Grandi mostre. 3 
Il retro dei dipinti a Bassano del Grappa

IL LATO B
DELL'ARTE

Che cosa ci possono raccontare le opere se le mettiamo “con la faccia al muro”? Un mondo, poco o solo raramente esplorato che ora abbiamo la possibilità di scoprire attraverso il progetto espositivo, il primo a livello internazionale, qui presentato dalla curatrice nonché direttrice
del Museo civico.

Chiara Casarin

Francesco Hayez, Ritratto del conte Francesco Roberti (1819).




tra il 1670 e il 1675, Cornelius Norbertus Gijsbrechts, pittore originario di Anversa, dipinge a olio una tela di 66 x 86,5 cm ora conservata presso il Museo nazionale di Copenaghen.
 In questa tela l’artista presenta, per la prima volta nella storia dell’arte, qualcosa che mai era stato ritenuto degno di essere visto e raffigurato, qualcosa di fuori dal “costume”: non una scena religiosa, non un ritratto di nobile committente, non un interno, non un paesaggio. La scelta del soggetto meritevole di tanta attenzione può essere stata trasgressiva ma, certamente, fu la prima manifestazione di un gesto autoriflessivo della pittura, un debutto nel tentativo di pensare all’arte come a un medium che pensa a se stesso generando un nuovo linguaggio, in questo caso, meta-pittorico e privo di rappresentazione referenziale.
Gijsbrechts dipinse il retro di un dipinto sul davanti di una tela.
Lo realizzò nei minimi dettagli avendo cura di riprodurre le venature del legno per il telaio, creando le zone d’ombra che naturalmente si sarebbero prodotte sullo spessore delle assi, ricreando i minuscoli nodi e la fitta connessione tra trama e ordito, dipingendo minuziosamente i chiodi e un piccolo cartellino inventariale arricciato e solo parzialmente aderente alla superficie. Un’opera fuori dall’ordinario per la pittura dell’epoca, molto più di una natura morta che simula il tentativo di uscire dai confini della rappresentazione, si libera dell’ambientazione e da ogni contesto per diventare un caso particolare di “trompe-l’oeil” che non inganna l’occhio con una immagine ma con ciò che ci dovrebbe essere dietro l’immagine, innescando così una meditazione sul concetto di non visibilità e una valorizzazione del supporto.
Prendendo spunto dallo studio di questo celebre dipinto di Gijsbrechts abbiamo indagato la possibilità che nel Museo civico di Bassano del Grappa ci fossero opere in grado di raccontare qualcosa di nuovo, di interessante e di affascinante sulla loro storia a partire dalla lettura del loro retro.
La scoperta è stata delle più sorprendenti.
Tra le opere in esposizione permanente e quelle conservate nei depositi o nel Gabinetto dei disegni e delle stampe, ne sono state selezionate circa cento con un retro di sostanziale interesse storico-artistico. La presenza di informazioni nascoste si è rivelata di una ricchezza inedita e, soprattutto, spesso sconosciuta anche al pubblico più informato. Cartellini di partecipazione a mostre internazionali dell’ultimo secolo, firme, dediche, articoli di giornale, ripensamenti, altri dipinti e restauri sono di fatto il curriculum dell’oggetto artistico e ci raccontano la sua storia, i suoi spostamenti, le attribuzioni, la vita dei committenti, il carattere dei soggetti ritratti o le avverse circostanze che hanno attraversato.

Francesco Trivellini, La beata Giovanna Maria Bonomo (XVIII secolo).




