Blow up


STRUTH, L’ITALIADEI FOTOGRAFI, SKOGLUND

di Giovanna Ferri

Da ogni suo progetto traspare una spinta a esplorare in modo analitico, meticoloso, a stratificare le immagini per riflettere e meditare su ciò che sta dietro il visibile, il tangibile, il macroscopico. Un approccio che per Thomas Struth (1954) è un vero e proprio marchio di fabbrica sia che il suo occhio si posi sulla natura, sui ritratti famigliari, sui paesaggi urbani, sul rapporto tra pubblico e opere d’arte (come la serie dedicata ai musei) sia che la sua attenzione sia rivolta a cogliere la complessità tecnologica di centri spaziali e di ricerca scientifica. Su questa complessità, tema affrontato dal fotografo tedesco da oltre dieci anni, si concentra la mostra alla Fondazione Mast di Bologna (Thomas Struth. Natura & Politica, fino al 22 aprile, www.mast.org), a cura di Urs Stahel. Un tema delicato che mette in campo i divresi aspetti legati alla tecnologia: da una parte simbolo di progresso nel campo della conoscenza e della sperimentazione, dall’altro simbolo di controllo e potere. Esposti venticinque scatti di grande formato dove la materialità di congegni raffinati si unisce a una spiccata intensità estetica, altro elemento costante nella poetica di Struth. Intrecci di cavi, robot, apparecchiature e infrastrutture altamente innovative, ambienti prepotentemente meccanizzati, tecnicamente incomprensibili alla maggior parte di noi, ma suscettibili, grazie alle particolari inquadrature offerte dal fotografo, di stimolare la nostra curiosità e la nostra fantasia.


Thomas Struth, Chemistry Fume Cabinet, Università di Edimburgo, 2010.

Nel Novecento, secolo di cambiamenti radicali nel nostro paese, la fotografia diviene mezzo fondamentale per raccontare l’attualità. In particolare, dopo il 1945, i canoni linguistici si arricchiscono e i diversi esponenti di quest’arte diventano più consapevoli del loro ruolo di narratori e testimoni. Da queste premesse prende spunto L’Italia dei fotografi. 24 storie d’autore fino al 16 giugno presso M9 a Mestre (Venezia, www.m9digital.it), museo inaugurato lo scorso dicembre. La scelta del curatore, Denis Curti, è stata quella di dare voce a una serie di opere iconiche rimaste incancellabili nella nostra memoria privilegiando, per ogni fotografo, un percorso tematico utile alla narrazione del “secolo breve”. Troviamo così, tra gli altri, argomenti quali: “la ricerca sociale” interpretata dall’obiettivo di Gianni Berengo Gardin, Lisetta Carmi e Carla Cerati; “le città” secondo lo sguardo di Ugo Mulas e Gabriele Basilico; “il paesaggio” dove l’intento di scrutare il territorio si coniuga con un orientamento riflessivo. Qui è Luigi Ghirri a regalarci trame visive che inducono alla contemplazione e a scorgere in luoghi, magari già visti, nuove prospettive.


Luigi Ghirri, Scardovari (1988).

Entrare nel mondo di Sandy Skoglund (1946) è come abbandonarsi a suggestioni visionarie, ironiche, inquietanti, surreali e dal forte contenuto enigmatico. Artista interdisciplinare, antesignana della “Staged Photography”, l’americana Skoglund realizza le sue immagini a partire da installazioni composte da oggetti di uso quotidiano, sculture, cibo dove spesso sono raffigurati o presenti esseri umani. La sua attività in qualità di “Image Maker”, come lei stessa si definisce, l’ha portata a creare in modo pianificato compositi “tableaux vivants” nei quali emerge il suo interesse per il cinema, la scenografia e la regia. Ricorrenti nei suoi interni domestici e non persone reali e animali scolpiti, dai colori monocromi, saturi e insoliti, che dominano in modo incontrastato la scena (Radioactive Cats, 1980; Revenge of the Goldfish, 1981) e che rappresentano una “coscienza” alternativa a quella umana, in un’atmosfera onirica e spesso poco rassicurante. A cura di Germano Celant, gli spazi di Camera - Centro italiano per la fotografia di Torino ospitano fino al 23 marzo Sandy Skoglund. Visioni ibride (www.camera.to).


Sandy Skoglund, Revenge of the Goldfish (1981).

IN BREVE:

Masahisa Fukase, Private Scenes
Milano, Fondazione Sozzani
fino al 31 marzo
www.fondazionesozzani.org

Wildlife Photographer of the Year
Aosta, Forte di Bard
fino al 2 giugno
www.fortedibard.it

ART E DOSSIER N. 363
ART E DOSSIER N. 363
MARZO 2019
In questo numero: Expat: artisti senza patria. Anguissola, una cremonese in Sicilia. Cassatt, dalla Pennsylvania a Parigi. Ribera, uno 'Spagnoletto' a Napoli. In mostra: Hokney e Van Gogh ad Amsterdam. Futuruins a Venezia. Hammershoi a Parigi. Boldini a Ferrara. Hollar a Vinci.Direttore: Philippe Daverio