Il gusto dell'arte


PANE, ZUPPE,
FOCACCE E MUSICA

di Ludovica Sebregondi

Un viaggio alla scoperta delle tradizioni culturali e sociali che legano arte e cucina in Europa Decima tappa: Russia

Neppure trent’anni dividono due dipinti: la Venditrice di pane di Natalja Goncarova (Governatorato di Tula 1881 - Parigi 1962) e Festa nel kolchoz di Sergej Gerasimov (Možaisk 1885 - Mosca 1964). Gli artisti sono quasi coetanei, ma il loro percorso di vita e quello artistico sono tanto differenti da incarnare momenti diametralmente opposti della storia russa.

Natalja - una delle “amazzoni dell’avanguardia”, così appellate per il loro “fervore battagliero” e la carica innovativa delle opere - guarda a Occidente, a Gauguin, Matisse, Derain, Denis, a Picasso, i cui capolavori conosce attraverso le riviste e grazie alle raccolte dei due collezionisti moscoviti Ivan Morozov e Serghej Šcˇukin. Fondamentale per Natalja è anche lo studio dell’arte tradizionale, del folclore e delle radici culturali russe riscoperte attraverso stampe popolari, icone, giocattoli di legno, vassoi, ricami, insegne di negozi, che l’artista riutilizza con precise finalità espressive al fine di recuperare le origini e il rapporto con il proprio paese. Un esempio perfetto è la Venditrice che offre agli acquirenti varie tipologie di pane: le mani sproporzionate, le forme semplificate, i colori vivaci, il viso che sembra intagliato nel legno, il modo di offrire la merce agli acquirenti, rinviano sia ai giocattoli venduti nelle fiere, sia alla pittura d’insegne che, pensata per attirare clienti, è immediata ed evidente. Sul bancone poggia un grande pane a treccia; un cestino e una scansia accolgono pagnotte di vario formato, mentre da una corda pendono ciambelle.

Il pane ha svolto un ruolo fondamentale nell’alimentazione di molte parti del mondo, ma particolarmente in Russia, con la sua immensa produzione di cereali: a base di farine differenti, tra cui frumento, grano saraceno e segale, è immancabile sulle tavole russe.

Dal 1915 Natalja lascerà definitivamente la patria, attirata in Francia dall’impresario teatrale Sergej Djagilev, e dai suoi Balletti russi con i quali collaborerà fino allo scioglimento della compagnia nel 1929, insieme al partner di vita e d’arte Michail Larionov. La scelta di emigrare si rivelerà definitiva, anche a seguito della Rivoluzione d’ottobre e all’avvento prima di Lenin e poi di Stalin. Il dittatore si oppone infatti alla moderna arte “degenerata” e nel 1934 dalle principali collezioni russe vengono allontanate le opere dell’avanguardia, disperse poi nei musei di provincia o distrutte. Natalja sarà sempre poco interessata alla cucina, tanto che a Parigi la coppia non mangiava a casa, ma al ristorante Le Petit Saint-Benoît, vicino alla loro abitazione nel Quartiere latino.

Diametralmente opposte le scelte e l’arte di Serghej Gerasimov, inizialmente vicino alle espressioni della modernità, ma che - essendo rimasto in Russia - si è adattato a dipingere secondo lo stile del realismo socialista imposto dal governo.


Sergej Gerasimov, Festa nel kolchoz (1937), Mosca, Galleria Tret’jakov.

La Festa nel kolchoz è opera simbolo di questa tendenza che accomuna le correnti artistiche legate ai totalitarismi, cui viene affidato il compito di testimoniare la bontà dei regimi e delle loro iniziative. Un gruppo di contadini di una cooperativa agricola sta festeggiando presso un tavolo che si sta ricoprendo di pietanze e bevande. Inizia la festa e, in attesa di cibo e musica, un compagno tiene un discorso davanti alla fertile campagna illuminata dal sole: gli agricoltori si sono adeguati alla nuova estetica e neppure i vecchi hanno più lunghe barbe o indossano i tradizionali “lapti”, i calzari di fibre di betulla. Le donne più giovani portano il fazzoletto fermato dietro la nuca, secondo la moda rivoluzionaria, mentre le anziane lo legano ancora sotto il mento. I corpi degli uomini sono vigorosi, atletici, pieni di energia e salute, per trasmettere il messaggio che il luminoso futuro socialista è stato raggiunto. Un mondo diametralmente opposto a quello zarista, legato a piatti di ascendenza francese, mentre la cucina delle campagne era in sostanza povera.

Data la sterminata estensione di un territorio multietnico, in Russia coesiste una gran varietà di preparazioni, legate anche alla stagionalità. L’alimentazione della parte europea è contraddistinta, tra l’altro, da focacce come “blinis” o “piroghì”, zuppe quali il “boršcˇ” di carne e barbabietole, pesci marinati o serviti con salse agrodolci. Molti di questi piatti sono accompagnati da panna acida o sottaceti, e spesso si pasteggia a tè, bevanda cui è dedicata, senza limiti di orario, una vera e propria cerimonia. Negli stereotipi sono però vodka e caviale a caratterizzare la misteriosa, affascinante ed eccessiva anima russa

ART E DOSSIER N. 368
ART E DOSSIER N. 368
SETTEMBRE 2019
In questo numero: Ottocento tra scienza e mistero: Seurat e la fisica quantistica; I miti arcani di Péladan. Save Italy Bologna: da Monte di pietà a supermercato; trento : salviamo le facciate dipinte. In mostra: Burtynsky a Bologna; Stingel a Basilea; Isadora Duncan a Firenze; Preraffaelliti a Milano.Direttore: Philippe Daverio