L’epoca dei Monti, in Italia, è ormai buona soltanto per gli archivi. Quello di Bologna è infine inglobato in Unicredit, che una decina d’anni fa cede l’immobile. Se ne vanno così gli arredamenti e le opere d’arte, trasferite nelle altre sedi del gruppo bancario; la più importante è forse un Ritratto del cardinale Pompeo Aldrovandi (1668-1752), di padre Damien Carpentiers, quasi tre metri per due, oggi a palazzo Magnani, in via Zamboni 20. Una Scena di caccia di Agostino Tassi (unica opera dell’autore documentata in città) è invece migrata a Roma; altro a Milano. Anni di chiusura.
Infine, l’estrema, e contestatissima, fase nella vita del palazzo. La Conad lo trasforma in un supermercato del marchio Sapori & Dintorni: seicentocinquanta metri quadrati per le vendite, trecento per la ristorazione, oltre 3 milioni di euro d’investimento, due nuovi ingressi su una strada laterale. Proteste e critiche non valgono a nulla: la Soprintendenza ha vincolato soltanto la Piet^ della facciata, un cornicione e delle terrecotte nel cortile; il resto no, perché «adulterato nel Novecento dai restauri degli anni Cinquanta e Sessanta». Proibite soltanto le tende all’esterno, e i tavolini all’aperto. «Azione scellerata », proclama Vittorio Sgarbi. Pure la sottosegretaria ai Beni culturali Lucia Borgonzoni biasima lo «snaturamento completo di via Indipendenza. Troppe catene di abbigliamento, il prestigio storico di alcuni edifici andava tutelato meglio». Così, si compie un ulteriore passo nell’alterazione del centro della città, pur se Cristina Ambrosini, la soprintendente, ritiene che «non dobbiamo fare delle piazze un sacrario della storia urbana». Bologna si sta quasi trasformando in un’immensa mangiatoia: un luogo incentrato sull’alimentazione; Eugenio Riccomini, celebre storico dell’arte dice che «adesso, quel che della città si vede di più, è il mangiare». In appena cinque anni dal 2011, i bar e i ristoranti in centro sono quasi raddoppiati: passati da quattrocentosettantuno a novecentotrentuno. Anche i “dehors” hanno registrato un vertiginoso aumento: i centocinquantuno del 2013 erano cinquecentododici già tre anni dopo.
In tanti si mobilitano, seppur vanamente. Dai famosi urbanisti, come Pierluigi Cervellati («bisogna invocare la legge dei beni culturali, per l’uso improprio che si fa di questo edificio»), ai più strenui difensori dell’anima del luogo. Prima di andarsene purtroppo per sempre, fa sentire la propria voce anche Andrea Emiliani: l’Accademia clementina, che presiedeva, promuove un appello, firmato da migliaia di cittadini. Un’altra studiosa, Jadranka Bentini, presidente di Italia Nostra a Bologna, non usa mezze parole, le fa «orrore» lo stato in cui è ridotta la centralissima via Indipendenza: «Tutti questi esercizi commerciali, e le insegne, hanno portato non solo a uno snaturamento, ma pure a un impoverimento dei singoli edifici». Condizione da tempo denunciata anche dal Comitato per Bologna storica e artistica, per questa come per altre zone del centro storico. Non ha séguito la proposta dell’Accademia clementina al sindaco e alla Soprintendenza: in ricordo dei principi solidaristici francescani che improntarono i Monti, chiedeva di trasformare l’immobile in un luogo d’accoglienza e di «sosta anche solo temporanea». Invece, «soldi, soldi e ancora soldi», dice l’ex rettore dell’Università, Fabio Roversi Monaco. Prima di Natale, Bologna avrà il suo regalo: il supermercato accanto alla cattedrale. Chi si occupa dei lavori, rassicura: non ci sarà alcuna “calata dei barbari”, Sapori & Dintorni «sarà aperto anche ad eventi culturali»; del resto, aggiunge, lo sportello Bancomat sotto il portico, quando l’edificio era ancora un istituto di credito, «non risaliva certamente al Quattrocento».