspetti più autentici delle persone ritratte, con un occhio particolare per l’universo femminile.


Marco Minuz

Eve Arnold, una donna minuta, dai gesti e modi gentili, ma in grado, durante le concitate assemblee annuali della Magnum Photos, di ottenere sempre l’attenzione e il rispetto da parte di tutti i fotografi. Il suo lavoro era tutelare all’interno della celebre agenzia fotografica. Tutti nutrivano un assoluto rispetto per quella donna dai capelli bianchi che Elliott Erwitt definiva come «il massimo della grazia».

Il suo modo di lavorare, infatti, rimane sempre fedele a un approccio molto delicato, privo di aggressività e invasività, elementi questi spesso associati al concetto di fotogiornalismo. Il suo era invece un agire gentile, perfezionato negli anni per minimizzare l’effetto della macchina fotografica e riuscire così a cogliere il momento in cui una persona lasciava cadere la propria maschera e si mostrava per quello che era.


«Ciò che volevo, era usare il mio istinto femminile e la mia personalità per interpretare ciò che fotografavo»


A differenza di Robert Capa, che professava la necessità, per un buon fotoreporter, di avvicinarsi il più possibile alla realtà, Eve Arnold sostituiva al concetto di vicinanza fisica quello di natura psicologica ed emotiva. Al centro c’era la persona con le sue paure, sogni, frustrazioni, emozioni e ambizioni. Eve ripeteva: «Voglio essere una professionista nel lavoro, ma una dilettante nel cuore».

Le fotografie di Eve Arnold forniscono uno spaccato significativo delle trasformazioni sociali nella seconda metà del XX secolo; ogni tematica affrontata riflette chiaramente una specifica sensibilità, come le sue parole confermano: «Non volevo essere una donna fotografo. Questo mi avrebbe limitato. Volevo essere un fotografo donna, con tutto il mondo dispiegato davanti alla mia macchina fotografica. Ciò che volevo era usare il mio istinto femminile e la mia personalità per interpretare ciò che fotografavo».

Tutto il suo lavoro deve essere osservato come un contributo a una lettura sociale di profondità, lontana da analisi superficiali o pregiudizi; un approccio che non può prescindere dalle origini della sua famiglia, dalle difficoltà economiche degli anni giovanili, ma anche dalla sua insanabile curiosità verso l’essere umano.


Mother holds her child’s hand, New York, Stati Uniti 1959.

Eve Cohen nasce infatti a Philadelphia nel 1912, da genitori immigrati russi. Nel 1943 si trasferisce a New York dove sposa Arnold Arnold. Lavora in un laboratorio di sviluppo e stampa fino al 1948, quando nasce il figlio Francis. Nel 1950, all’età di trentasei anni, si iscrive a un corso di fotografia di sei settimane alla New School for Social Research tenuto dal direttore creativo della rivista “Harper’s Bazaar”, Alexey Brodovitch. Come compito decide di realizzare un servizio sulle sfilate di moda ad Harlem, il quartiere afroamericano di New York. Nel corso di un anno e mezzo, documenta le oltre trecento sfilate che si svolgono nei bar, nelle chiese, nei ristoranti. Eve Arnold ottiene degli scatti molto naturali, non posati, senza uso di luci artificiali o ritocchi che testimoniano il fermento civile della comunità afroamericana. Prova a pubblicare le fotografie su alcune riviste americane, ma senza risultato.


Joan Crawford, Los Angeles, Stati Uniti 1959.

La “moda dei negri” è troppo scandalosa per l’editoria americana degli anni Cinquanta. Il servizio viene acquistato dalla rivista inglese “Picture Post” che lo pubblica in otto pagine e gli dedica la copertina, e contemporaneamente attira l’attenzione di Henri Cartier- Bresson che volle Eve all’interno dell’agenzia Magnum Photos.

Iniziò così un percorso professionale che la portò, negli anni Cinquanta, a lavorare diffusamente negli Stati Uniti, realizzando diversi servizi fotografici e cominciando a ritrarre personalità del mondo dello spettacolo, tra cui Marilyn Monroe, Joan Crawford e Marlene Dietrich. Nel 1962 si trasferisce in Inghilterra dove vivrà per tutto il resto della sua vita, avviando una collaborazione con il “Sunday Times” per il quale porta a termine diversi reportage in Africa, Europa e Asia.

Che fossero fotografie di star del cinema o persone comuni, gli scatti di Eve Arnold ci appaiono sempre realistici e veritieri e, soprattutto, mai moralizzanti. Come lei stessa scrisse: «Ai miei occhi nessuno è ordinario o straordinario. Vedo semplicemente persone davanti al mio obiettivo».

In tutti i suoi principali servizi fotografici, da quello su Haiti a quello intitolato Behind the Veil, dedicato alle donne musulmane contemporanee del 1969, articolato fra Afghanistan, Egitto ed Emirati Arabi, emerge sempre un’attenzione specifica verso la sfera femminile in relazione a situazioni che sarebbero state precluse al mondo maschile.


Tribal girl adorned with jewelry, Kabul, Afghanistan1969.

«Ai miei occhi nessuno è ordinario o straordinario. Vedo semplicemente persone davanti al mio obiettivo»


Lo stesso interesse emerge in due progetti: quello dell’inverno del 1959 all’interno del Mather Memorial Hospital di Port Jefferson, a Long Island, dove immortala i primi istanti in cui il neonato lascia il grembo materno. Un lavoro che prende avvio da un dramma personale: «Avevo perso un bambino ed ero caduta in una depressione profonda. Nella mia angoscia, come catarsi, avevo cominciato a fotografare il parto. Sembrava una follia andare alla fonte del dolore, ma è stata una cosa che mi ha aiutato molto». Il secondo, quello della serie Frantic Housewife del 1961, dedicato alle disperate casalinghe inglesi, ironica critica sulla condizione della donna durante una normale giornata domestica.

In ogni sua immagine, come aveva imparato dalla lezione di Henri Cartier-Bresson, Eve cercava sempre di collocare una storia. Una storia costruita su una grande empatia verso il mondo, ma al contempo su una sensibilità e un rispetto che non possono non essere correlati al suo essere donna.
Nelle sue memorie Eve Arnold scriverà: «Se sei attento alle persone e rispetti la loro privacy, ti offriranno una parte di loro che potrai usare. Questo è il grande segreto».


A nurse listens to a foetal heartbeat, Zululand, Sudafrica 1973.

Wedding celebrations, Dubai, Emirati Arabi Uniti 1971.


Silvana Mangano at the Museum of Modern Art, New York, Stati Uniti 1956.

Per tutte le foto pubblicate in questo articolo: © Eve Arnold/Magnum Photos.

Eve Arnold. All about women

Abano Terme (Padova), Casa Museo Villa Bassi
a cura di Marco Minuz
fino all’8 dicembre
orario 16-19, domenica 10-12.30/16-19, chiuso lunedì, martedì e mercoledì
catalogo Suazes
www.museovillabassiabano.it

ART E DOSSIER N. 369
ART E DOSSIER N. 369
OTTOBRE 2019
In questo numero: Save Italy Una villa torinese, misteriosa e abbandonata. L'intervista Cesare Viel, performer. Trea gioco e design La lunga storia dei libri aniimati. Van Gogh inatteso L'artista si diverte. Le forme del caso Paraeidolia: quando l'arte inganna il cervello. In mostra: Le fotografie di Eve Arnold ad Abano Terme, Peggy Guggenheim a Venezia, De Chirico a Milano, Signorini a Firenze, Tessuti ebraici a Firenze.Direttore: Philippe Daverio