Save Italy
Case dipinte a Trento

A OGNI PASSO
UN AFFRESCO

Il centro storico di Trento conserva buona parte delle decorazioni murali esterne realizzate nel XV-XVI secolo: un patrimonio unico che, dopo i restauri compiuti negli anni Settanta-Novanta del Novecento, attende con urgenza nuovi interventi pubblici e dei proprietari privati. Ci auguriamo che il progetto di sensibilizzazione avviato un paio di anni fa da Italia Nostra e dal Fai possa produrre quanto prima i suoi frutti.


Ezio Chini

Fra le “città dipinte” d’Italia Trento è forse quella che conserva il maggior patrimonio di case con facciate affrescate nel corso dei secoli XV e XVI: un buon numero di prospetti dipinti integralmente, o quasi, orna ancor oggi il cuore storico di uno dei centri d’arte più affascinanti dell’Italia del Nord, almeno fra quelli di non grandi dimensioni. «Città di nobile e severo aspetto ricca di ricordi romani e di superbi monumenti romanici e della Rinascenza» veniva definita nella vecchia Guida rapida del Touring Club Italiano; la più recente, la Guida verde del 2016, ne presenta l’«immagine urbana di severa bellezza nelle architetture medievali e rinascimentali con un fondo tra il veneto e il nordico peculiarmente declinato».

Sulla piazza del Duomo si affacciano tre case affrescate; altrettante sulla centrale via Belenzani (l’antica via Larga); su una quarta, del principio del Cinquecento, si conservano solo un paio di frammenti e ne resta testimonianza in una riproduzione a stampa. Altre furono realizzate in luoghi importanti, centrali, come le attuali via Oss Mazzurana, via Mazzini e via San Marco. Qui la casa Voltolini recava una magnifica decorazione manierista del veronese Domenico Brusasorzi (1551), che aveva il suo fulcro nella vicenda di Publio Cornelio Scipione quando, come scriveva Francesco Bartoli nel tardo Settecento, «condottagli innanzi la donzella prigioniera, la di cui bellezza faceva l’ammirazione de’ Romani, volle che il suo riscatto servisse d’aumento alla sua dote, lasciandola in libertà gire in sposa ad un Celtibero Signore, a cui era stata promessa»(1).


«Immagine urbana di severa bellezza nelle architetture medievali e rinascimentali»

Staccati al principio del Novecento, questi affreschi sono oggi conservati all’interno di palazzo Thun in via Belenzani. Poco al di fuori del centro storico è inoltre il palazzo delle Albere, in prossimità del Muse - Museo delle scienze, con la facciata tutta dipinta a finto bugnato e con due stemmi degli Asburgo, uno dei quali di Carlo V. In stato frammentario sono numerosi altri decori pregevoli realizzati tra il secondo Quattrocento e il principio del Novecento.

Fra le antiche descrizioni della città che segnalavano con ammirazione la presenza di dimore signorili con facciate dipinte, la più importante è senza dubbio quella di Michelangelo Mariani che, nel prezioso volume Trento con il Sacro Concilio (1673) ricco di notizie sulla città e sul suo territorio, enumerava ben diciassette facciate affrescate, purtroppo in parte andate perdute(2). Ma non si possono trascurare altre testimonianze, antecedenti e successive, come quella dell’umanista Aernout van Buchel, che nel 1589 ricordava con ammirazione «molte case, rese nobili da Francesco da Vicenza», ossia dal pittore Francesco Verla (1470/1474-1521) attivo a Rovereto, Trento e nei suoi dintorni fra il 1513 e il 1521 (?). Importante è quanto scrisse nel 1614 Pierre Le Monnier che ricordava le «belle case, la maggior parte delle quali dipinte con figure diverse, storie e stemmi»(3); egli riportava inoltre alcune iscrizioni viste sulle facciate nella piazza del Duomo (una della quali totalmente perduta), soffermandosi sulle due case con i portici, affascinato dal carattere enigmatico degli affreschi.


Palazzo Alberti Colico.

