Grandi restauri
La cappella Capponi nella chiesa di Santa Felicita a Firenze

LA RINASCITA
DEL TEMPIO

Il recente restauro della cappella acquistata nel 1525 dal nobile banchiere fiorentino Lodovico di Gino Capponi ha ridato vita non solo alla celebre Deposizione del Pontormo ma anche al prezioso luogo nel suo complesso, oltreché permettere una maggiore conoscenza dell’originaria architettura realizzata da Brunelleschi intorno al 1422. Ecco qui i dettagli nel racconto del supervisore del complesso intervento.

Daniele Rapino

Èpassato poco più di un anno da quando Mr. John Dyson, membro dell’organizzazione no profit Friends of Florence presieduta a Firenze da Simonetta Brandolini D’Adda, decise che il dono d’amore più apprezzato dalla consorte Kathe per celebrare il cinquantesimo anniversario della loro vita coniugale fosse promuovere il restauro della cappella Capponi nella chiesa di Santa Felicita a Firenze. Questo luogo sacro è noto in tutto il mondo perché conserva uno dei capolavori dell’arte rinascimentale, la Deposizione di Jacopo Pontormo; ma non è la sola ragione per cui merita di essere visitata. Nel 1525 Lodovico di Gino Capponi, un nobile e ricco banchiere fiorentino molto legato ai Medici, acquistò dalla famiglia Paganelli la cappella in Santa Felicita,  appartenuta in precedenza ai Barbadori, con l’intento di farne il luogo di sepoltura per sé e la sua famiglia. Jacopo, all’epoca trentunenne, era già un affermato pittore e aveva da poco dipinto alcune lunette nel chiostro della certosa del Galluzzo, alla periferia sud della città, dove si era rifugiato per sfuggire alla pestilenza diffusasi tra il 1522 e il 1524. Accettato l’incarico, il pittore, dal 1525 al 1528, chiuse la cappella con alte paratie per nasconderla ai curiosi e allo stesso committente, come ricorda Vasari(*), così da non essere distratto dai suoi commenti e giudizi. Quindi, in compagnia solo del fidato allievo Bronzino, realizzò il suo capolavoro.

Una giovane Maria, inondata dalla luce divina che accompagna l’angelo, accetta il suo destino con un gesto misto di ritrosia e umiltà


La piccola cappella è a pianta quadrata - ciascun lato misura poco più di tre metri e mezzo - con membrature in pietra serena e pilastri a fasce con capitelli ionici che sostengono la cupola. Essa si esempla sui modelli dell’architettura classica rielaborata in chiave rinascimentale da Filippo Brunelleschi, chiamato dalla famiglia Barbadori a realizzarla intorno al 1422. Per comprendere come fossero i prospetti originari della cappella è sufficiente guardare l’affresco della Trinità, che Masaccio dipinse sulla parete della navata sinistra nella chiesa fiorentina di Santa Maria Novella, alla realizzazione del quale, forse, non fu estraneo lo stesso Brunelleschi. Infatti, il fronte dell’architettura dipinta di Santa Maria Novella rievoca i due prospetti della cappella rivolti verso l’interno di Santa Felicita visibili, oggi, solo parzialmente per essere stati inglobati nei rifacimenti settecenteschi della chiesa. Quando la cappella fu acquistata dai Capponi, fu completamente rinnovata nella decorazione interna e dedicata alla Pietà (mentre prima all’Annunciazione), in relazione alla nuova destinazione a sepolcreto. Il tema della morte e della redenzione, pertanto, ispirò Pontormo, probabilmente coadiuvato da un teologo, nella realizzazione di un apparato decorativo che compendia, in brevi ma significativi brani, la storia della cristianità e, attraverso il Vecchio e il Nuovo testamento, indica il percorso salvifico che ha portato il Dio fattosi uomo a immolarsi, per redimere l’umanità dal peccato originale. «Nel cielo della volta [Pontormo aiutato da Bronzino] fece un Dio Padre che ha intorno quattro Patriarchi molto belli»; così Vasari descrive la decorazione della cupola, purtroppo distrutta nel 1766 per far posto ai coretti da dove Pietro Leopoldo di Lorena e la sua famiglia assistevano alle celebrazioni in chiesa, raggiunta da palazzo Pitti percorrendo il Corridoio vasariano. Sono ancora in loco, per fortuna, i quattro dipinti su tavola che raffigurano gli evangelisti Giovanni, Marco, Luca e Matteo. La critica attuale è propensa ad assegnare a Bronzino la realizzazione di queste due ultime opere, sulla scorta di quanto riporta Vasari nelle Vite dedicate ai due pittori. Gli evangelisti, tradotti in pittura con un fare dinamico e con scorci arditi, con i loro scritti hanno testimoniato l’esistenza di Cristo e le ragioni del suo farsi uomo. Sulla parete verso la controfacciata della chiesa è dipinta l’Annunciazione, dove una giovane Maria, inondata dalla luce divina che accompagna l’angelo, accetta il suo destino con un gesto misto di ritrosia e umiltà.


Jacopo Pontormo, Deposizione (1525-1528).

Jacopo Pontormo, Annunciazione (1525-1528).

