Blow up


MAN RAY, LACHAPELLE,
NIEDERMAIR

di Giovanna Ferri

L'idea prima di tutto, pura e semplice, poi , di volta in volta, la scelta del mezzo artistico più idoneo per esprimerla: dalla pittura al disegno, dalla fotografia all’assemblaggio, dall’aerografia al cinema. Il punto fondamentale per Man Ray (1890-1976) era dare corpo a un’idea, renderla visibile per stimolare una sensazione o una riflessione al di là di qualsiasi giudizio estetico e stilistico. Dotato di una spiccata indipendenza intellettuale e teso nell’arco della sua intera carriera a esplorare e a sperimentare, l’artista americano stabilitosi a Parigi nel 1921 è divenuto uno dei protagonisti della stagione dadaista e surrealista senza però aderire, a tutti gli effetti, a nessuno dei due movimenti di avanguardia. Il suo innato bisogno di libertà creativa è rintracciabile in modo tangibile nel linguaggio fotografico, da lui reinventato attraverso l’uso di nuove tecniche e lo sviluppo di metodi tradizionali. La rayografia, la solarizzazione, i forti ingrandimenti, il sovrasviluppo sono alcuni dei suoi contributi più noti applicati anche alle immagini del corpo e del volto femminili, in una continua trasformazione di forme e significati. Tra le sue modelle e assistenti troviamo Berenice Abbott, Lee Miller, Dora Maar e l’immancabile Juliet Browner, sua compagna di vita, a cui è dedicata la serie Le cinquanta facce di Juliet (1943-1944) esposta, insieme a oltre centocinquanta scatti realizzati dagli anni Venti al 1976 (che hanno come soggetto principale sempre la donna), in occasione della mostra wo/Man Ray. Le seduzioni della fotografia (Torino, Camera - Centro italiano per la fotografia, dal 17 ottobre 2019 al 19 gennaio 2020, www.camera.to), a cura di Walter Guadagnini e Giangavino Pazzola. Presente anche un nucleo di opere delle stesse artiste sopra citate, muse ispiratrici del maestro di Filadelfia.

David LaChapelle, Rape of Africa (2009).


Il suo universo colorato, ormai divenuto oggetto di interesse internazionale, è fatto di composizioni visive ridondanti, kitsch, surreali, talvolta caricaturali, attraversate da un gusto barocco ed eccessivo. Così David LaChapelle (Simsbury, 1963) esprime il suo punto di vista rispetto alle manifestazioni più emblematiche della civiltà occidentale, dal Rinascimento al contemporaneo e oltre, ravvisabile nella rassegna in corso alla Reggia di Venaria (Torino, citroneria delle Scuderie juvarriane, fino al 6 gennaio 2020, www.lavenaria.it): Atti Divini, a cura di Denis Curti e Reiner Opoku, con settanta opere di grande formato, rappresentative delle varie tappe del suo percorso professionale. Tra queste Rape of Africa (2009) dove la protagonista, Naomi Campbell, come una Venere di Botticelli, è ritratta nelle miniere d’oro dell’Africa, Deluge (2017), una rivisitazione del Giudizio universale di Michelangelo della Cappella sistina e, per la prima volta, alcuni lavori inediti del ciclo New World (2017-2019), simbolo della ricerca della spiritualità e del senso di meraviglia di LaChapelle di fronte al sublime in un’ambientazione tropicale.

Saldamente ancorata alla storia dell’arte, Brigitte Niedermair (Merano, 1971), dedita dagli anni Novanta ad approfondire il tema dell’identità e a immortalare con il suo obiettivo figure femminili e simboli a loro legati è protagonista fino al 24 novembre della personale Me and Fashion 1996-2018 (Venezia, Museo di Palazzo Mocenigo, www.mocenigo.visitmuve.it), a cura di Charlotte Cotton con la direzione scientifica di Gabriella Belli. Sono oltre trenta le immagini e “still life” incentrate sul mondo della moda che, in un serrato dialogo con l’architettura e gli arredi della dimora storica risalente, nella sua forma attuale, al XVII-XVIII secolo, sfidano l’osservatore a cercare nuovi contenuti espressivi. Testimonianze di una riflessione che trae ispirazione anche da autori come, tra gli altri, Fidia, Arcimboldo, Ingres, Man Ray, Magritte, de Chirico, Andy Warhol, Christian Schad per assumere, poi, uno sguardo forgiato non su freddi stereotipi ma sulla violazione delle regole, sul gioco degli opposti, tra timidezza e audacia, nascondimenti e aperte pulsioni. Un codice di scrittura fotografica non convenzionale che Niedermair porta avanti sia in progetti commissionati dal “fashion system” sia in quelli che rispondono alla sua singolare ricerca.


Brigitte Niedermair, “Dior Magazine”, n. 24, 2018.

IN BREVE:

Wildlife Photographer of the Year
Milano, Fondazione Luciana Matalon
dal 4 ottobre al 22 dicembre
www.fondazionematalon.org, www.radicediunopercento.it
Festival della fotografia etica di Lodi
Lodi, sedi varie
dal 5 al 27 ottobre
www.festivaldellafotografiaetica.it

ART E DOSSIER N. 369
ART E DOSSIER N. 369
OTTOBRE 2019
In questo numero: Save Italy Una villa torinese, misteriosa e abbandonata. L'intervista Cesare Viel, performer. Trea gioco e design La lunga storia dei libri aniimati. Van Gogh inatteso L'artista si diverte. Le forme del caso Paraeidolia: quando l'arte inganna il cervello. In mostra: Le fotografie di Eve Arnold ad Abano Terme, Peggy Guggenheim a Venezia, De Chirico a Milano, Signorini a Firenze, Tessuti ebraici a Firenze.Direttore: Philippe Daverio