Architettura per l'arte
LA MONTAGNA
SULL'ACQUA
di Aldo Colonetti
imusei si misurano - oltre che in base alle loro collezioni e attività culturali - in relazione al numero e alla tipologia dei visitatori, a cui si associa un giudizio sul progetto architettonico; da questo punto di vista il Muse - Museo delle scienze di Trento di Renzo Piano rappresenta, a livello internazionale, uno degli interventi più riusciti degli ultimi anni.
Inaugurato nel 2013, in cinque anni ha avuto più di tre milioni di visitatori, di cui un quarto proveniente dal Trentino e il resto da tutta Europa. Inoltre sono più del quaranta per cento gli studenti che hanno partecipato alle attività educative e di approfondimento che il direttore del museo, Michele Lanzinger, con il suo gruppo di lavoro, ha organizzato. Tutto questo viene da lontano, in particolare dalla decisione di cambiare il volto della città di Trento, quando la Provincia decise d’intervenire sull’area dell’ex Michelin, quasi centomila metri quadrati più altri tredicimila interrati, individuando alcune nuove funzioni: residenze, attività commerciali, hotel, centro congressi e, soprattutto, un parco di cinque ettari, dove sarebbe sorto il Muse, quasi dodicimila metri quadrati tra spazi dedicati a esposizioni, ad attività didattiche e a uffici.
«È stato un lavoro lungo durante il quale la collaborazione con le istituzioni e soprattutto con la direzione del museo ha portato a una serie di scelte progettuali specifiche che ritroviamo sia nella forma dell’edificio, chiaro riferimento alle vicine montagne, sia nell’interno disegnato per accogliere grandi spazi espositivi organizzati su più piani, una sorta di metafora dell’ambiente montano. Il percorso museale è un racconto dell’evoluzione, delle origini dell’uomo e del suo rapporto con l’habitat circostante ma è anche un viaggio sensoriale che consente al visitatore di fare una serie di esperienze vestendo i panni di un “esploratore”. L’intera struttura, concepita secondo i principi della sostenibilità ambientale e del risparmio energetico, si avvale di fonti rinnovabili, sistemi ad alta efficienza che permettono di sfruttare la luce naturale e di creare, tramite specifici apparati e materiali, ombreggiature, temperature e umidità diverse», afferma Renzo Piano, che continua: «Ho pensato a un edificio costituito da una successione di spazi e volumi, di pieni e vuoti, adagiati su un grande specchio d’acqua. Il tutto tenuto insieme, in alto, dalle grandi falde della copertura, che ne assecondano le forme, diventando elemento di forte riconoscibilità».
Una specie di montagna artificiale che dialoga con il paesaggio intorno alla città e dove la natura è il riferimento di tutto il progetto sia per la parte esterna sia per quella interna. Si potrebbe sostenere che l’opera di Piano possa dialogare, su un piano museale, col tema della XXII Esposizione internazionale della Triennale di Milano, inaugurata il 1° marzo scorso, dal titolo Broken Nature: Design Takes on Human Survival, a cura di Paola Antonelli.
Nel caso del Muse, alla base della rappresentazione progettuale c’è l’intento di avvicinare l’uomo alla natura e di stimolare i visitatori, dai piccoli agli adulti, anche tramite installazioni, giochi interattivi e mostre multimediali, a prendere sempre maggiore consapevolezza dei temi locali e planetari. Un luogo di apprendimento, riflessione, confronto per comprendere com’è cambiato il nostro pianeta, dalla preistoria a oggi, e l’impatto che su di esso ha avuto lo sviluppo industriale e tecnologico.
È un museo di forte impatto emozionale, sospeso tra cultura digitale e tradizione analogica, tra il tipico approccio dei musei di storia naturale con i temi e le modalità di interazione con il pubblico dei più moderni “science centre”.
Gli spazi espositivi si sviluppano su sei piani, dall’alto verso il basso fino al piano interrato. Il punto di partenza è la terrazza dove si può godere di una visione dall’alto del paesaggio. Nelle sale espositive dei piani superiori, vette, ghiacciai, cambiamenti climatici sono i temi principali; scendendo troviamo invece una suggestiva ricostruzione della fauna e della flora alpina, per proseguire con la geologia alpina e dolomitica, i fenomeni geologici e tettonici, la storia mineraria. Al primo piano entriamo invece nella preistoria, mentre in quello interrato veniamo a contatto con le origini della Terra e l’evoluzione delle prime forme di vita. Qui troviamo la serra tropicale montana, una vera e propria “green-house” dove far crescere e proteggere una foresta pluviale.
Un’architettura che parla al visitatore, senza imporre un punto di vista, anzi aperta a punti di vista diversi; il tutto mettendo al centro un concetto pedagogico: “imparo divertendomi”.
ART E DOSSIER N. 365
MAGGIO 2019
n questo numero: Biennale di venezia: Tutti gli appuntamenti. Intervista al curatore del Padiglione Italia. Arti unite d'Europa: Settecento, la Schengen delle note. Europa nostra: la difesa del patrimonio. In mostra Gorky a venezia, Sorolla a Londra, Le modèle noir a Parigi, Van Orley a Bruxelles, Leonardo a Firenze, Antonello da Messina a Milano.Direttore: Philippe Daverio