La decorazione settecentesca della cupola si integra perfettamente
con i suoi monocromi all’acceso colorismo dell’intervento cinquecentesco


Tra le due figure si apre una finestra con una vetrata (copia risalente ai primi del Novecento), realizzata nel 1526 dal monaco francese Guillaume de Marcillat, e raffigurante la Crocifissione e il Trasporto di Cristo al sepolcro. Fulcro sacro ed estetico dell’intera cappella è il dipinto su tavola conosciuto come la Deposizione. La composizione ha un punto di vista molto ravvicinato, di sorprendente originalità e modernità e i personaggi sono disposti lungo il fianco di un poggio molto irto. In alto è un androgino san Giovanni pronto a sostenere Maria affranta dal dolore e circondata dalle pie donne. In primo piano è il corpo seminudo di Cristo sorretto da due giovani figure, forse angeli che indirizzano lo sguardo interrogativo allo spettatore, verso cui si volge il giovane Pontormo, autoritrattosi con il copricapo tipico dei pittori che a fatica ne trattiene i riccioli biondi. Tutta la scena è pervasa da una luce irreale che si frange sulle vesti gonfiate dal vento e sui corpi dipinti con estremo realismo, accentuato dagli abiti che aderiscono perfettamente alle membra come una seconda pelle. I colori accesi e innaturali, inoltre, esaltano ulteriormente i personaggi collocandoli fuori dal tempo e dalle mode. Fa da contorno alla tavola una preziosa cornice finemente intagliata e dorata, opera coeva di Baccio d’Agnolo. Purtroppo, nel corso dei secoli il complesso decorativo ha subito interventi che hanno, in parte, alterato l’armonia dell’intera composizione. Nel 1620 circa fu posto al centro della parete con l’Annunciazione un reliquiariotabernacolo marmoreo dedicato a san Carlo Borromeo, finemente intarsiato con pietre dure e tenere, un capolavoro della manifattura fiorentina di pietre dure. Numerose lapidi funebri e commemorative furono collocate alla base delle pareti tra il XVII e il XIX secolo. Nel 1735 per volontà delle monache, che abitavano il monastero di Santa Felicita, furono intrapresi i lavori che diedero alla chiesa l’attuale aspetto neoclassico. L’architetto Ferdinando Ruggieri, incaricato del progetto, preservò l’architettura brunelleschiana della cappella, inglobandola parzialmente nelle nuove strutture. Nel 1766 circa, in sostituzione della cupola originaria, fu realizzata una cupola ribassata decorata, qualche anno più tardi, da Domenico Stagi con un “trompe-l’oeil” a lacunari e lanterna al vertice. Nel 1936 circa, a seguito di lavori di manutenzione della cappella, fu deciso di restituire, secondo le convinzioni di quell’epoca, un aspetto quattrocentesco alla cappella, coprendo la pittura del catino della cupola con uno spesso strato di calce. Con l’ultimo intervento di restauro terminato pochi mesi fa si è scelto di rendere di nuovo visibile la decorazione settecentesca della cupola che, a ben vedere, si integra perfettamente con i suoi monocromi all’acceso colorismo dell’intervento cinquecentesco. Daniele Rossi, esperto conoscitore della materia e della tecnica di Pontormo, acquisite con il restauro di altri capolavori dell’artista, è intervenuto, assieme ai suoi collaboratori, su tutte le superfici della cappella (realizzate con materiali di varia natura), esclusi gli evangelisti restaurati, sempre da Rossi, nel 2010. In particolare sono stati eliminati accumuli di sporco superficiale, vecchie vernici di restauro ingiallite, materiali alterati e ossidati nel tempo. Le analisi che hanno preceduto il restauro hanno permesso di conoscere la tecnica utilizzata dal Pontormo per realizzare il dipinto della Deposizione. Da un disegno su cartone, riportato a carboncino sulla tavola, l’artista passò alla coloritura, non a olio come si era sempre creduto, ma a tempera amalgamata con bianco d’uovo. Una tecnica desueta, al tempo della realizzazione del dipinto, probabilmente voluta dal Pontormo per rendere i suoi colori più vividi e smaltati, grazie all’abbondante presenza di biacca. Oltre a ciò sono emerse interessanti novità e qualche conferma. Lo studio analitico di quanto resta dell’antica cappella ha permesso di riesaminare l’idea che le strutture architettoniche brunelleschiane fossero improntate esclusivamente a un purismo essenziale, costituito dalla bicromia della nuda pietra serena abbinata al bianco dell’intonaco a calce. A smentire tutto ciò sono le tracce ancora ben visibili di una policromia realizzata con oro e blu, ovvero i colori dell’arme Barbadori sulla lesena e sul capitello corinzio superstiti, a testimoniare di una ricchezza ornativa tutt’altro che sobria. In collaborazione con l’Università di Firenze, Dipartimento di Scienze della terra - Geologia strutturale, sono state analizzate le cortine murarie e accertata l’esistenza della base della cupola realizzata a suo tempo da Brunelleschi con i mattoni murati a spina di pesce, ovvero il prototipo della cupola del duomo fiorentino di Santa Maria del Fiore, a conferma di quanto riportato da Vasari «in S. Filicita [Brunelleschi]... fatto voltar senza armadura quella capella ch’è nello entrare in chiesa a man ritta».

figura dell’Annunciazione, l’angelo e la Madonna, prima del restauro.

figura dell’Annunciazione, l’angelo e la Madonna, prima del restauro.

La cupola con la decorazione settecentesca.


Una visione d’insieme della cappella.

ART E DOSSIER N. 355
ART E DOSSIER N. 355
GIUGNO 2018
In questo numero: PHILIPPE DAVERIO Quando l'arte annuncia le rivoluzioni: i primi sintomi del Sessantotto. SAVE ITALY Il sito di Casignana in Calabria. IN MOSTRA Franco Fontana a Bergamo, Black & White a Düsseldorf, Abscondita a Bassano, Cassatt a Parigi.Direttore: Philippe Daverio