Grandi mostre. 6
Lorenzo Lotto nelle Marche

UN’ALTRA PATRIA
È POSSIBILE

Genio tormentato e girovago, il veneziano Lorenzo Lotto sembrava trovare pace (e committenze di prestigio) solo nelle Marche. A distanza di cinquecento anni dalle sue frequentazioni, alcuni centri della regione gli tributano ora un omaggio con una serie di mostre e itinerari di visita.


Maurizia Tazartes

«Solo, senza fidel governo et molto inquieto de la mente» scriveva il 17 dicembre 1545 Lorenzo Lotto nel suo testamento. Era a Venezia, in uno di quei ritorni nella città natale che segnano la sua vita errante tra Veneto e Marche, Bergamo e Roma. In perenne crisi esistenziale, con problemi economici, alla ricerca di apprezzamenti lavorativi.

Due anni dopo, nel 1547, Pietro Aretino sottolineava malignamente come Tiziano lo avesse «superato nel mestiero del dipingere », mentre Lotto era il primo «ne l’offizio de la religione». Lui era rimasto malissimo. Iniziava così il suo ultimo decennio di vita, tra inquietudine e declino. Il 1° luglio 1557 era già morto nella Santa casa di Loreto, dove dall’agosto 1552 aveva trovato riparo presso i frati «con tutte le sue robe» come scriveva nel Libro di spese diverse.
Eppure Lotto non era meno bravo di Tiziano o di altri geni del Rinascimento. Ritrattista eccezionale, pittore di complesse pale d’altare e di allegorie profane. Inventore di forme nuove, nervose e vibranti, sensibile ai tempi, ma con un linguaggio personale, tagli e gesti anticonformisti, colori ricchi e smaglianti. Un gigante.

A riconoscerlo pienamente sono stati i posteri, a cominciare da Bernard Berenson con la prima monografia sull’artista nel 1895, per continuare con gli studi di Pietro Zampetti a fine anni Sessanta del Novecento, e poi libri e mostre sino a oggi. Tra le ultime rassegne quella al Prado sui ritratti, conclusa nel settembre scorso per passare poi alla National Gallery di Londra dal novembre 2018 al febbraio 2019.

Ma l’omaggio più grande glielo dedicano le Marche - paese martoriato dal terremoto del 2016 -, dove Lotto lavorò incessantemente in diversi periodi lasciando straordinarie testimonianze. La mostra Lorenzo Lotto.

Il richiamo delle Marche, preparata dal 2016 e curata con competenza da Enrico Maria Dal Pozzolo, co-curatore della mostra di Madrid-Londra, indaga in profondità gli anni marchigiani dell’artista.

Si articola su due fronti: da un lato nel bel palazzo Buonaccorsi di Macerata vengono presentate venticinque opere dell’artista (venti dipinti e cinque disegni), giunte da diverse parti del mondo, alcune mai esposte, insieme a rari documenti, libri antichi, lettere, incisioni di Dürer, Mantegna, Gherardo Cibo e altri. Dall’altro un tour nel territorio porta a rivedere le grandi pale d’altare fatte da Lotto per i vari centri marchigiani da Macerata ad Ancona, Jesi, Loreto, Recanati, Monte San Giusto, Cingoli, Mogliano e Urbino


Cristo conduce gli apostoli al monte Tabor (1512), San Pietroburgo, Ermitage.

Un linguaggio personale, tagli e gesti anticonformisti, colori ricchi e smaglianti

Opere eseguite per le chiese e oggi ancora in loco o riparate in musei cittadini. Un percorso carico di storia ed emozione tra le ondulate e verdeggianti colline un tempo battute dall’artista.

Le Marche sono per Lotto, nato a Venezia nel 1480, una seconda patria. Ci va diverse volte per lunghi soggiorni, alternando l’attività a Venezia, Bergamo e Roma con quella marchigiana. Tre le tappe principali certe: 1506-1512; 1533-1539; 1549- 1557. Perché le Marche? Certamente in quanto attratto da importanti commissioni e forse anche perché non sempre compreso in patria.

Le prime tracce ancora misteriose della presenza di Lotto nelle Marche sono in un documento del 17 giugno 1506 in cui i frati domenicani di Recanati affidano al giovane artista l’esecuzione della pala della chiesa di San Domenico, oggi visibile nei Musei civici della cittadina. In quel prezioso atto, esposto a Macerata, si fa riferimento a opere «realizzate dal pittore nella gioventù o piuttosto nell’adolescenza». Lotto ha già lavorato nelle Marche, e quando? Secondo il curatore vi era forse già stato nei tardi anni Novanta del Quattrocento, quando potrebbe aver eseguito una problematica Sacra famiglia, del Museo diocesano di Recanati, esposta in mostra come di «Pittore veneto-lombardo (Lorenzo Lotto?) verso il 1495-1500»


Giuditta con la testa di Oloferne (1512).

La mostra di Macerata ripercorre biografia e attività, attraverso opere significative e rimandando ad altre nel territorio. Così, dopo gli esordi, ecco il periodo successivo all’esperienza romana del 1509-1510, con la conoscenza di Raffaello e Michelangelo. Uno choc per l’artista, come dimostra la Trasfigurazione di Cristo del 1511 del Museo civico di Recanati, di cui a Macerata è esposto uno dei pannelli della predella con il Cristo conduce gli apostoli al monte Tabor, giunto dall’Ermitage di San Pietroburgo. A questi anni appartengono un’originale Giuditta con la testa di Oloferne, firmata e datata 1512, e il grande affresco staccato e montato su tela con San Vincenzo Ferrer in gloria del 1510-1512, l’unico suo affresco superstite nelle Marche, non visibile da tempo per i danni del sisma alla chiesa di San Domenico di Recanati.

