La pagina nera


PER LE STORICHE DIMOREPOCHI AIUTI: CHE SQUALLORE

L’Associazione delle dimore storiche raggruppa ben quattromilacinquecento residenze private, parte importante del patrimonio artistico diffuso, che comportano un considerevole costo di tutela, compito purtroppo sempre più trascurato dallo Stato.

di Fabio Isman

Secondo l’Istat, l’Istituto di statistica, in Italia esistono quasi cinquemila musei, monumenti e aree archeologiche; almeno sessantasettemila chiese (ma per qualcuno, centomila); forse un migliaio di centri storici antichi; oltre quarantamila tra castelli e rocche; e almeno quattromilacinquecento residenze degne di tutela: tanti sono infatti gli iscritti all’Adsi, l’Associazione delle dimore storiche. Edifici celebri, come palazzo Colonna a Roma, che oltre ai saloni e alla celebre galleria, soltanto nelle stanze già della principessa Isabella sciorina, come nessun altro, trentanove dipinti di Gaspar van Wittel; o la Villa del principe a Genova, che Andrea Doria fece affrescare da Perin del Vaga, collaboratore di Raffaello a Roma. 

Ma anche luoghi assai meno noti: chissà quanti conoscono, per esempio, il castello di Massazza, vicino a Biella; quello di Tabiano, a Salsomaggiore; in provincia di Bari, la masseria Spina, di Monopoli; il settecentesco giardino di villa Garzoni a Collodi, la città di Pinocchio nel Pistoiese. Spesso, appartengono a famiglie che compiono notevoli sforzi per mantenerli e magari aprirli al pubblico: «Oltre duecentonovantunmila visitatori nel 2018», spiega Gaddo della Gherardesca, «toscano da trentaquattro generazioni», castello di famiglia a Castagneto Carducci (quello del conte Ugolino di dantesca memoria), nel Livornese, 5.400 metri quadrati coperti, che presiede l’Adsi, fondata nel 1977.
«Nel decennio fino al 2017, i privati che possiedono residenze storiche hanno investito una trentina di miliardi di euro in manutenzione: nove di spese ordinarie, e gli altri per interventi straordinari», dice un documento dell’Adsi. Il problema è che, fino al 2012, avevano diritto a un contributo del Ministero dei beni culturali su questi lavori: un bonus del trenta per cento, abolito dal governo Monti che ha anche sospeso i pagamenti già in corso. «I proprietari sono oggi dei forti creditori; io per esempio, dal 2005, di ottantamila euro». La legge di bilancio per il 2018 ha reperito centottanta milioni per interventi dichiarati ammissibili dallo Stato entro il 2012, e ha riattivato la possibilità di chiedere contributi; ma stanzia appena dieci milioni in tutto per il 2019; e il doppio per il 2020. «E così, gli interventi sulle residenze sono diminuiti, anche per questo; nel biennio dal 2015, del trentasette per cento quelli sui castelli, e del quarantatre quelli sulle ville».


La villa e il parco di Isola di Garda, a San Felice del Benaco, in provincia di Brescia.

Una volta, andava assai meglio: la Legge 512 del 1982 (firmata da Enzo Scotti e Rino Formica: sembra archeologia istituzionale) concedeva uno sgravio totale dai redditi,\ ma il beneficio è stato presto cancellato: non piaceva alle Finanze. «Oggi abbiamo soltanto una riduzione del cinquanta per cento sull’Imu; una deduzione forfettaria sui canoni di locazione del trentacinque per cento; e assai poco altro».
Eppure, continua Gaddo della Gherardesca, mantenere questi immobili «è un lusso; lo facciamo per fierezza, e per ricordarci di come eravamo. Io sarei stato anche un benestante; purtroppo, ho ricevuto però questa eredità cui provvedere». Elevati i costi di manutenzione, tra il personale addetto ai luoghi, gli artigiani specializzati per le riparazioni, e quant’altro. Tra i problemi, c’è anche quello dello status: chi apre una residenza al pubblico è considerato un banale affittacamere. «E c’è qualche differenza, per esemplificare e guardando al mondo automobilistico, tra una Dacia, poniamo, e una Rolls Royce. Una residenza d’epoca deve possedere meno di venticinque letti; anche questo è penalizzante: impedisce tante economie di scala». Poi, «noi mettiamo a disposizione dello Stato e del pubblico angoli, spesso splendidi, del nostro paese: i turisti non vengono dall’estero per visitare le Vele di Napoli, Tor Bella Monaca o il Corviale a Roma, il quartiere Sant’Ambrogio a Milano. Per poter essere conservata, ogni dimora storica richiede in media novantamila euro all’anno».
E la meritoria attività degli iscritti all’Adsi avviene su vasta scala; dice ancora il suo presidente: «Il Fai, il Fondo per l’ambiente, è assolutamente da elogiare; tuttavia possiede una cinquantina di edifici; e se le ville venete sono oltre quattromila, assai più sono le nostre residenze, spesso mantenute grazie ai residui di fondi accumulati in passato dalle famiglie proprietarie. Eppure, rappresentiamo un elemento distintivo del Bel Paese, che non è costituito soltanto dal Colosseo o dalla basilica di San Pietro, ma da una bellezza diffusa dappertutto: le residenze storiche sono un elemento irrinunciabile dei nostri panorami. Su ogni collina, perfino la più sperduta, c’è qualche piccola realtà locale. Invece, spesso siamo quasi visti come dei nemici del popolo; degli sfruttatori di chissà che cosa». «Andrebbero poi sistemate le disomogeneità normative tra le varie regioni, che comportano diversi livelli qualitativi nell’offerta turistica»; e forse servirebbe anche una norma apposita «per i proprietari di immobili vincolati che avviino un’attività d’impresa onde ridurre i costi della manutenzione».


