Blow up


MODOTTI, GILARDI,
ARCHIVIO PUBLIFOTO

di Giovanna Ferri

Famiglia proletaria e fortemente influenzata dal socialismo di fine Ottocento: il padre Giuseppe fu tra i primi a iscriversi al Partito socialista italiano. Non solo. Amava la musica lirica e nel suo lavoro come meccanico si divertiva a sperimentare e a creare. La madre, Assunta Mondini, faceva la cucitrice. Lo zio Pietro, invece, smise di fare il macellaio per aprire uno studio fotografico. Questo il mondo da cui proveniva Tina Modotti, nata a Udine nel 1896 nell’antico borgo Pracchiuso. Emigra ancora piccolissima nel 1898 quando la famiglia è costretta a lasciare la terra d’origine per cercare fortuna in Austria. Ma è solo il primo di una lunga serie di viaggi (tappe fondamentali Stati Uniti, Messico, Spagna) durante i quali la Modotti si lascia sedurre dai numerosi stimoli culturali che incontra nel suo cammino. Conosce la realtà della fabbrica a soli dodici anni quando inizia a lavorare come operaia in una filanda. Eredita dal padre la passione per la politica, che non l’abbandonerà mai (in Messico stringe rapporti con artisti militanti e nel 1927 si iscrive al Partito comunista) e si cimenta con il teatro, il cinema, la moda e naturalmente con la fotografia. Arte, quest’ultima, che ha modo di approfondire con Edward Weston, conosciuto nel 1920 e del quale fu modella e amante. Recepisce da lui i prinicipi della fotografia modernista inaugurata da Alfred Stieglitz e ne applicherà i canoni a ogni elemento della realtà, da un fiore alla figura umana, e per ogni finalità, dallo studio estetico delle forme degli oggetti quotidiani all’osservazione della vita dei contadini fino alla propaganda politica. Le tappe salienti della sua intensa vita, interrottasi prematuramente nel 1942, sono oggetto della mostra Tina Modotti fotografa e rivoluzionaria fino al 1° settembre presso la Fondazione Cassa di risparmio di Jesi - palazzo Bisaccioni in provincia di Ancona (www.fondazionecrj.it) con sessanta scatti provenienti dalla Galerie Bilderwelt di Berlino di Reinhard Schultz, anche curatore del progetto espositivo, ideato da Francesca Macera.


Tina Modotti, Mani del burattinaio (Louis Bunin), Messico 1929.

Ando Gilardi, Giornali, Genova 1952.


Passanti leggono il titolo della seconda edizione del quotidiano “Milano-Sera” affisso a un muro: «Il popolo ha scelto. È già Repubblica», 5 giugno 1946, Archivio Publifoto Intesa Sanpaolo.

Il piemontese Ando Gilardi (1921-2012) inizia a dedicarsi alla fotografia nel 1945, dopo la fine della guerra (durante la quale si unì ai partigiani), quando viene arruolato a Genova dalla commissione interalleata e incaricato al servizio di documentazione per ricercare e riprodurre immagini del conflitto, specie dei crimini nazifascisti, come ausilio del processo di Norimberga. È impegnato come giornalista in varie testate (dal 1950 al 1962 “Lavoro”, rotocalco della CGIL). Tra i primi fotogiornalisti nazionali, si muove da Nord a Sud per immortalare braccianti agricoli e operai alle prese con i loro attrezzi del mestiere e nelle loro mansioni quotidiane e per raccontarne la vita con acume e profondità. In qualità di storico e critico della fotografia, oltreché di giornalista e fotografo, Gilardi ha portato avanti nel corso della sua carriera la riflessione intorno a temi come la semantica, il valore e il potere del documento fotografico anche attraverso studi, ricerche e pubblicazioni. Il suo patrimonio, composto da fotografie, litografie, cromolitografie, xilografie, calcografie, dipinti e documentazione editoriale, è confluito nella Fototeca Gilardi concepita da lui stesso nel 1950 a Roma e poi trasferita dal 1967 a Milano. Un significativo nucleo, in prevalenza istantanee, è esposto alla Galleria civica d’arte moderna e contemporanea di Torino fino al 16 giugno (Ando Gilardi reporter. Italia 1950-1962, www.gamtorino.it).

Fondata nel 1937 da Vincenzo Carrese (1910-1981), giornalista e anche fotografo, Publifoto Milano (nata con il nome Keystone) è stata, senza dubbio, una delle più autorevoli agenzie italiane di fotogiornalismo. Nel 2015 la sua cospicua collezione è entrata a far parte dell’Archivio storico di Intesa Sanpaolo che anche attraverso l’ausilio di esperti provvede a conservarla, restaurarla, a metterla a disposizione del pubblico e a farne oggetto di studio e ricerca. Duecento immagini del prezioso archivio sono ora esposte presso Camera - Centro italiano per la fotografia di Torino fino al 7 luglio (www.camera.to). Nel mirino. L’Italia e il mondo nell’archivio Publifoto, a cura di Aldo Grasso e Walter Guadagnini, ripercorre quarant’anni della nostra storia (1939-1981) attraverso scatti di autori, a volte rimasti anonimi, su personaggi e fatti cruciali di cronaca, politica, costume, società, cultura e sport.

ART E DOSSIER N. 365
ART E DOSSIER N. 365
MAGGIO 2019
n questo numero: Biennale di venezia: Tutti gli appuntamenti. Intervista al curatore del Padiglione Italia. Arti unite d'Europa: Settecento, la Schengen delle note. Europa nostra: la difesa del patrimonio. In mostra Gorky a venezia, Sorolla a Londra, Le modèle noir a Parigi, Van Orley a Bruxelles, Leonardo a Firenze, Antonello da Messina a Milano.Direttore: Philippe Daverio