L’attività per le Marche continua anche dal Veneto negli anni successivi con l’invio di grandi pale d’altare, tavole e tele destinate alle varie cittadine della regione. Una vera chicca è l’innovativa e spregiudicata Venere adornata dalle Grazie, grande olio su tavola di collezione privata, pubblicata da Zampetti nel 1957 e dimenticata sino a oggi. Ricoperta da sette livelli di ridipintura sovrapposti, riportata a quello che si è ritenuto il primo stadio, potrebbe essere stata realizzata tra il 1524 e il 1527, ben prima di quanto si credeva.


Sacra famiglia con sant’Anna e san Girolamo (1534), Firenze, Gallerie degli Uffizi.


Madonna delle grazie (1542), San Pietroburgo, Ermitage.




San Sebastiano e San Cristoforo (1531), Berlino, Gemäldegalerie.

Novità sono la Sacra famiglia con sant’Anna e san Girolamo giunta dagli Uffizi, firmata e datata 1534, esposta al pubblico per la prima volta dopo un accurato restauro. Prestiti eccezionali sono i due potenti pannelli con San Cristoforo e San Sebastiano arrivati da Berlino, appartenuti a un polittico disperso per la chiesa di Castelplanio e la Madonna delle grazie del 1542 dell’Ermitage di San Pietroburgo. Così di opera in opera si arriva a quel lungo pellegrinare da Ancona a Jesi, da Recanati a Osimo, Loreto, Cingoli, Monte San Giusto, dove Lotto lascia capolavori strepitosi, che ancora oggi possiamo ammirare.

Un tour sorprendente. Da Macerata possiamo raggiungere in una mezz’ora Monte San Giusto, dove nella chiesa trecentesca di Santa Maria in Telusiano ci imbattiamo in una gigantesca e drammatica Crocifissione di Lotto del 1529-1530, con il ritratto del committente Nicolò Bonafede, vescovo di Chiusi e ufficiale della corte romana. Una suggestiva storia di committenza e il suo «capolavoro più ambizioso» secondo Berenson.

Da Monte San Giusto ci spostiamo a Recanati. Lì, tra atmosfere leopardiane e “infiniti” visibili dall’antica cinta muraria, rimaniamo affascinati nei Musei civici di fronte al già citato Polittico di San Domenico, del 1508, primo lavoro marchigiano di un giovanissimo e geniale artista firmato «Laurent. Lotus MDVIII», ancora legato ai nordicismi di Dürer e a motivi veneti. Gli era stato ordinato il 20 giugno 1506 e pagato la bella cifra di settecento fiorini (circa trecentoventi ducati veneziani). Un’opera di grande impegno, che obbligò l’artista a rimanere a lungo nella città. Ammiriamo anche la Trasfigurazione di Cristo, del 1511 circa, più sintetica ma non meno bella, in cui si sente l’eco di Raffaello pur nel carattere anticlassico. E ancora la celebre Annunciazione del 1533-1535 per la confraternita di Santa Maria dei Mercanti di Recanati, con le sue figure magnetiche, moderne, e il taglio estroso, decisamente nordico.


Polittico di San Domenico (1508), Recanati, Musei civici.


Madonna del rosario (1539), Cingoli, Palazzo comunale.


Crocifissione (1529-1530), Monte San Giusto, Santa Maria in Telusiano.

Da Recanati a Jesi, una splendida città con una sua prestigiosa storia architettonica. A palazzo Pianetti, sede dei Musei civici, tutta stucchi e decori rococò, troviamo ben cinque opere del pittore, eseguite tra il 1512 e il 1539 per le chiese di San Francesco al Monte e San Floriano: la grande pala d’altare con la Deposizione, due pannelli con Angelo annunciante e Vergine annunciata, la Madonna delle rose e la famosa Pala di santa Lucia. Ognuna con la sua storia e la sua luce, una luce già apprezzata dal pittore lombardo Gian Paolo Lomazzo nel 1590: «Singolar maestro anch’egli di dare il lume».

Da Jesi a Cingoli, in collina, cinta da antiche mura, dove nel Palazzo comunale vediamo la straordinaria Madonna del rosario del 1539, già nella chiesa di San Domenico, chiusa per il terremoto del 2016.
Ad Ancona, ecco un altro capolavoro, la Madonna con Bambino e santi detta Pala dell’alabarda, del 1538-1539, conservata nella Pinacoteca comunale Francesco Podesti.
E a Loreto? Sette opere dell’artista di diversa cronologia, comprese le due ultimissime, passate dalla basilica, dove le aveva sistemate l’artista, al Museo pontificio santa Casa.

Madonna delle rose (1526).


Pala di santa Lucia (1532), entrambe a Iesi, Pinacoteca civica.

Lorenzo Lotto. Il richiamo delle Marche

Macerata, palazzo Buonaccorsi, Musei civici
via Don Minzoni, 24
fino al 10 febbraio
orario 10-18, lunedì chiuso
Centri lotteschi: Ancona, Cingoli, Jesi, Loreto, Mogliano,
Monte San Giusto, Recanati, Urbino
Catalogo Skira
www.mostralottomarche.it

ART E DOSSIER N. 361
ART E DOSSIER N. 361
GENNAIO 2019
In questo numero: La Zingara infelice. Una lettura per la Tempesta di Giorgione. In mostra: Cai Guo-Qiang e Urgessa a Firenze, Renzo Piano a Londra, Gio Ponti a Parigi, Klee a Milano, Lotto nelle Marche. Europa di contrasti. Poveri e girovaghi nell'arte olandese del XVII secolo. Il linguaggio internazionale degli scalpellini medievali.Direttore: Philippe Daverio