Studi e riscoperte. 1
Fotografare Franca Florio


POSSO DIRE
CHE SONO IO?


Se il suo aspetto colpiva per bellezza ed eleganza, il suo carattere volitivo, accompagnato da uno spiccato potere seduttivo, contribuiva a renderla figura rara per la sua epoca.
Colta nobildonna siciliana, Franca Florio ha lasciato un segno tra artisti, intellettuali, politici e poeti, divenendo musa e modella negli atelier fotografici di inizio Novecento.


Alba Romano Pace

«l’Unica», estasiato la definiva Gabriele D’Annunzio, la «Stella d’Italia» la soprannominava il “kaiser” Guglielmo II folgorato dalla sua figura, la «Regina di Palermo», amavano chiamarla i cittadini, poiché Donna Franca Florio rappresentava la Sicilia e l’Italia tutta per bellezza ed eleganza, cultura illuminata, mecenatismo e spirito imprenditoriale in uno dei periodi più floridi della città, culla del Liberty, rinomata per musica, teatro ed eccelse manifestazioni sportive come la Targa Florio, ideata da Vincenzo junior nel 1906.

Nasce in un’illustre Palermo, Francesca Jacona di San Giuliano, il 27 dicembre 1873, unica figlia femmina dei nobili Pietro Jacona di San Giuliano e Costanza Notarbartolo di Villarosa. La pelle ambrata, gli occhi color verde chiaro enigmaticamente tendente al grigio, la figura alta, snella, il vitino stretto che si allarga leggermente sui fianchi come vuole la corporatura mediterranea di cui il suo metro e settantatre di altezza era rara eccezione, come a quei tempi era altrettanto rara eccezione per una nobildonna siciliana possedere un carattere talmente forte da riuscire a sposare l’uomo amato contro le volontà paterne.

Dopo un lungo corteggiamento, infatti, nel 1893 Franca sposa Ignazio Florio junior, erede della più ricca famiglia non solo di Sicilia ma d’Italia, proprietaria di un imponente patrimonio nato da umili origini quando Paolo Florio giunge in Sicilia da Bagnara Calabra dopo il terremoto del 1783 e apre a Palermo una drogheria con spezie e medicinali (tra i quali il chinino, unico rimedio alla malaria) che si accresce al punto che le navi giungevano nel capoluogo siciliano con carichi solo per Florio. Alla morte di Paolo, il fratello Ignazio prende le redini del patrimonio familiare attendendo la maturità del nipote Vincenzo, l’erede illuminato, futuro senatore del Regno d’Italia, che allarga gli investimenti consegnando al figlio Ignazio senior e, successivamente, ai nipoti Ignazio junior e Vincenzo junior, un vero e proprio impero economico tra industrie chimiche, aziende vinicole (loro è il famoso vino Marsala), miniere di zolfo, tonnare (Vincenzo Florio senior inventa la conservazione del tonno sottolio), fabbriche di ceramiche e ancora finanze con il Banco Florio, la fonderia Oretea di Palermo. Ma, soprattutto, i Florio deterranno il monopolio dei trasporti marittimi con la Navigazione generale italiana (Società riunite Florio e Rubattino) costituita a Genova nel 1881.

Il suo profilo regale, la capigliatura raccolta che lascia scoperto il bianco e lungo collo

Premuroso di preservare le origini nobiliari della figlia e lungimirante nel conoscere la fama di seduttore di Ignazio Florio junior, il padre di Franca pone una vana resistenza all’unione dei giovani che da subito divengono invece la coppia emblema di sofisticata eleganza. Insieme attraversano l’Europa e sono ammirati da poeti, artisti, aristocratici e uomini politici, su tutti loro Donna Franca Florio lascia un segno. Imponente nel fisico, lo era ancor di più nel carattere, seducente, conoscitrice di quattro lingue parlava alla perfezione il tedesco, discuteva in francese e in inglese, era capace di tener testa alle conversazioni più intellettuali. I palazzi nobiliari scintillavano della sua presenza, era più regale della stessa regina la quale, si dice, ne invidiasse i gioielli e in particolar modo la famosissima collana da trecentosessantacinque perle, regalatale dal marito Ignazio, che era più lunga di quella della sovrana poiché, si vociferava, che avesse «una perla per ogni tradimento». Il leggendario gioiello appare trionfante sul collo di Donna Franca nel famoso dipinto di Giovanni Boldini, commissionato nel 1901 e ritoccato più volte su furibonda richiesta: «Donna Franca posava vestita di pesante velluto nero con grandi traforature e rabeschi di passamaneria sulla gonna e sulle maniche. Posava forse con eccessiva regalità per come il marito committente voleva fosse ritratta, ma [...] la voluttà per Boldini non poteva stare in trono: doveva scendere in platea, muoversi al ritmo leggero e immediato del caffé-concerto [...] arrivare “quasi” ad accennare quella “mossa” che mandava in delirio i pubblici meridionali. E nel ritratto Donna Franca aveva come un accenno di “mossa”: tutto il corpo, che poggiava sensibilmente sull’anca destra, aveva un qualcosa di particolarmente voluttuoso [...] Ignazio Florio andò sulle furie»(*).


