Grandi mostre. 6 
Antonello da Messina a Milano

L'ETERNITÀ
FISSATA IN UN ISTANTE

Grazie a un ciclo di studi avviato nell’Ottocento, che ha portato al ritrovamento di preziosi documenti, oggi è possibile recuperare l’autentico profilo di Antonello da Messina, uno dei più grandi ritrattisti del Quattrocento che, pur guardando perlopiù a pittori di area fiamminga o a modelli catalani, ha mantenuto salda l’unicità del suo stile.

Maurizia Tazartes

«Antonellus Messaneus»: un pittore sino a tempi recenti sfuggente e misterioso, ma uno dei più grandi del Quattrocento. I terremoti e gli eventi naturali ne avevano distrutto ricordo e testimonianze. Vasari ne romanza la vita immaginando un ragazzo prodigioso che va a strappare nelle Fiandre il segreto della pittura a olio a «Giovanni da Bruggia», ovvero Jan van Eyck. Carlo Ridolfi nel 1648 nelle Maraviglie dell’arte profila un Giovanni Bellini, che inventa marchingegni per spiare la tecnica a velature di Antonello.

Finalmente nell’Ottocento due studiosi siciliani, il palermitano Gioacchino Di Marzo e il messinese Gaetano La Corte Cailler, scoprono una dozzina di documenti del pittore prima che il terremoto di Messina del 1908 li distrugga definitivamente. Mentre un instancabile storico dell’arte come Giovanni Battista Cavalcaselle ne fiuta e segue le tracce in tutta Europa, scova le opere, gliele attribuisce, le disegna e le commenta in preziosi taccuini. Poi arrivano gli studi novecenteschi di Lionello e Adolfo Venturi, Bernard Berenson, Roberto Longhi e di altri storici.
Antonello da Messina riaffiora così con un suo profilo vero e trentacinque opere in catalogo. Diciannove di queste, preziose e bellissime, sono esposte a Palazzo reale di Milano, in occasione della mostra Antonello da Messina (fino al 2 giugno), curata da Giovanni Carlo Federico Villa. Non solo, accanto alle opere di Antonello sono esposti sette taccuini e diversi fogli sciolti provenienti dalla Biblioteca marciana di Venezia con disegni e annotazioni di Cavalcaselle che analizzano nel dettaglio le stesse opere. Un autentico ritorno alle radici del pittore, che può vantare, adesso, anche un importante catalogo (realizzato per l’esposizione milanese) con interessanti saggi ed esaurienti schede che ripercorrono minutamente la storia di ogni opera. Un ottimo recupero.
Per ricordare il mito dell’artista, ancora presente nell’Ottocento, ci si imbatte in apertura nella tela di Roberto Venturi con Giovanni Bellini apprende i segreti della pittura a olio spiando Antonello del 1870. Poi, l’Antonello vero, nato a Messina intorno al 1430 e morto nella stessa città, a quarantanove anni, tra il 14 e il 25 febbraio 1479. Figlio di Antonio, lavoratore della pietra (“maczonus”) e nipote di Michele Antonio, proprietario di un brigantino. Ed ecco il giovane “pictor” muoversi in città siciliane a dipingere tavole e gonfaloni, studiare a Napoli nella bottega di Colantonio, tra umanisti italiani, pittori nordici e catalani, e poi più adulto tornare su un brigantino noleggiato dal padre con la sua famiglia dalla Calabria, comprare casa a Messina, proseguire per altre tappe nella penisola.


Annunciata (1475-1476), Palermo, Galleria regionale della Sicilia di palazzo Abatellis.

La postura di tre quarti“alla fiamminga”, l’ironia sottile,
ma anche la sapienza, il benessere


Tra Messina e la corte aragonese di Napoli, terre culturalmente vivaci per gli scambi con Sardegna, Spagna, Fiandre e Provenza, le opere d’arte circolavano e Antonello crea un suo linguaggio misto di italiano e catalano, dalla forma smagliante, compatta e colore a olio steso a velature. Un’opera come la Crocifissione di Sibiu (Romania), del 1465 circa, mostra un’integrazione di elementi della cultura nordica nella parte inferiore con un’impostazione italiana nel taglio prospettico di quella superiore. E, sullo sfondo, una rivisitazione di Messina, presenza “moderna” in un soggetto sacro.
Dalla bottega di Antonello escono piccole tavole, a volte dipinte sui due lati come l’Ecce Homo del 1463-1465 con un abraso San Girolamo in eremo sul verso. O come l’Ecce Homo del 1468-1470, firmato, di palazzo Spinola di Genova. Escono Madonne, polittici e ritratti, un genere quest’ultimo in cui il pittore si dimostra abile e innovativo, cogliendo di ciascun effigiato note di carattere ed espressioni enigmatiche.
La mostra ne presenta un bel numero. Il Ritratto d’uomo dei Musei civici di Pavia (pinacoteca Malaspina), firmato «Antonellus Messaneus pinxit», il Ritratto d’uomo del Museo Mandralisca di Cefalù, l’esangue Ritratto di giovane del Metropolitan Museum di New York, il Ritratto di giovane, firmato, del Thyssen-Bornemisza di Madrid. Databili tutti intorno agli anni Settanta del Quattrocento, lanciano i loro sguardi compunti o ammiccanti raccontandoci storie che non siamo più in grado di conoscere. La postura di tre quarti “alla fiamminga”, l’ironia sottile, ma anche la sapienza, il benessere, escono da questi volti, con la loro vita alle spalle.
Il Ritratto d’uomo di Cefalù, indicato come «l’ignoto marinaio» tra le ire di Roberto Longhi, ha un sorriso misterioso e vagamente inquietante che la dice lunga sul tipo. Segnalato la prima volta nel 1860 da Cavalcaselle in una lettera al barone Enrico Pirajno di Mandralisca come l’unica opera di Antonello vista nella Sicilia occidentale, era stato acquistato dal nobile l’anno prima. Rappresenta un personaggio dall’aspetto molto siciliano, per cui viene ora proposto il nome di Francesco Vitale da Noja, vescovo di Cefalù tra il 1484 e il 1492.