Preziosi sono anche gli appunti di viaggio di Francesco Bartoli del 1780. Proprio sulle case con portici di fronte alla cattedrale egli si soffermava, osservando che «delle due case rimpetto al Duomo, una di esse è dipinta sulla facciata a chiaroscuro; e l’altra a varietà di colori; ed esprimono figure simboliche, emblemi e geroglifici, opere di Marcello Fogolino da Vicenza». In realtà solo la prima delle due case fu decorata dal Fogolino, con figure a monocromo chiaro che campeggiano su preziose stesure ad azzurrite (oggi ormai frammentarie) creando quasi l’illusione della presenza di sculture. Risalente ai primi anni Trenta del Cinquecento, questa decorazione è significativa anche perché in alcune immagini l’artista veneto, a lungo attivo a Trento e con esiti ammirevoli specie all’interno del castello del Buonconsiglio, prese a modello incisioni di Albrecht Dürer(4); per esempio nell’episodio con un cavaliere che soccorre un indigente, dove nel maestoso cavallo imitò fedelmente il Piccolo cavallo di Dürer (1505). Nel secolo XIX fu Frédéric Bourgeois Mercey, pittore e viaggiatore assiduo, ad ammirare gli affreschi esterni di Trento al tempo del suo passaggio attraverso il Tirolo, scrivendo nel 1833: «Parecchie case, che portano date del XV e del XVI secolo, hanno le facciate ricoperte di dipinti di dimensioni colossali. Questi affreschi ingenui, dai contorni secchi e di una grande semplicità di forma e di colore, ci hanno profondamente colpiti: è l’infanzia dell’arte, ma un’infanzia bella e vigorosa»(5).

Tutte queste testimonianze attestano come le case affrescate siano sempre state tenute in alta considerazione, al punto da venir segnalate fra il meglio del patrimonio artistico della città.


Palazzo Del Monte.

A Trento - ma anche altrove in Italia, come pure a Nord delle Alpi (Augusta, Norimberga, Lucerna, Basilea) - questa consuetudine ebbe il suo momento d’oro nel Cinquecento: dal principio di quel secolo, con palazzo Geremia, fino a esaurirsi nell’età dei vescovi Madruzzo, verso gli anni Settanta o Ottanta del secolo. A quell’epoca tutte le facciate più importanti della città dovevano esser già state decorate. L’uso di dipingere le facciate si ispirò a quanto già si faceva soprattutto nell’area veneta: a Verona, Treviso, Venezia e anche in molti altri centri, tra cui Feltre. Venne espressamente incoraggiato (o, meglio, ordinato) anche da Bernardo Cles, principe vescovo dal 1514 e dal 1530 cardinale, che nel 1533 così scriveva a uno stretto collaboratore in una lettera inviata a Trento da Vienna - dove era impegnato nell’attività diplomatica al servizio di Casa d’Austria - in cui chiedeva di essere tenuto al corrente «di tutti quelli che fabricano»: «et se tu ne vedessi qualchuno che fusse alquanto pegro [...] a far la parte sua, volemo che tu con quello bon modo che saperai fare, li exorti a cominciar la impresa animosamente, certificandoli che a nui farano cosa gratissima... et a la citade nostra serà di grande ornamento et belleza: et tu, continuando ala impresa tua, non cesserai di adrizare le strade [...] et in far anche, con quelli che hano il modo, che depingano le sue fazade». Quindi che facessero ornare i loro prospetti con affreschi.


Piazza del Duomo: a sinistra, casa Cazuffi, a destra, casa Rella dal nome del possessore nel XIX secolo. Sono ancora sconosciuti gli antichi proprietari del bene.

L’uso di dipingere le facciate si ispirò a quanto già si faceva soprattutto nell’area veneta


Dopo gli studi d’apertura di Hans Schmölzer (1899) e Gino Fogolari (1902, 1911), inoltre dopo quelli di Giulio Benedetto Emert (1953, 1954), per una trattazione approfondita del ricco patrimonio pittorico esterno della città, fu necessario attendere fino al 1988, quando venne pubblicato il volume Luochi della Luna. Le facciate affrescate a Trento, a cura di Enrico Castelnuovo(6), che contiene la prima analisi sistematica delle facciate dipinte della città, insieme al censimento di molte altre testimonianze pittoriche esterne. Fu un’occasione preziosa per riscoprire con uno sguardo nuovo queste opere d’arte. Fondamentali si rivelarono anche i restauri, realizzati soprattutto a partire dal 1980 dall’Amministrazione provinciale. Fra i primi vanno ricordati quello della casa all’angolo tra via Santa Trinità e via Mazzini (detta “casa Sardagna”) con decori a bugnato (1540 circa) scoperti e restaurati fra il 1975 e il 1976, quello di casa Cazuffi in piazza del Duomo, affrescata da Marcello Fogolino (1980-1981), e quello di palazzo Del Monte (1981-1982) con affreschi databili fra il 1515 e il 1519.


Un affresco della facciata di palazzo Cloz Salvetti, staccato e conservato presso il Comune di Trento all’interno di palazzo Thun.