Carl Pietzner, Ritratto di Franca Florio, Vienna, 1904, Archivi Afan de Rivera Costaguti Florio.


Ritratto di Franca Florio, Viareggio, 1912. 

(*) L. Sciascia, Donna Franca, in “Corriere della Sera”, 7 settembre 1969.

Franca Florio veniva ammirata con la sua andatura fluente tra i palazzi liberty degli architetti Basile, Giovan Battista con il figlio Ernesto, nelle splendide dimore Florio all’Olivuzza e ai Quattro Pizzi all’Arenella, tra i corridoi del Grand Hotel Villa Igiea – aperto da Florio nel 1900 anno di nascita della figlia Igiea – e splendeva tra le sale del teatro Massimo e dei salotti e teatri di Vienna, Budapest e Parigi: dai palchi Puccini, Mascagni, Leoncavallo, il tenore Enrico Caruso omaggiano Franca Florio, mentre D’Annunzio scriveva: «Donna Franca, una creatura che svela in ogni suo movimento il ritmo divino». Sono le fotografie conservate negli archivi della nipote Donna Costanza Afan de Rivera Costaguti Florio e negli archivi Cricd (Centro regionale per l’inventario, la catalogazione e la documentazione dei beni culturali) della Regione Sicilia che svelano l’interiorità di Franca Florio, musa e modella d’eccezione. Tra le immagini che la ritraggono si ritrova la storia della fotografia di inizio Novecento, quando il ritratto fotografico comincia a divenire alla moda, prendendo le distanze dal pittorialismo degli esordi e imponendosi con le proprie caratteristiche estetiche. In ogni viaggio Franca Florio si reca nei più grandi studi fotografici, ogni autore dà al suo volto, ora nostalgico ora altero, e a quei suoi occhi trasognati e dal colore sublime, una propria interpretazione, legata ai sentimenti profondi che la nobildonna ispirava da dietro l’obiettivo. Vi sono tra queste le foto scattate in Sicilia dal fotografo Giuseppe Incorpora, legate ad avvenimenti importanti come le immagini di Franca Florio da crocerossina durante la prima guerra mondiale e sulle navi mandate in soccorso da Ignazio Florio durante il terremoto di Messina nel 1908. Vi sono ancora le immagini scattate a Torino nello studio di Oreste Bertieri dove si davano appuntamento i nobili e l’alta borghesia. Franca Florio vi appare maestosa, con il suo profilo regale, la capigliatura raccolta che lascia scoperto il bianco e lungo collo. Ma è a Vienna, capitale del regno austroungarico, e a Budapest, città dove nascono i più grandi fotografi dell’avanguardia, che Franca Florio ama farsi ritrarre, prestandosi a sperimentazioni tecniche le più diverse, ora legate a effetti pittorici e sfumati ora più moderne e sofisticate. Il rinomato Hermann Kosel, fotografo ufficiale degli Asburgo dal 1911, immortala Franca Florio con un cappello posizionato obliquamente per creare un alone scuro sul viso e far risaltare la lucentezza dello sguardo. La donna è avvolta in una pelliccia il cui tessuto produce l’effetto di una pennellata che, insieme allo sfondo preparato in studio di un paesaggio dipinto, dà alla foto l’aspetto di un quadro. Affine a un disegno è anche un ritratto del viennese Carl Pietzner che per un periodo lavorerà per la corte asburgica. Nella sua foto il profilo di Donna Franca si ritaglia nello spazio bianco, i contorni sfumati rendono la foto come uno schizzo a carboncino. 