Su ogni collina, perfino la più sperduta, c’è qualche piccola realtà locale


Il castello di Massazza, vicino a Biella.

Tra gli altri “desiderata” dell’Adsi, che ha anche contribuito a predisporre un Manifesto per la protezione, conservazione e promozione del patrimonio, c’è pure la richiesta che i vincoli apposti agli immobili vengano automaticamente annotati nel catasto: questa è una delle tante pratiche burocratiche che andrebbero semplificate. «Nell’insieme, ci pare che in Italia manchi un “clima”, una considerazione favorevole rispetto al nostro status, a quanto facciamo», conclude Gaddo della Gherardesca. Poi, mostra un portfolio di foto bellissime: una dozzina di restauri recenti; e non meno esempi di interessanti architetture rurali, sparse in tutta Italia. Le immagini delle attività organizzate dalle diciotto sezioni dell’associazione. Residenze spettacolari, forse troppo scarsamente pubblicizzate e per questo poco note. Il palazzo Alliata di Pietratagliata a Palermo, con il più grande lampadario in vetro di Murano in Europa: del Settecento, quasi tre metri di diametro, novantanove bracci e duemilacinquecento pezzi di vetro; un concerto a palazzo Biscari di Catania (i soci all’Adsi, nel 2017, ne hanno organizzati un’ottantina); l’elegante salotto delle Stampe a Verona, nel palazzo Verità Poeta; a Rossano (Cosenza), perfino un singolare Museo della liquirizia dentro palazzo Amarelli; gli affreschi della cappella di San Valerio, del 1472, nel Castel Valer di Tassullo, nella trentina Val di Non; il castello liberty di Cuassolo, d’inizio Novecento, a Cosseria, un comune di mille abitanti nel Savonese; quello severo di Pereto, dove vivono soltanto seicento persone, in provincia dell’Aquila; il ricercato cortile del palazzo De Lellis Petrecca, a Isernia; per non dire delle isole del Garda, tra cui la bellissima San Felice del Benaco nel Bresciano; o di quelle del lago Maggiore: per le Borromee, «soltanto a Stresa affluiscono ogni anno quattrocentomila turisti», spiega il presidente. E fermiamoci qui: l’elenco rischia di essere interminabile. Chiediamoci invece quanto lo Stato si ricorda di tutto questo bendiddio, tenuto in vita, e in ottime condizioni, nonché offerto al pubblico da tanti privati che forse avrebbero diritto a qualche occhio di riguardo in più.


Un’immagine del giardino di villa Garzoni a Collodi, in provincia di Pistoia.


Un interno di palazzo Colonna a Roma.

ART E DOSSIER N. 363
ART E DOSSIER N. 363
MARZO 2019
In questo numero: Expat: artisti senza patria. Anguissola, una cremonese in Sicilia. Cassatt, dalla Pennsylvania a Parigi. Ribera, uno 'Spagnoletto' a Napoli. In mostra: Hokney e Van Gogh ad Amsterdam. Futuruins a Venezia. Hammershoi a Parigi. Boldini a Ferrara. Hollar a Vinci.Direttore: Philippe Daverio