CATALOGHI E LIBRI

SETTEMBRE 2019

ALBERTO GIACOMETTI

Si sentiva l’esigenza di un’aggiornata biografia su Giacometti, dopo quella di James Lord, amico americano dell’artista (edita in italiano da Allemandi nel 1988, oggi reperibile solo in inglese). L’autrice della nuova, altrettanto corposa impresa, non poteva che essere Catherine Grenier, direttrice della Fondation Giacometti a Parigi. Il libro (tradotto da Ximena Rodríguez Bradford) ripercorre anche con spunti inediti la vicenda professionale e personale dell’artista dei Grigioni, grazie allo spoglio di centinaia di documenti. Il «grigione-etrusco», come lo descrisse lo scrittore svizzero Charles-Albert Cingria, era nato nel 1901 a Borgonovo (Svizzera italiana) e nel 1922 si era trasferito a Parigi, dove visse per la maggior parte del tempo. Dopo anni d’infaticabile ricerca, morì a Coira nel 1966, non anziano ma consumato da una vita dedicata all’arte, e sregolata: sigarette, alcol e una pessima, frugale alimentazione, oltre a un non facile rapporto col mondo esterno. Con sistematicità e linguaggio chiaro ma piacevole - da studiosa che ben scrive, per intendersi - Grenier indaga con eccellente approccio critico la carriera di Giacometti, calandosi di anno in anno nel “milieu” culturale parigino, a partire dalla formazione presso Bourdelle, attraversando cubismo, surrealismo, ascendenze di culture “altre”, e feconde influenze/scambi con artisti come Brâncu¸ si, Laurens, Arp, Man Ray, Picasso, Dalí, fino alla consacrazione definitiva alla Biennale di Venezia (1962) e oltre. Non sono trascurati i legami con i genitori, sempre presenti, e col fratello Diego. Rivivono gli amori, soprattutto con Annette, la moglie che gli fu accanto fino alla fine assieme a Caroline, giovane amante degli ultimi anni. E naturalmente gli incontri con intellettuali, poeti, musicisti. Con Genet, Stravinskij, Prévert, Starobinsky, Buñuel, Giacometti ebbe approcci non distaccati ma riservati, pronto all’occorrenza a ritirarsi nell’atelier-rifugio di rue Hippolyte-Maindron. A Genet pareva che la sua arte svelasse «la ferita segreta di ogni essere e di ogni cosa», Man Ray lo diceva «un animo tormentato », con Picasso Giacometti condivise «il fantasma di un corpo femminile manipolabile ». Un libro fondamentale per un artista grande, e unico.

Catherine Grenier Johan & Levi, Milano 2019 306 pp., 30 ill. b.n. € 30

TRE MAESTRI
MICHELANGELO - TIZIANO - RAFFAELLO

Non è facile trovare notizie, perfino nel sito della Société des Amis d’Alexandre Dumas, sui tre saggi-racconto dedicati a Michelangelo, Tiziano e Raffaello che l’autore del Conte di Montecristo e dei Tre moschettieri redasse a Firenze verso il 1840. Pubblicati per la prima volta in italiano, con la traduzione di Viviana Carpifave, destano interesse soprattutto in chi si occupi di relazioni fra arte e letteratura francese del XIX secolo. Ci ripromettiamo dunque di tornare a parlarne con un’analisi critica puntuale, ma intanto ricordiamo che Dumas fu in Italia per tre anni, dal 1840, per evitare debitori e altre grane che gli capitarono spesso a causa della sua indole spregiudicata. Fu così incaricato dei tre racconti, al fine di richiamare l’attenzione sui tre maestri presenti agli Uffizi con celebri dipinti. Lo scrittore attinse a piene mani non solo da Vasari e da altri biografi ma anche dalla propria immaginazione.


