Studi e riscoperte. 4
I volti di Antinoo

L’ULTIMO DIO
PAGANO

In preda alla più cupa disperazione per la misteriosa morte del prediletto Antinoo, Adriano ne ordinò la divinizzazione. Provvedimento inconsueto che portò l’imperatore a far riprodurre l’immagine del giovane in molti ritratti diffusi in gran parte dell’impero romano.


Sergio Rinaldi Tufi

Antinoo, il giovanissimo favorito di Adriano, morì nel Nilo nel 130 d.C. (si veda il dossier allegato a questo numero): sconvolto, Adriano diede ordine di provvedere alla divinizzazione del giovinetto (in genere era prerogativa imperiale) e i sacerdoti egizi (che ritenevano che proprio la morte “per immersione” meritasse onori divini) obbedirono. Antinoo divenne così l’ultimo dio del declinante orizzonte religioso pagano. Successivamente, ad Atene, Adriano istituì nuovi giochi, gli “Antinoeia”, e fece costruire molti templi: ne conosciamo una trentina, ma il culto, non solo in Grecia e in Egitto, è diffuso in circa settanta città. Grande diffusione anche per statue e busti: in origine circa duemila, di cui se ne conserva un centinaio, spesso di pregevole fattura, con attributi di volta in volta appartenenti a vari dèi o eroi, da Hermes a Dioniso, da Osiride ad Attis. Un culto multiforme, che durò a lungo: molti ritratti si concentrano fra 130 (morte di Antinoo) e 138 (morte di Adriano).

Uno splendido busto in marmo lunense di dimensioni maggiori del vero, proveniente da Villa Adriana (ora al Museo Nacional del Prado di Madrid), è espressione di un tipo molto diffuso di ritratto di Antinoo, con lievi variazioni nei casi in cui il giovinetto era assimilato a questa o quella divinità. In primo piano è la capigliatura: proprio “kallikome“ (appunto “dalle belle chiome”), epiteto che compare in un inno che fu cantato nel tempio di Apollo a Kourion (Cipro): «Pettinatura apparentemente “casual”», ha scritto Matteo Cadario, «in realtà molto elaborata, formata da una massa disordinata ma compatta di riccioli». La bocca carnosa e il mento arrotondato conferiscono al volto una certa morbidezza, anche se un po’ spicca il naso dritto e “forte”.

Il volto è molto idealizzato, i capelli raccolti in ciocche corpose


Una testa trovata nella villa Mondragone a Frascati, ora al Louvre, proviene dalla collezione Borghese, dove la vide Winckelmann che ne fu entusiasta: «La testa lossale di Mondragone è sì intera che sembra ora uscita dalle mani dello scultore, e sì bella che io non credo di troppo dire, se la chiamo, dopo l’Apollo di Belvedere e il Laocoonte, il più bel monumento dell’arte. I capelli sono in tal maniera lavorati, che nulla v’è di simile in tutti gli avanzi dell’antichità». La testa era probabilmente, in origine, inserita in un acrolito. Fa parte di una piccola serie di sculture - in cui il volto è molto idealizzato - che ricordano le immagini di Antinoo, ma più che ritratti sono forse immagini di divinità tradizionali come Dioniso, Osiride, Apollo… La pettinatura in ciocche corpose, strette da un diadema, sembra confrontabile, al di là degli entusiasmi di Winckelmann, con quella dell’Apollo di Kassel, che a sua volta è copia romana di un’opera del V secolo a.C.: qualcuno ipotizza l’Apollo Parnopios di Fidia.

Accanto alle sculture a tutto tondo non mancano rilievi, come quello, in marmo pentelico, proveniente da un antico santuario rurale di Lanuvio, ora al Museo nazionale romano. Il rilievo, “firmato“ da Antonianos di Afrodisia (città della Caria sede di una celebre scuola di scultura), fu rinvenuto nell’area di un antico santuario rurale. Si pensò inizialmente che qui Antinoo fosse assimilato a Silvano, ma è stato di recente proposto (Matteo Cadario) che si tratti di un Antinoo- Attis: Attis in effetti era venerato insieme con la Grande Madre Cibele, di cui fu trovata, non lontano, una statua. Nella zona fu pure rinvenuto, nel Settecento, il rilievo di un sacerdote della Magna Mater, databile al II secolo d.C.


Antinoo (130-138 d.C.), Parigi, Musée du Louvre.

Il giovinetto, che indossa una corta tunica, è raffigurato in piedi, accompagnato da un cane, presso un altare (è qui che è incisa la firma). L’espressione è pensosa; sulla chioma si vede una corona di pino, sull’altare è poggiata una pigna, e c’è quindi un chiaro riferimento a quello che era l’albero sacro alla dea. Non basta: Antinoo Attis reca in mano un falcetto e sembra che voglia usarlo per recidere un tralcio di vite, simbolo di Dioniso, raffigurato davanti a lui. Qui come altrove c’è dunque vicinanza fra il culto del dio del vino e quello della Magna Mater e dello stesso Attis, culti che entrambi presentavano fra l’altro carattere orgiastico.

Suscita curiosità, infine, un inconsueto Antinoo in marmo “rosso antico” (dalle cave del capo Tenaro, o Matapan, in Peloponneso), raffigurato come sacerdote di Iside. Proviene dalla Villa Adriana e si ipotizza anche in questo caso una datazione fra 130 e 138. Nella Villa il busto si trovava, secondo un inventario secentesco, nella palestra, insieme con un testa di Antinoo-Osiride oggi conservata nel Museo gregoriano egizio del Vaticano e un busto colossale di Iside-Demetra, oggi al Louvre. Serenella Ensoli, l’archeologa che ha seguito i lavori, ha riconosciuto nel busto di “rosso antico” un’inattesa immagine di Antinoo calvo. Proprio lui, detto “bella chioma”? Non è una calvizie senza spiegazioni: la rasatura del cranio è accompagnata, come sempre nel caso dei sacerdoti di Iside, da corone di foglie di palma. A ben vedere, dato che nelle tante sculture che raffigurano Antinoo i ruoli sono molto variati (dio, eroe, protettore di santuari) non è troppo sorprendente vederlo in veste di sacerdote di una divinità tra le principali del “fatale“ Egitto.


Antonianos di Afrodisia, Antinoo come Attis, detto Antinoo-Silvano (130-138 d.C.), Roma, Museo nazionale romano, palazzo Massimo alle Terme.


Antinoo come sacerdote di Iside (130-138 d.C.), Roma, Musei capitolini.

ART E DOSSIER N. 368
ART E DOSSIER N. 368
SETTEMBRE 2019
In questo numero: Ottocento tra scienza e mistero: Seurat e la fisica quantistica; I miti arcani di Péladan. Save Italy Bologna: da Monte di pietà a supermercato; trento : salviamo le facciate dipinte. In mostra: Burtynsky a Bologna; Stingel a Basilea; Isadora Duncan a Firenze; Preraffaelliti a Milano.Direttore: Philippe Daverio