Grandi mostre. 4 
Leonardo da Vinci a Firenze

LE CARTE, I RICORDI,
LA VITA

Nel cinque centenario della morte di Leonardo da Vinci, dodici fogli del Codice Atlantico sono in mostra a Palazzo Vecchio. Un nucleo accuratamente selezionato di temi che, per il genio toscano, hanno rappresentato un continuo richiamo al luogo di origine, come ci racconta la curatrice del progetto espositivo.

Cristina Acidini

«Pictor florentinus», Leonardo da Vinci si definì per tutta la vita, sin negli ultimi documenti. Ma nel comune sentire, in cui la verità storica si mescola con la “vox populi” e la leggenda in una serie incontrollabile di contaminazioni, Leonardo è milanese. O magari francese. Questo, non senza ragione: perché dei suoi reiterati soggiorni a Milano rimasero tangibili testimonianze artistiche, specie la pittura murale (esangue e tuttavia potente) dell’Ultima cena in Santa Maria delle Grazie. E il suo trasloco in Francia nel 1516, a tre anni dalla morte, procurò alla corona ben sei quadri eccelsi, oggi al Louvre, compresa la mitica Monna Lisa.

A Firenze, la città nel cui dominio ebbe i natali ad Anchiano presso Vinci, restano dei suoi dipinti solo i tre riuniti negli Uffizi: il Battesimo di Cristo del Verrocchio, dove fu autore di interventi parziali; l’Annunciazione, giovanile e acerba; e l’Adorazione dei magi, di geniale originalità, rimasta però interrotta. Il nucleo dei disegni negli Uffizi è visibile in circostanze espositive speciali, com’è giusto che sia, e la Battaglia d’Anghiari sopravvive nelle forme del ricordo, quasi come un fantasma senza pace, che talora torna a manifestarsi.
In questo 2019, in cui si celebra Leonardo a mezzo millennio dalla morte (il 2 maggio 1519 nel castello di Clos-Lucé ad Amboise, fra le braccia - secondo il racconto di Giorgio Vasari - del re Francesco I), è parso ai massimi vertici cittadini che gli si dovesse rendere omaggio, riportando la sua memoria in una dimora temporanea e tuttavia nobile quale solo Palazzo Vecchio - sede del governo cittadino nel passato e nel presente - poteva rappresentare. E qui, nella Sala dei gigli, viene offerta ai visitatori la mostra Leonardo da Vinci e Firenze. Fogli scelti dal Codice Atlantico, che espone dodici fogli estratti da quella straordinaria miscellanea che è il codice, approdato dopo alterazioni e traversie nella Veneranda Biblioteca Ambrosiana di Milano: un manoscritto composto di millecentodiciannove fogli in massima parte autografi, dai soggetti più diversi, raccolti da Leonardo nell’arco di quarant’anni di vita. Ai dodici fogli si accompagna un quadro: Testa di Cristo Redentore soffuso d’inquieta bellezza della Pinacoteca Ambrosiana, mai visto prima a Firenze benché proprio qui sia stato restaurato. Esso fa riferimento a uno strettissimo collaboratore di Leonardo, il lombardo Gian Giacomo Caprotti (detto Salaino o Salaì, diavoletto), il quale, seguendo Leonardo nelle sue peregrinazioni eccellenti, fu con lui anche a Firenze nel 1503-1508.


Codice Atlantico (1478-1518), conservato nella Biblioteca Ambrosiana a Milano. “Castello” o impalcatura mobile che sostiene una gru girevole (1480 circa), f. 808r.

Un manoscritto composto di millecentodiciannove fogli in massima
parte autografi, dai soggetti più diversi


