L'oggetto misterioso


COSA SAPPIAMO
DI QUELLO SGUARDO MAGNETICO

di Gloria Fossi

Riehen/Basilea, 1° febbraio 2019, Fondation Beyeler. È appena terminata l’anteprima di Der junge Picasso - Blaue und Rosa Periode (fino al 26 maggio). Il curatore, Raphaël Bouvier, ha concesso decine d’interviste. Claude Picasso, ospite d’onore, ha rievocato il padre anziano coi ricordi di un bambino degli anni Cinquanta. È impressionante vederlo, maturo ma giovanile e somigliantissimo al genitore, di fronte a dipinti eseguiti quarant’anni prima della sua nascita. Gli chiediamo di un’opera del dopoguerra che lo riguarda, non pertinente alla mostra. Ne scriveremo prossimamente. Adesso restiamo a scrutare, in un mutuo scambio di sguardi, gli occhi scuri, ipnotici del padre da giovane. Ci guardano da un dipinto folgorante e unico. Risale al 1901, Picasso non ha vent’anni. Quel quadro ci intriga, da quando nel 2013 lo vedemmo al Courtauld Institute of Art di Londra in occasione della mostra Becoming Picasso. Paris 1901. Una cosa è studiarlo sui libri, un’altra dal vivo. Si scrive spesso che sia ispirato all’Autoritratto di Poussin (1650) del Louvre. Per noi i paragoni vanno casomai a Goya, ma con Picasso i confronti sono sempre peregrini, forse anche inutili. Il dipinto non somiglia a nessun altro: è Yo Picasso, dalla scritta stesa con vernice pastosa, quasi fauve, in alto a sinistra: un ritratto dell’artista da giovane, direbbe Joyce, che tocca il culmine di una precoce formazione in un anno fatidico, di svolta. A maggio del 1901, tornato per la seconda volta a Parigi, Pablo dipinge, in poche settimane, decine di tele da esporre da Vollard. Quale giorno dipinse Yo Picasso? Per caso lo aveva portato dalla Spagna? Sappiamo che alla mostra di rue Laffitte, inaugurata il 25 giugno di quello stesso anno, fu segnato col numero 1.

Lo sguardo sicuro e penetrante, orgoglioso e impaziente, attesta una compiuta consapevolezza artistica, enfatizzata dall’energia perentoria della scritta «YO Picasso»: YO (Io), in maiuscolo; sotto, in corsivo, Picasso, cognome della madre, scelto quell’anno in luogo del meno incisivo «Ruiz» paterno. Da allora, sarà solo Picasso. Sembra dirci: «Sono io, Picasso. Qui e ora. Un talento. Il re. Lo dimostro oggi, lo confermero  in futuro». A Barcellona, prima di partire, su un foglio perduto, aveva profetizzato la futura carriera in un autoritratto a matita. Attorno al capo si leggeva «Yo el Rey, Yo el Rey» (Io, il re). In altre opere scrisse solo la nietzschiana affermazione: «YO». Del quadro ora in mostra esiste un disegno preparatorio nel quale il pittore è seduto, a figura intera, al cavalletto. La scelta finale di tre quarti, a distanza ravvicinata, appare più incisiva. Il foulard arancione attorno al collo spicca dal candore dell’ampia blusa, accentua i contrasti cromatici e segnala la cura per un abbigliamento mai casuale, neanche nei momenti di miseria.


Pablo Picasso, Yo Picasso (1901). Qui sopra, il particolare con la scritta: «YO», in alto, e sotto, in corsivo, «Picasso».