    Concedere allo sguardo di insinuarsi fin
dove non potrebbe accadere



È un racconto che prescinde da quello della rappresentazione, che esce dalla lettura iconografica e stilistica del fronte per insinuarsi in un ambito riservato ma con connotazioni sociali, storiche, economiche e di tutela che a oggi solo pochi addetti ai lavori conoscono. È lo svelamento di un segreto.
Se il compito del museo è quello di diffondere la cultura, di essere fucina di pensiero e di nuova conoscenza, una mostra tutta dedicata ai retro più interessanti delle opere della sua collezione è certamente una delle più rilevanti e, al contempo, innovative.
Nel panorama internazionale, un progetto espositivo di questo tipo non è mai stato realizzato: dal 1670, anno in cui Gijsbrechts dipinse il suo retro, solo l’arte contemporanea ha dato importanza a questo lato nascosto dell’arte ma in modalità del tutto diversa rispetto al progetto in corso a Bassano. Vik Muniz (San Paolo, Brasile 1961), presente in Abscondita (questo il titolo della mostra) con il video del “making of” del suo progetto Verso, ha copiato, realizzandolo fin nei minimi dettagli, il retro di celebri dipinti come la Gioconda, il Bacio di Klimt, la Ragazza con l’orecchino di perla e molti altri. Possiamo, poi, incontrare nella storia dell’arte celebri dipinti che riportano parzialmente il retro delle tele: si pensi anche solo a Las meninas di Velázquez dove il retro della grande tela sulla sinistra della composizione ha indotto i più grandi pensatori del nostro secolo a immaginare le possibili scene che il pittore (nel dipinto!) stava realizzando. Ma anche questo è un caso di parziale seppure enigmatico retro rappresentato.
Leggere la storia dell’arte attraverso la lettura dei segnali, degli indizi, presenti nel “lato b” dell’arte è senz’altro un arricchimento culturale sia per la conoscenza approfondita del patrimonio permanente, sia per illustrare al pubblico più vasto le modalità con le quali un addetto ai lavori legge queste informazioni solitamente a lui dedicate. Dal retro hanno inizio le operazioni di “expertise” dato che quanto vi è apposto funziona da documento.
Superando la soglia del visibile, di quanto è ufficialmente concesso, attraversando la tela, o la tavola, per vedere il retro delle opere entriamo in un mondo ancora quasi completamente sconosciuto.
Il carattere spesso illusionistico della rappresentazione è ciò su cui si è scritta la storia dell’arte tradizionale dove l’iconologia ha regnato incontrastata. Ma una nuova storia con i retro è possibile? Essi non subiscono mode o stili, sono sempre uguali eppure carichi di testimonianze che segnano il tempo, la vita delle opere. Diversamente da quanto accade sul fronte dove tutto deve rimanere nei secoli immutato.
47 Ma “guardare dietro” non significa solo girare i dipinti. Vedere il lato nascosto di una collezione pubblica significa concedere allo sguardo di insinuarsi fin dove non potrebbe accedere.


Francesco Hayez, Ritratto del conte Francesco Roberti (1819).

Antonio Marinoni, Il porto di Palermo (metà del XIX secolo).

Antonio Marinoni, Il porto di Palermo (metà del XIX secolo).



Ecco che così in mostra viene allestito il “backstage” del museo con opere che mai vengono esposte perché parzialmente distrutte e non restaurate, oppure il “backstage” della mostra con tutto ciò che ha portato alla sua realizzazione e al suo allestimento ma che, nella normale prassi curatoriale, viene sempre tassativamente tenuto nascosto al visitatore.
Il retro sa di non essere visto quindi non mente. «Basta poggiare una tela nuda a piè di un muro, un po’ inclinata, e fermarci a guardarla, per renderci conto di come siamo irriconoscenti noi che abbiamo occhi soltanto per ciò che è portato, la pittura, e non per ciò che ha il compito di portare: la tela, il suo telaio, il muro che li regge, il suolo su cui appoggia il muro» (Italo Calvino, La squadratura). 

Antonio Canova, Mercato degli amorini (ultimo decennio del XVIII secolo).



ART E DOSSIER N. 355
ART E DOSSIER N. 355
GIUGNO 2018
In questo numero: PHILIPPE DAVERIO Quando l'arte annuncia le rivoluzioni: i primi sintomi del Sessantotto. SAVE ITALY Il sito di Casignana in Calabria. IN MOSTRA Franco Fontana a Bergamo, Black & White a Düsseldorf, Abscondita a Bassano, Cassatt a Parigi.Direttore: Philippe Daverio