Ritratto di Franca Florio, Vienna, 1910.


Dora Kallmus alias Madame d’Ora, Franca Florio in giacca di pelle, Vienna, 1938, Archivi Afan de Rivera Costaguti Florio.

Un cappello posizionato obliquamente per creare un alone scuro sul viso e far risaltare la lucentezza dello sguardo


Donna Franca Florio (1906).

Molteplici le pose dell’atelier Pietzner, ve ne è un’altra in cui la nobildonna è di spalle con un vestito nero ricamato, simile all’abito della prima versione del quadro di Boldini e che oggi si trova nella collezione del Museo del costume di palazzo Pitti a Firenze; in altre immagini ancora Franca Florio ricorda i volti preraffaelliti, i dipinti simbolisti dove compaiono donne eteree come quelle di Fernand Khnopff. Siamo nella Vienna della Secessione, è qui che vive una delle più grandi fotografe di moda dell’epoca, Dora Kallmus, austriaca di origini ebree, eccentrica fotografa introspettiva che con la firma “Madame d’Ora” apre due atelier tra Vienna e Parigi dove ritrae i più grandi artisti del Novecento: Klimt, Picasso, Cocteau e donne avanguardiste, come Coco Chanel, Colette, Josephine Baker, Tamara de Lempicka e tra loro una particolarissima Franca Florio. Conosciuta per dare più importanza alla psicologia del soggetto che alla sua estetica, Madame d’Ora firma tre foto oggi ritrovate di Donna Franca Florio, una di queste del 1938, la ritrae con un cappotto in pelle, una mano sul fianco, l’altra sulla cintura, in una posa moderna che rivela una donna fiera, il cappello calato sugli occhi con un’aria di mistero ma anche di autorità, specchio dei tempi che l’Italia viveva, quelli dell’ascesa del duce che questa foto forse rievoca. In un’altra rarissima immagine del 1930 di Madame d’Ora, Franca Florio appare timida, fragile, le spalle appena curvate, avvolta in un abito glamour che ne delinea il corpo sinuoso, un gioiello secessionista sul capo, l’aspetto longilineo, elegante e stanco. Donna Franca aveva attraversato il lato oscuro della vita, la terribile perdita di tre figli, tra cui l’erede maschio, il piccolo Ignazio, che il padre lava alla nascita con una bottiglia del miglior Marsala e che muore nel 1906 ad appena quattro anni e a sei mesi dalla sorella Giovannuzza e Giacobina morta alla nascita. Solo Igiea e l’ultimogenita Giulia, nata nel 1909, riusciranno ad allietare la vita di Donna Franca che lo scoppio di due guerre, il declino dell’impero Florio, la fuga da una Palermo traditrice e il trasferimento a Roma trasporteranno dai luminosi fasti all’oscurità. Le fotografie conservate ci svelano in trasparenza i suoi sentimenti segreti, sono uno specchio dove il tempo è sospeso, fotogrammi in cui la luce fissa per sempre un suo sguardo o un pensiero. In queste foto oggi rivive Franca Florio, presente attraverso il gioco di bianchi e neri, oltre la patina del tempo: misteriosa e imperscrutabile, lascia agli spettatori un interrogativo annotato in francese su una foto del 1912. La donna guarda se stessa attraverso gli anni e si chiede: «Pui[s]-je dire que c’est moi? (Posso dire che sono io?)».


Giuseppe Incorpora, Ritratto di Franca Florio (1907).

Carl Pietzner, Ritratto di Franca Florio (1905), Archivi Afan de Rivera Costaguti Florio.

ART E DOSSIER N. 367
ART E DOSSIER N. 367
LUGLIO-AGOSTO 2019
 In questo numero: Donne oltre l'ostacolo; I magi al femminile; Dulle Griet all'assalto dell'inferno; La divina Franca Florio; Le strategie esistenziali di Berthe Morisot; Varda/JR: la regista e lo street artist. In mostra: Eliasson a Londra; Tuymans a Venezia; Dalí a Montecarlo; Ex Africa a Bologna. Direttore: Philippe Daverio