Crocifissione (1465 circa), Sibiu (Romania), Muzeul Nat ’ ional Brukenthal.

Il Ritratto di giovane della National Gallery di Londra, del 1473-1474, è superbo, iconico, con quel berretto rosso “alla fiamminga”. Il Ritratto di giovane del Philadelphia Museum of Art, ricordato in un testamento come un «rarissimo ritratto di Antonello» con la data 1474, ha un viso e un’espressione ironica molto caratterizzati. Antonello guardava ai ritratti di Petrus Christus, Hans Memling, Van Eyck, Jean Fouquet, ma poi mescolava tutto con la sua italianità.


Le Madonne brillano nella loro compattezza scultorea




Anche le Madonne, come la Madonna col Bambino, detta Madonna Salting, della National Gallery di Londra o la Madonna col Bambino e angeli reggicorna, tra san Giovanni evangelista e san Benedetto, dal Polittico di Firenze/Milano - ora interamente alle Gallerie degli Uffizi, compreso il San Benedetto (in deposito dalla Regione Lombardia) - brillano nella loro compattezza scultorea. Entrambe dei primi anni Settanta, con le corone tempestate di gioielli o di fiori, le guance tonde, gli abiti ricchi, raccontano come il pittore si ispirasse a modelli catalani, oltre che italiani.
Nel 1474 Antonello ha già risalito la penisola passando per Roma, Toscana, Marche, ha visto le opere di Piero della Francesca ed è giunto a Venezia, dove viene in contatto con Giovanni Bellini. Una prima testimonianza in terra veneta è il Ritratto di giovane di Berlino (Staatliche Museen zu Berlin, Gemäldegalerie), firmato e datato 1478, in cui l’abbigliamento è decisamente veneziano. Il San Girolamo nello studio del 1475 circa, della National Gallery di Londra, ricordato da Marcantonio Michiel nel 1529 nelle collezioni Pasqualini della città lagunare, rivela le conquiste prospettiche del messinese e le nuove tonalità di luce. Opera fondamentale, attribuita dal Settecento a Dürer, sarà restituita al messinese da Cavalcaselle.
Per Antonello è una nuova stagione di capolavori, dalla Crocifissione del Musée Royal des Beaux- Arts di Anversa, che colpisce per la bellezza e tensione dei tre uomini crocifissi e la nuova dimensione del paesaggio, all’Ecce Homo del collegio Alberoni di Piacenza, un vero e proprio ritratto da un modello reale. Dal potente Ritratto d’uomo (detto anche Il condottiero), firmato e datato 1475 (Parigi, Musée du Louvre) studiato in ogni dettaglio della fisionomia (persino nel difetto al labbro), al Ritratto d’uomo (Michele Vianello?), della Borghese di Roma, ricordato da Marcantonio Michiel in casa di Antonio Pasqualini a Venezia e identificato da Crowe e Cavalcaselle in Michele Vianello, agente di Isabella d’Este a Venezia.
Tra un dipinto e l’altro arriviamo all’Annunciata della Galleria regionale della Sicilia di palazzo Abatellis di Palermo, un’icona del 1475-1476. Un apice della storia dell’arte di tutti i tempi per la sua essenzialità e fascino, che rivolge lo sguardo verso di noi: «A noi che guardiamo si manifesta l’eternità fissata in un istante», scrive con una espressione felice Giovanni Carlo Federico Villa. E poi, la Pala di san Cassiano conservata al Kunsthistorisches Museum di Vienna, che ha fatto scuola per tutto il Cinquecento, e che, per incuria, è stata ridotta a pezzi. Una storia di sofferenze e peregrinazioni, ripercorribile (per fortuna) nella scheda di catalogo.
Di fronte a tante meraviglie si capisce perché il duca Galeazzo Maria Sforza nel marzo 1476, alla morte del ritrattista «al naturale» Zanetto Bugatto, volesse portarsi a Milano il «pictore ceciliano». E come invece Pietro Bon, committente della Pala di san Cassiano, prendesse tempo per tenersi l’artista, che doveva finire una «de le più eczellenti opere de penelo che habia Ittalia e fuor d’Ittalia», rispondeva al duca il 16 marzo dello stesso anno.


Crocifissione (1465 circa), Sibiu (Romania), Muzeul Nat ’ ional Brukenthal.

Ritratto di giovane (1474), Filadelfia, Philadelphia Museum of Art.

Madonna col Bambino e due angeli reggicorona, pannello centrale dal Polittico di Firenze/Milano (1471-1472), Firenze, Gallerie degli Uffizi.


Ecce Homo (1475), Piacenza, collegio Alberoni.


San Girolamo nello studio (1475 circa), Londra, National Gallery.

ART E DOSSIER N. 365
ART E DOSSIER N. 365
MAGGIO 2019
n questo numero: Biennale di venezia: Tutti gli appuntamenti. Intervista al curatore del Padiglione Italia. Arti unite d'Europa: Settecento, la Schengen delle note. Europa nostra: la difesa del patrimonio. In mostra Gorky a venezia, Sorolla a Londra, Le modèle noir a Parigi, Van Orley a Bruxelles, Leonardo a Firenze, Antonello da Messina a Milano.Direttore: Philippe Daverio