Potremmo entrare in cronaca diretta parlando
di Al piano (1858-1859, Cincinnati, Taft Museum),


Dove abbiamo visto il quadro, oltre che a qualche mostra e sui libri? Ripercorriamone le vicende. Dopo la mostra da Vollard, la sorte immediatamente successiva è ignota. Quattro o cinque tele, fra le oltre sessanta esposte, furono vendute (ma non questa). Poi?
Giunse in Germania tramite Wilhelm Uhde, amico di Picasso a Parigi? O qualche tempo dopo lo acquisto  Kahnweiler, promettente mercante tedesco che nel 1907 inizio  a finanziare Picasso e altri giovani? Certo il quadro, nell’autunno 1912, era a Monaco di Baviera, alla Moderne Galerie di Heinrich Thannhauser, precoce estimatore di Picasso e Braque, cui aveva dedicato la prima mostra nel 1911. Da lui, il 2 novembre 1912, lo acquisto  Hugo von Hofmannsthal. Lo scrittore austriaco, trentottenne, aveva appena iniziato Andrea o I ricongiunti, capolavoro di «geometrici destini» (come lo definì lo stesso autore), rimasto frammentario. Il 25 ottobre Hofmannsthal era stato a Stoccarda alla prima dell’Ariadne auf Naxos di Richard Strauss, per la quale aveva scritto il libretto; poi per qualche giorno aveva soggiornato dall’amica Ottonie Gräfin Degenfeld. L’epistolario fra il poeta e la contessa, mai tradotto in italiano, e i saggi di alcuni germanisti, ci illuminano. Passando a Monaco, Hofmannsthal vide da Thannhauser YO Picasso. Lo acquisto  con i diritti del Rosenkavalier, composto anch’esso per Strauss. Il 10 novembre, tornato a Vienna nella villa di Rodaun, scrisse all’amica di godere molto di quel dipinto. Il 25 maggio 1913 lei gli scrive da Parigi: è andata da Vollard, col pittore belga Van Rysselberghe, ma di Picasso il gallerista non ha più niente. Kahnweiler le dirà la stessa cosa. Ottonie tenta perfino di andare allo studio del pittore. D’altra parte, Kahnweiler aveva attivato un’accorta politica di esportazione in Germania di Picasso, del quale aveva il monopolio. Agli inizi del 1913 aveva venduto decine di tele a Thannhauser, che a febbraio organizzo  una nuova, grande mostra. Yo Picasso, pero , lo aveva già comprato Hofmannsthal, né ci risulta sia stato più esposto fin quando resto  nella famiglia austriaca. Un anno prima di morire, nel 1928, Hofmannsthal dà Yo Picasso alla figlia che si sposa e si trasferisce a New York. Venduto dal nipote nel 1970, passa nella collezione attuale nel 1989. Un flash, ora ricordiamo. Quel quadro lo abbiamo visto in una fotografia che ritrae Hofmannsthal verso il 1919, visibilmente soddisfatto, nel suo salotto. Anni prima, poco dopo l’acquisto, aveva perfino deciso di farsi fotografare nell’identica posa di Picasso. Anche lui, folgorato da quello sguardo magnetico. D’altra parte, già nel 1902, nella sublime Lettera di Lord Chandos, aveva definito un artista come colui che racchiude nel suo lavoro ogni cosa: «La voluttà ineffabile del concepimento, l’ebbrezza avvincente dell’idea, il tormento ininterrotto della creazione».


Pablo Picasso, Yo Picasso (1901). Qui sopra, il particolare con la scritta: «YO», in alto, e sotto, in corsivo, «Picasso».


Hugo von Hofmannsthal attorno al 1913.


Hugo von Hofmannsthal nel suo salotto di Rodaun (Vienna), e sulla parete il dipinto di Picasso (1919 circa).

ART E DOSSIER N. 365
ART E DOSSIER N. 365
MAGGIO 2019
n questo numero: Biennale di venezia: Tutti gli appuntamenti. Intervista al curatore del Padiglione Italia. Arti unite d'Europa: Settecento, la Schengen delle note. Europa nostra: la difesa del patrimonio. In mostra Gorky a venezia, Sorolla a Londra, Le modèle noir a Parigi, Van Orley a Bruxelles, Leonardo a Firenze, Antonello da Messina a Milano.Direttore: Philippe Daverio