Qualche anno prima era stata restaurata la prestigiosa decorazione esterna di palazzo Geremia, ora sede del Comune di Trento, riferibile a un valente pittore veneto attivo nei primissimi anni del Cinquecento. Questa è forse la dimora nobiliare più importante della città - pur nell’odierno stato di deperimento degli affreschi - anche grazie agli eminenti significati storici e politici. Infatti la fascia superiore del prospetto, affacciato sull’antica via Larga, che sfocia in modo solenne nella piazza della cattedrale, conserva ancor oggi uno straordinario, pubblico omaggio reso dalla città a Massimiliano d’Asburgo quando era ancora re, ma già aspirava al titolo imperiale, che in effetti ottenne qualche anno dopo (1508) proprio a Trento. Ben quattro grandi scene, fatto inaudito e senza confronti per quanto si conosce, sono dedicate al monarca: egli è presentato mentre attende all’attività diplomatica e riceve con benevolenza (come spiega un’iscrizione) i notabili di Trento, fra cui certo il padrone di casa Giovanni Antonio Pona, detto Geremia. Secondo Cesare Brandi la via Larga «non si può percorrere senza fermarsi ad ogni passo e merita davvero di esser posta nel novero delle grandi strade italiane, a seguito di via Garibaldi a Genova, di via Tornabuoni a Firenze [...], di via Giulia a Roma»(7).


Casa Balduini.

Un’altra importante dimora signorile sorse pochi anni più tardi verso il 1510-1515 non lontano dal castello del Buonconsiglio e, proprio come palazzo Geremia, lungo il percorso ufficiale utilizzato dai cortei che attraversavano la città nelle occasioni solenni collegando la residenza fortificata dei vescovi con la loro cattedrale. Si tratta di palazzo Del Monte, che esibisce due grandi facciate poste ad angolo affrescate con temi umanistici e con le valorose e virtuose imprese di Ercole: un omaggio trasparente all’imperatore Massimiliano I d’Asburgo che amava presentarsi come Hercules Germanicus. Alla sommità del prospetto principale è ancora visibile il suo stemma con l’aquila bicipite nonostante il grave deperimento generale degli affreschi, non più oggetto di manutenzioni o restauri ulteriori dopo l’intervento dei primi anni Ottanta del Novecento.

È, quest’ultimo, un problema che tocca, seppur in modo meno grave, la maggior parte degli altri edifici affrescati, che dopo i restauri degli anni Settanta-Novanta del Novecento non hanno più beneficiato di cure conservative e di manutenzioni da parte dei proprietari, pubblici e privati, e da parte dell’ente pubblico provinciale responsabile della tutela. Nell’ambito di un’attività di sensibilizzazione della cittadinanza, a Trento ha preso l’avvio da due anni una collaborazione fra Italia Nostra e Fai (Fondo ambiente italiano); Italia Nostra ha promosso il censimento e lo studio di tutte le decorazioni murali esterne, anche in collaborazione con il dipartimento di Lettere e filosofia dell’Università di Trento, mentre il Fai stimola la crescita d’attenzione verso questo patrimonio interagendo con le scuole attraverso il progetto Apprendisti Ciceroni.


pParticolare della facciata meridionale di palazzo Del Monte nel suo stato attuale.

La documentazione fotografica è di Gianni Zotta (Trento) che ringraziamo vivamente.


(1) G. B. Emert, Fonti manoscritte inedite per la storia dell’arte nel Trentino, Firenze 1939, p. 61.

(2) M. Mariani, Trento con il Sacro Concilio, Trento 1673, pp. 165-168.

(3) P. Le Monnier, Antiquitez, mémoires et observations remarquables d’épitaphes (…), Lille 1614, pp. 234-236.

(4) E. Chini, Riflessi dell’arte di Albrecht Dürer nell’ area trentina, in Dürerweg. Artisti in viaggio tra Germania e Italia da Dürer a Canova, a cura di R. Pancheri, Trento 2015, pp. 210-213.

(5) M. F. Mercey, Le Tyrol et le Nord de l’Italie, Parigi 1833, p. 211.

(6) Luochi della luna. Le facciate affrescate a Trento, a cura di E. Castelnuovo,Trento 1988.

(7) E. Chini, Trento città d’arte nello sguardo di Cesare Brandi, in “Studi Trentini. Arte”, 93, 1, 2014, p. 144.

ART E DOSSIER N. 368
ART E DOSSIER N. 368
SETTEMBRE 2019
In questo numero: Ottocento tra scienza e mistero: Seurat e la fisica quantistica; I miti arcani di Péladan. Save Italy Bologna: da Monte di pietà a supermercato; trento : salviamo le facciate dipinte. In mostra: Burtynsky a Bologna; Stingel a Basilea; Isadora Duncan a Firenze; Preraffaelliti a Milano.Direttore: Philippe Daverio