A guidare nella scelta dei dodici fogli (un’autentica sfida, a fronte dell’ampiezza del codice!) è stato il ricorrente riferimento a Firenze, che fu per Leonardo lo scenario delle tribolazioni familiari, la meta di ritorni lunghi o brevi, e soprattutto una presenza costante nella mente e nelle azioni attraverso le reti di protezioni, conoscenze, amicizie, corrispondenze, il bagaglio delle conoscenze, delle esperienze, dei ricordi acquisiti in patria, il lavorìo progettuale e la continuazione dei quadri iniziati nei soggiorni fiorentini e altro ancora.
Tra i fogli selezionati, alcuni rimandano al periodo in cui frequentò la bottega di Andrea del Verrocchio.
Fu allora che conobbe Sandro Botticelli, al quale avrebbe poi indirizzato una critica, di cui è testimonianza una celebre frase nel codice. È dimostrato l’interesse di Leonardo per Santa Maria del Fiore, dove ancora si vedevano le straordinarie macchine inventate da Filippo Brunelleschi nel costruire la cupola; personalmente poi Leonardo aveva seguito da vicino, col Verrocchio, il montaggio della palla cava di rame dorato sulla sommità della lanterna, nel 1471.
Sotto il tetto del palazzo, oggi detto Vecchio, poté incontrare un personaggio carismatico e inquietante come fra Girolamo Savonarola, saldamente a capo di un governo teocratico nel 1495-1496, prima della scomunica e del rogo nel 1498. Fu consulente per la savonaroliana Sala del Maggior Consiglio e per la collocazione del David del giovane rivale Michelangelo. È probabile che studiasse dal vero i leoni nel serraglio, ritraendone uno accovacciato nel San Girolamo della Pinacoteca Vaticana. E, in mostra, il foglio contenente lo schematico racconto dello scontro militare avvenuto nell’Aretino tra i Milanesi da un lato e i Fiorentini con la Lega dall’altro, il 29 giugno 1440, rappresenta le istruzioni che la Repubblica diede a Leonardo, affinché mettesse in figura la Battaglia d’Anghiari: con la Battaglia di Cascina di Michelangelo, sarebbe stata un’eccelsa impresa artistica a carattere commemorativo voluta dal gonfaloniere perpetuo Pier Soderini, ma non vide mai la luce per le inadempienze dell’uno e dell’altro.
Un altro foglio in mostra evoca un’istituzione di stabile riferimento per Leonardo: lo Spedale di Santa Maria Nuova, che non solo era una grande struttura sanitaria, ma gestiva anche depositi bancari (compreso il suo) e ospitava la compagnia di San Luca o dei pittori, cui egli apparteneva fin dal 1472. Proprio nello Spedale Leonardo poté studiare l’anatomia umana, compiendo dissezioni di cadaveri e riportando in accuratissime tavole i risultati delle sue pionieristiche osservazioni.

Presupposti per progetti visionari quali il lungo “canale” alternativo al corso dell’Arno per migliorare la navigazione e scongiurare le alluvioni




“Memorandum”, una nota di meccanica sul centro della gravità, note di ottica e prospettiva; schizzo della testa e del busto di un uomo con il profilo voltato a destra e debole schizzo di una struttura lignea (1504 circa), con aggiunte più tarde (1506-1507 circa), f. 331r.

scomposizione di “lunulae” geometriche, schizzi di architettura, frase mutila e battuta contro i medici/ Medici: «Li medici mi creorono e desstrussono» (1515 circa), f. 429r.

Studi per un combattimento navale (1485-1487 circa), f. 909v.


Studi di canalizzazione e note con la dicitura «Canale per a firenze» (1495 circa), f. 126v.


Gian Giacomo Caprotti detto Salaino o Salaì, Testa di Cristo Redentore (1511), Milano, Pinacoteca Ambrosiana.

Altri fogli danno altre indicazioni, per seguire i percorsi diversi e complessi delle ricerche di Leonardo, specialmente condotte a Firenze nel suo soggiorno dal 1503 al 1508, intorno al volo degli uccelli e al comportamento dell’acqua: presupposti per progetti visionari, quali l’ala meccanica e il volo umano, e il lungo “canale” alternativo al corso dell’Arno per migliorare la navigazione e scongiurare le alluvioni.
Non mancano riferimenti alla potente famiglia Medici, che lo protesse al tempo di Lorenzo il Magnifico e poi dei suoi figli, Leone X e Giuliano duca di Nemours, tra Firenze e Roma.
I dodici fogli riassumono così, tramite brevi ricordi occasionali di Firenze e di luoghi, cose e persone legate a essa, la biografia di Leonardo dal punto di vista della sua “nazione”, ovvero della nascita: un elemento fortemente identitario che attraversa come un “fil rouge”, quasi tenendoli insieme, i diversi segmenti d’una biografia tanto affascinante quanto complicata

ART E DOSSIER N. 365
ART E DOSSIER N. 365
MAGGIO 2019
n questo numero: Biennale di venezia: Tutti gli appuntamenti. Intervista al curatore del Padiglione Italia. Arti unite d'Europa: Settecento, la Schengen delle note. Europa nostra: la difesa del patrimonio. In mostra Gorky a venezia, Sorolla a Londra, Le modèle noir a Parigi, Van Orley a Bruxelles, Leonardo a Firenze, Antonello da Messina a Milano.Direttore: Philippe Daverio