C'è chi lo considera un retrogrado e chi un alfiere della grande arte dell’Ottocento, ma nessuno ne mette in dubbio l’enorme talento, la tecnica sopraffina. Jean- Auguste-Dominique Ingres (1780-1867) trascorse gli anni formativi nella Parigi percorsa dai fremiti rivoluzionari e napoleonici, quando la scena era dominata da Jacques-Louis David; poi si trasferì in Italia e da noi non venne coinvolto dagli effetti della Restaurazione e poi dell’avvento del romanticismo. Sviluppò un legame viscerale con la pittura rinascimentale e in specie con Raffaello, che lo spinse a mondare anche lo stile di David da ogni ampollosità, a cercare la purezza assoluta, la perfezione. Quando poi tornò in Francia negli anni Venti, a seguito di commissioni che eseguì con la solita perizia, si trovò spiazzato dai cambiamenti e vi si oppose, tanto è vero che negli anni Trenta si trovò isolato. Eppure, proprio nella maturità fu capace di produrre opere di calore e fascino davvero notevoli, specie quando il soggetto era femminile. Il Ritratto della contessa d’Haussonville del 1845 riesce infatti a reggere il confronto con i tanti capolavori della Frick Collection di New York in cui è esposta, con quella nobildonna dallo sguardo diretto, ma non arrogante, l’atteggiamento intrigante senza eccedere nella provocazione. E basta spostarsi a New York di qualche strada ed entrare al Metropolitan per restare abbagliati dal Ritratto della principessa de Broglie, quadro di grande equilibrio e armonia in cui la splendida donna, una star dei salotti del tempo, rimane umana con le sue minime imperfezioni. Opere di questo calibro non si vedono più in asta, i musei se le tengono strette.
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INGRES, INDISCUSSO
MA IMPREVEDIBILE
di Daniele Liberanome
Unica eccezione, ma comunque non dello stesso livello, è il Ritratto della contessa de la Rue eseguito nel 1804 quindi in età ancora giovanile, prima del fondamentale soggiorno italiano. Il panneggio da antica romana, lo sguardo piatto e un utilizzo dei colori alla David denunciano uno stile ancora in formazione, ma la particolare sinuosità del portamento ricorda perfino la Contessa d’Haussonville della Frick Collection. Il quadro, dopo aver girato da una parte e l’altra dell’Oceano, era finito nella collezione di Yves Saint-Laurent e compagno, per cui quando venne messo all’asta da Christie’s a Parigi il 24 febbraio 2009 era accompagnato da un’aura tutta particolare.
Sta di fatto che venne venduto per 1,8 milioni di euro nonostante le dimensioni ridotte (29 x 24 cm) e la qualità non eccelsa. Il soggetto femminile è giustamente tanto amato dai collezionisti di Ingres che, in assenza di altro, finiscono per contendersi anche i disegni del genere. Ecco così che una matita su carta dedicata alla contessa Charles d’Agoult e figlia, certo del 1849 e appena rinvigorita da qualche tocco di acquerello chiaro di sfondo, è stata venduta per ben 1,5 milioni di euro (Christie’s, New York, 31 gennaio 2013), quotazione che resta la terza in asta a dimostrazione dell’appetibilità del soggetto. Del resto, la stessa carta era passata da Druot il 17 marzo 1989, in un periodo spumeggiante per il mercato, e allora era cambiata di mano per non meno dell’equivalente di allora di 1 milione di euro. In assenza di ritratti femminili, ai collezionisti di maggior capacità di spesa non resta che puntare sui ritratti di uomini di stato, come quello di Ferdinando Filippo d’Orléans, erede al trono di Francia morto prima del tempo. Si tratta di una replica del 1844 di mano dello stesso Ingres di un’opera del 1842 ora esposta al Louvre, che il duca di Orléans aveva tanto amato, nonostante alcuni critici considerassero la posa poco virile a dispetto dell’uniforme.
ART E DOSSIER N. 366
GIUGNO 2019
In questo numero: Le anime del Novecento: Kounellis: le radici; Lee Miller tra fashion e guerra. In mostra: Burri a Venezia, Haering a Liverpool, Lygia Pape a Milano. Rinascimenti in mostra: Verrocchio a Firenze, Il Mediterraneo a Matera. Il mito dell'odalisca: Orientalismi in mostra a Parigi.Direttore: Philippe Daverio