Alexandre Dumas Edizioni Clichy, Firenze 2019 232 pp. € 30

PIRANESI ROMA BASILICO

Il 14 luglio si è conclusa a Torino una mostra su Gabriele Basilico, scomparso nel 2013 a sessantanove anni. Diverse sue fotografie esposte in quell’occasione erano state scattate a Roma in costante raffronto con le vedute settecentesche di Giambattista Piranesi, visionario artista veneto che nell’Urbe visse a lungo e morì nel 1778, a cinquantotto anni. Il progetto “piranesiano” di Basilico era nato nel 2010 per una mostra alla Fondazione Cini di Venezia, poi esportata con successo in Europa e oltreoceano. All’esposizione veneziana le Vedute di Roma incise da Piranesi erano state affiancate a trentadue scatti di Basilico, secondo un progetto di Michele De Lucchi. Il fotografo milanese a Roma ne aveva in realtà eseguiti oltre trecento. Il libro, edito con consueta cura da Contrasto in collaborazione con la Fondazione Cini, permette ora di ammirare una più estesa selezione dei magistrali bianchi e neri “romani” di Basilico, appaiati di pagina in pagina con le relative incisioni piranesiane. Eccellente, nel libro, la scelta di seguire la stessa sequenza topografica voluta da Giuseppe Vasi, maestro d’incisione di Piranesi, nell’Itinerario istruttivo (prima edizione 1763). Nella raccolta, la più ricca guida dell’epoca alle antichità romane, Vasi aveva sostituito il consueto tour rione per rione a quello suddiviso per giornate. L’itinerario ebbe successo e fu ristampato in pochi anni decine di volte. Ma torniamo a Piranesi. Le sue vedute, iniziate nel 1746, poi raccolte in due tomi di centotrentasette rami, sono molto chiaroscurate e scomposte in molteplici piani prospettici. Basilico le ha reinterpretate con bianchi e neri d’infinita poesia, nonostante automobili e turisti. Da par suo, ha immortalato i monumenti antichi e la loro ambientazione senza eliminare le superfetazioni moderne. Oggi, a pochi anni di distanza dal progetto, viene da rimpiangere quelle “visioni”, dato che tanti scorci della maestosa capitale sono ancor più tristemente malmessi e degradati. Libro alla mano, provare per credere: e certo non siamo i soli ad auspicare che Roma si riprenda per l’ennesima volta nella sua storia millenaria dall’attuale, malinconico stato di decadenza.


Autori vari Contrasto, Milano-Roma 2019 168 pp., 158 ill. b.n. € 55

UNA MOSTRA, UN TRASLOCO

A Milano un raro ciclo pittorico, capolavoro a tema naturalistico, ritenuto a lungo opera del Grechetto (invece opera di maestri nordici tardo-secenteschi), è stato oggetto, non senza discussioni, di una recente mostra a Palazzo reale: Il meraviglioso mondo della natura. Fino al 14 luglio le ventisei tele sono state esposte in via temporanea nella sala delle Cariatidi dell’edificio milanese. Dagli inizi del XXI secolo, e fino all’inaugurazione della rassegna, il ciclo si trovava nella cosiddetta sala del Grechetto di palazzo Sormani. In realtà le tele, che raffigurano con dettagli sorprendenti piante e animali di tutto il mondo, sono l’unica e ultima testimonianza superstite dello storico palazzo Visconti, poi Lunati, poi Verri, in contrada Monte Napoleone. Furono i Sormani, eredi dei Verri, a spostare le tele agli inizi del Novecento nel loro palazzo, che dal 1956 ospita anche la prestigiosa Biblioteca civica Sormani. La serie, estesa per duecento metri quadrati di superficie, in certi casi fino a un’altezza di cinque metri, fu commissionata nel terzo quarto del XVII secolo dai Visconti di Carbonara per il loro palazzo. Quando poi le tele furono spostate in palazzo Sormani dovettero essere ridimensionate per poterle adattare al nuovo ambiente. Parliamo di luoghi «feriti, nudi», come ha spiegato Alessandro Morandotti, un tempo ricchi di opere d’arte e arredi, poi rimaneggiati, trasferiti, dispersi. A questa sorta di “diorama botanico-zoologico”, studiato a suo tempo, fra gli altri, da Mina Gregori, Morandotti ha dedicato negli anni importanti ricerche, e per ultimo questo libro, scritto immediatamente dopo aver visitato la mostra di Palazzo reale. L’autore ripercorre qui la fortuna critica del ciclo, le attribuzioni, la cronologia, le vicende storiche e di restauro, rivisitando criticamente anche i saggi del catalogo della mostra. “Last but not least”, propone, giustamente, che si vada perlomeno cauti con la più che ventilata ipotesi di non rimontare il ciclo in palazzo Sormani, che invece gli pare, e ci convince, per molti validi motivi, la sede più adatta: quella dove oltretutto sono restati per oltre un secolo. Molto interessante, nel libro, anche la documentazione iconografica, che fra l’altro si avvale di rare cartoline d’epoca.


Alessandro Morandotti Scalpendi, Milano 2019 96 pp., 36 ill. b.n e colore € 15

ART E DOSSIER N. 368
ART E DOSSIER N. 368
SETTEMBRE 2019
In questo numero: Ottocento tra scienza e mistero: Seurat e la fisica quantistica; I miti arcani di Péladan. Save Italy Bologna: da Monte di pietà a supermercato; trento : salviamo le facciate dipinte. In mostra: Burtynsky a Bologna; Stingel a Basilea; Isadora Duncan a Firenze; Preraffaelliti a Milano.Direttore: Philippe Daverio